VNV Nation (Ronan Harris)
Il duo anglo/irlandese dei VNV Nation è sempre più un punto di riferimento per la scena elettronica più alternativa e di qualità. All’uscita del nuovo album “Of Faith, Power And Glory”, noi di Spaziorock non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di fare due chiacchiere con Ronan, a lui la parola!
Articolo a cura di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 27/06/09

Si ringrazia Stefano Risso senza la cui preziosa collaborazione questa intervista non sarebbe stata possibile.

Innanzitutto Ronan, grazie mille per questa chiacchierata!

Oh no, il piacere è tutto mio, grazie a voi!

Vorrei iniziare chiedendoti: vivi ancora in Germania?

Sì, vivo ad Amburgo attualmente.

Perché avete deciso di lasciare l’Inghilterra?

Guarda, io personalmente sono Irlandese, ed ho ufficialmente lasciato la mia patria nel 1998, per trasferirmi in Inghilterra alla ricerca di un lavoro che, nella mia Irlanda, non esisteva.
Volevo comunque vivere in Inghilterra sin da bambino, per via della musica e di tutto il resto. Poi da lì sono andato in Canada, in America, quindi di nuovo in Inghilterra…sono un gran vagabondo, vivo la mia vita in tour! (ride)
 
Parliamo adesso del vostro nuovo album “Of Faith, Power and Glory”: tre temi piuttosto importanti, non trovi?

Era proprio mia intenzione che il titolo dell’album suonasse potente, che desse l’impressione di avere un grande senso alle spalle. Ed, in effetti, ogni singola canzone che compone questo album, in un certo senso, riflette un significato o un’interpretazione che puoi dare al titolo: ogni canzone, in pratica, parla o di potere, o di gloria o di fede. Per quanto riguarda il versante “Fede”, non è da intendersi in senso religioso, ma piuttosto fede in un’ideologia, che può essere sia positiva che negativa, esattamente come sfaccettati possono essere il potere e la gloria, perché dipendono dall’uso che ne fai. D’altronde, è proprio così che è l’essere umano: possiamo essere degli esseri meravigliosi, allo stesso tempo i bastardi più spietati, ed è proprio questo che l’album tenta di esprimere: il fatto che siamo animali, fatti di due lati in eterna contrapposizione tra loro.
 
vnv_1Avverto un grande uso delle melodie: l’album suona molto musicale, molto di più rispetto al passato…che ne dici?

Dico che hai ragione! E credo che, sotto questo aspetto, con “Judgement” (l’album precedente n.d.r.) ci siamo trattenuti. A me piace la melodia, mi piacciono le canzoni che sanno essere dirette e che mi sanno emozionare. Quando compongo, mi metto al piano e scrivo musica per me stesso: lì è da dove arriva la nostra melodia. Oppure un’idea che mi ronza nella testa, e che devo catturare immediatamente in studio. Non parto però decidendo a priori che ci debba essere un ritornello immediato: per me è piuttosto fondamentale che tutto funzioni armonicamente come un pezzo sinfonico per orchestra…e non importa se alla fine sarà un pezzo indie, un brano da 10 minuti o cosa, l’importante è che io avverta questo senso di compiutezza orchestrale.

Parlando del vostro processo di composizione: c’è una cooperazione mutuale tra te e Mark, oppure una figura tende a prevaricare l’altra?

Poiché lui vive lontano da me, è davvero difficile che scriviamo insieme. Per questo album, pensa che ci siamo trovati faccia a faccia solo per le due settimane di incisione! Quello che posso dirti è che scrivo sempre tenendo fortemente in considerazione Mark, e che lui riesce sempre a trovare un modo per far funzionare le mie proposte. Non è mai arrivato nello studio dicendomi: “questa è merda, non la suonerò mai dal vivo!” (ride) C’è questa piccola casa in Amburgo, dove abbiamo il nostro studio: Mark mi ha aiutato su quest’album nella fase di mixing, nella rifinitura e nell’aggiunta dei dettagli…ha, praticamente, fatto in modo che tutto funzionasse per il meglio, armonizzando le varie parti tra loro.

Mi piacerebbe adesso parlare più nel dettaglio di canzoni come “Illusion” (una delle vostre canzoni di maggior successo), oppure di “From My Hands” dal nuovo album, perché è raro trovare una così elevata intensità emotiva nella cosiddetta musica elettronica. Come sono nati questi pezzi?

Innanzitutto, quelli sono pezzi che ho sempre voluto scrivere e che non ho mai avuto paura di proporre: quando abbiamo iniziato come VNV Nation, nessuno ci conosceva, quindi non avevamo nulla da perdere e quel coraggio c’è rimasto ancora. Poi, io sono Irlandese, quindi sono una persona fortemente emozionale, non ci posso proprio fare niente!…tu sei italiano, quindi dovresti capire cosa vuol dire essere emozionali! (ride)

…decisamente!

Quindi…devo dire che mi sono sempre aspettato reazioni negative da pezzi come “Illusion” nei nostri album, ma il riscontro è sempre decisamente positivo. Non che se così non fosse, ciò mi fermerebbe dal mettere pezzi emozionali dentro i nostri album. Per tornare alla tua domanda, “Illusion” era una canzone che mi ossessionava, continuamente, persino mentre camminavo per strada: dovevo assolutamente metterla su cd. La stessa cosa si può dire per “From My Hands”: sono tutti pezzi che per me sono catartici.

 

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Io avverto un grande senso di ottimismo nell’ascoltare la vostra musica, nel sentire i messaggi che tentate di far passare coi vostri testi…persino il vostro monicker è positivo (significa: Victory, Not Vengeance N.d.r.): avete mai pensato di unirvi al lato oscuro della forza?

(grossa risata) Ah ah ah! No, mi spiace, non è nella mia natura…voglio dire: come tutti anche io ho un lato oscuro, ma cerco di trovare un equilibrio. Semmai, posso pensare di usare il lato oscuro in modo creativo, per la mia musica, tramutandolo comunque in un qualcosa di positivo. I VNV Nation mi hanno salvato da molta rabbia, molte brutte situazioni…quindi, no, non penso proprio che mi unirò al lato oscuro della forza, perché l’unico lato positivo sarebbe avere delle uniformi più cool! Ahahah!

Per quanto riguarda i vostri show dal vivo: credete di essere più vicini, come attitudine, al tipico rave/disco party, oppure ad un rock show?

Ad entrambi. Ascoltiamo molta musica da entrambi i versanti, la nostra musica è un ibrido, e cerco di portare l’energia grezza del rock più estremo all’interno dei nostri show. Allo stesso tempo, siamo una band di musica elettronica, ovviamente siamo influenzati anche dal groove della dance, anche se non mi piace questa atmosfera “happy!happy!-musica da cervello zero” (giuro, ha detto esattamente così! N.d.r.) che è tipica di quell’ambiente. Quando penso ad un nostro show, non ragiono mai in termini di “voglio che un nostro show sia così”; piuttosto, cerchiamo di fare uno show che a noi per primi piacerebbe guardare cercando di entrare in contatto con il pubblico. Per noi il pubblico è la cosa più importante: si devono sentire appagati e parte dello show, perché senza di loro non ci sarebbe alcuno show.
Quando abbiamo suonato in America, abbiamo avuto delle difficoltà ideologiche a causa della cultura fortemente rock che c’è da quelle parti per quanto riguarda la scena industriale, dove se non hai almeno una chitarra elettrica vieni trattato con disprezzo. Ma poi la gente che è venuta a vederci ci ha detto: “Wow, you rock!”

Una curiosità per te Ronan: hai sentito l’ultimo album dei Depeche Mode “Sounds of the universe”?

Oh si!

Che ne pensi?

Guarda, io non sono uno che ama vedere i Depeche Mode ripetere se stessi. Li seguo dal 1981, e non scherzo affatto: sono stato ad ogni loro tour per tutti gli anni ’80 a partire dallo “Speak&Spell Tour”, erano la mia band preferita. Ho smesso però di essere un loro fan maniacale con la fine degli anni ’80, e dagli anni ’90 ogni volta che ascolto un loro album c’è una cosa che apprezzo: la progressione. Ti posso dire che l’album mi è piaciuto, ma che non l’ho ascoltato perché c’era il nome “Depeche Mode” scritto sopra: l’ho ascoltato perché era musica che valeva la pena ascoltare. Ci sono un sacco di band che ascolto senza curarmi di chi sono o di quello che hanno fatto prima della musica che cattura la mia attenzione al momento.  
Quell’album dei Depeche Mode è davvero complesso, non presenta quel numero impressionante di hits che la gente vorrebbe avere da loro, ciononostante è un album scritto bene, molto maturo, con quella loro attitudine rock così palese negli ultimi dieci anni in bella vista. Penso che troppa gente sia stata troppo critica con quel lavoro.

 

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Ci sono molti video su Youtube basati sulle vostre canzoni, ed alcuni sono anche ben riusciti come, ad esempio, il video “Dollface” basato su “Illusion”: Ti piace il fatto che I vostri fan possano esprimere la loro arte visuale aiutati dalla vostra musica?

Sì: decisamente. Il fatto che i fan prendano diversi spunti da diverse forme d’arte come ad esempio i manga, gli anime e la nostra musica, e mettano tutto insieme per creare qualcosa di interessante è semplicemente favoloso. Credo che Youtube sia un mezzo che sta spronando la gente ad impegnarsi ad essere sempre più creativa, nell’imparare come funziona la tecnologia che sta dietro ad un film. Per quel che mi riguarda, non dirò mai a nessuno di togliere un video con una nostra canzone in sottofondo, a meno che non lo ritenga offensivo nei confronti di persone – perché non è il messaggio del nostro gruppo quello di essere offensivi. Per il resto, è davvero un magnifico complimento quello che i fan ci stanno facendo, davvero un onore.  
 
Potreste essere voi stessi in effetti una grandissima band visuale: perché c’è così poco materiale video che vi riguarda?
 
Ora affronteremo il problema da una prospettiva decisamente importante: il denaro! Band non così famose come noi fanno dei video perché conoscono qualcuno che gliene realizza uno per 10-20.000$, io non ho intenzione di sprecare 20.000$. Piuttosto, prendo quei soldi e li investo nel nostro studio di registrazione. Potremmo in effetti realizzare un video carino, qualcosa che ti faccia sembrare cool, ma io non credo che sia la strada giusta per noi: io voglio qualcosa che rifletta la complessità e grandiosità della musica, per cui non mi accontenterei di un’idea estetica, necessito di un concetto. Il video di “Dollface” che hai citato prima, ad esempio, mi ha molto soddisfatto, perché è un caso in cui le immagini non ti distraggono dalla musica: la accompagnano, invece. Ma trovare qualcuno che sia disposto, per poco, a realizzare qualcosa di simile è davvero difficile.
 
Ultima domanda Ronan, guardacaso proprio sul cinema: avete collaborato alla realizzazione della colonna Sonora del film “Gene Generation”, è un’esperienza che tenterete di ripetere, quella di lavorare nell’industrial del cinema?

E’ una cosa che mi piacerebbe, e soprattutto mi piacerebbe proprio su film come Gene Generation, ovvero film che non parlano necessariamente di vita vera e situazioni reali, e che non hanno un budget stratosferico, quindi si devono concentrare maggiormente sui personaggi, le situazioni e le emozioni, piuttosto che sugli effetti speciali. In quel modo, io potrei catturare un momento emozionale e fornirgli una cornice musicale. Non mi piacerebbe, per dire, lavorare su “Transformer”.

Siamo in chiusura Ronan, se vuoi dire qualcosa ai nostri lettori, questo è il momento!

Voglio dire: grazie infinite a voi italiani per l’incredibile supporto che ci state dando, è sempre un immenso piacere venire a suonare da voi e non vediamo l’ora di tornare a Settembre! Ci spiace solamente di non aver potuto aggiungere più date! Grazie anche per averci fatto balzare alla vetta dell’alternative chart italiana ai tempi di “Judgement” e per quanto riguarda il nuovo album: indipendentemente dai risultati di vendita, spero solamente che vi piaccia!




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