Robben Ford (Robben Ford)
È stato pubblicato pochi giorni fa "Pure", nuovo album di Robben Ford, che va ad unirsi ad una folta schiera di lavori di alti livello. Abbiamo avuto l'occasione di scambiare alcune parole con il chitarrista, che ci ha raccontato la genesi di "Pure" e le motivazioni dietro ad esso.
Articolo a cura di SpazioRock - Pubblicata in data: 31/08/21

Articolo a cura di Lorenzo Valè

 

Ciao Robben, benvenuto su SpazioRock! Per prima cosa ti va di parlarci un po' del tuo nuovo album "Pure", uscito pochi giorni fa?

 

È un lavoro del quale sono molto soddisfatto. È il mio primo disco completamente strumentale da almeno 15 anni a questa parte, sentivo la necessità di esprimere la totalità delle mie esperienze tornando ad una forma musicale che mi aveva accompagnato all'inizio della mia carriera solista. Musica pura, niente di più.

 

Nel disco possiamo trovare diverse influenze musicali, partendo dal blues, genere del quale sei uno degli artisti maggiormente riconosciuti.

 

A dire la verità credo che ci siano molte influenze blues solo in due brani ("White Rock Beer...8 cents" e "Blues For Lonnie Johnson"). Ho voluto affrontare molti generi e molte influenze, nella stessa title track c'è una forte componente di musica indiana, genere che ora sto approfondendo molto. Ho sentito il desiderio di indagare lo spazio musicale. Non sopporto le etichette di genere, quando la gente deve per forza catalogare un disco, quando si sente il bisogno di dire "Ecco questo è un disco blues, questo invece è assolutamente un disco rock". No, io volevo fare un disco di musica, è diverso.

 

Influenze musicali che sicuramente non sono mancante nel tuo passato.

 

Sicuramente quando cominciai a suonare, negli anni '70, ero focalizzato sull'esperienza chitarristica del blues. Ascoltavo Mike Bloomfiled, B.B. King ed il mio stile è stato fortemente influenzato da loro. Successivamente ho voluto scoprire qualcosa di più e mi sono immerso nel jazz. Volevo capire come si creassero quelle strutture complesse, così presi dei libri e cominciai a leggerne sempre di più. Da musicista autodidatta era un approccio nuovo per me. Poi arrivarono le parole: volevo scrivere delle grandi canzoni per qualcuno, delle grandi melodie. Oggi, con questo disco, ho deciso di tornare da dove avevo cominciato. Ma con tutta l'esperienza dalla quale imparare.

 

robbenford2021

 

Al giorno d'oggi, riconosci in qualche chitarrista quella forza d'ispirazione che era così forte negli anni in cui hai cominciato a calcare i palchi?

 

Onestamente? No. Credo che nell'ambito della chitarra ormai sia stato fatto tutto, sia stata esplorata ogni possibilità. Un nome però c'è: Matteo Mancuso. Un giovane chitarrista italiano che ammiro molto e che consiglio sempre. Per il resto quel che posso dire è che siamo ad un punto in cui è difficile evolvere musicalmente, la novità sta nella ricerca del passato.

 

Un considerazione che può sembrare senza grande speranza per gli artisti più giovani.

 

Ora sono i giovani che devono cambiare le cose! (ride, ndr)

 

Sappiamo che da qualche anno ti sei trasferito a Nashville.

 

Sì, dal 2017 per precisione. Avevo bisogno di staccare dalla vita in tour, sai, dopo 30 anni sempre sulla strada, quando tornavo a casa mettevo la chitarra in un angolo e praticavo lo yoga e il Tai Chi per portare la mia mente distante dal frastuono dell'ennesimo palco. Qui a Nashville ho ritrovato un ambiente stimolante, dove poter lavorare in studio, a contatto con grandi musicisti ed una città che rappresenta molto nella storia della musica.

 

Grandi musicisti come quelli che hanno collaborato a questo nuovo disco.

 

Certamente, è stato importante per la realizzazione di "Pure". Una tra tutte è la fantastica presenza di Nate Smith, batterista che sicuramente conoscerete dalla militanza nei Vulfpeck. Nate era a Nashville nel periodo in cui stavo registrando il disco, così lo chiamai e gli chiesi se avrebbe voluto contribuire alla realizzazione di qualche brano. Lui accettò subito ed io scrissi due brani appositamente per il suo stile batteristico. Il primo è "Go" (singolo uscito a giugno, ndr), mentre l'altro è un pezzo che sarà presente nel boxset in vinile con contenuti extra che verrà pubblicato prossimamente.

 

robbenfordpure

 

Il Robben Ford Guitar Dojo è una palestra di chitarra che hai cominciato a costruire negli ultimi anni, vuoi parlarcene un po'?

 

Grazie per la domanda! È un progetto sul quale sto spendendo molto impegno e passione. Da sempre ho amato insegnare e mettere a disposizione di chi volesse imparare la mia musica con clinic e metodi creati da me. Collaboro da molto tempo con Truefire, una delle piattaforme più importanti nella didattica chitarristica, ma sentivo la necessità di creare qualcosa di più mio, più indipendente. Il Robben Ford Guitar Dojo è un luogo per imparare, per incontrarsi e confrontarsi. Attraverso una struttura di membership è possibile assistere a mie esibizioni dal vivo in band ed accedere a contenuti esclusivi. Sono molto felice di come si sta evolvendo e continuo a dedicargli molto tempo, con la speranza di poterlo vedere crescere ancora di più.

 

Lo scorso anno è stato un momento particolarmente difficile per il mondo della musica. C'è stato qualche disco in particolare che ti ha accompagnato durante il periodo di confinamento? Qualche disco che hai sentito particolarmente vicino?

 

Ho amato molto "Jaime" di Brittany Howard, la cantante degli Alabama Shakes. Un lavoro che ho apprezzato davvero molto, prodotto da un musicista fantastico come Blake Mills. Tra l'altro alla batteria troviamo Nate Smith, quindi non si può sbagliare! Recentemente Blake ha pubblicato un disco che sto ascoltando molto, si chiama "Notes With Attachments" ed è stato realizzato assieme al bassista Pino Palladino. Un lavoro di due grandi musicisti che consiglio vivamente.

 

Tra poco comincerà un nuovo tour, come sono le tue sensazioni a riguardo?

 

Come dicevo prima, la vita in tour non è più la parte fondamentale della mia espressione artistica, ma queste date sono state fissate ormai quasi due anni fa ed a causa della pandemia si sono dovute rimandare a quest'estate. Ho voluto mantenere il mio impegno e la parola data, per rispetto di questa professione e di chi lavora seriamente. Sono comunque molto felice di portare dal vivo il nuovo disco, quindi lo spirito è sicuramente positivo.

 

Allora non vediamo l'ora di vederti sui palchi anche qui in Italia.

 

Certamente! Ho diverse date in Italia ed è sempre un piacere suonare lì.

 

Un'ultima domanda: stai già pensando a quello che verrà dopo l'uscita di "Pure"?

 

Al momento no, sono molto soddisfatto di questo disco e voglio godermelo!




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool