The Tangent (Andy Tillison)

Non sono più una band di primo pelo, ma suonano un progressive rock fresco e innovativo. Toni leggiadri dettatti dalle influenze funky e soul ben amalgamate da una band come i The Tangent e dalla personalità del loro leader Andy Tillison. Abbiamo raggiunto il tastierista britannico per introdurci alla musica di questo gruppo e alla loro personale via al prog rock.

Articolo a cura di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 09/04/15
Innanzitutto vorrei chiederti se “The Music That Died Alone” è un concept album. E qual è il collegamento col vostro primo disco.

Mentre riascoltavo le tracce di lavorazione mi sono accorto che avevano un’atmosfera simile a quella del nostro primo disco, in cui i riferimenti al prog erano assai evidenti per cui il collegamento è stato automatico. Abbiamo sviluppato questo elemento anche in fase di produzione, incluso l’artwork di Ed. Il concept del disco ruota attorno all’idea che anche in questa sorta di Medioevo moderno che sono i nostri giorni è possibile creare nuova musica e nuove idee senza limitarci ad ascoltare i vecchi dischi per il resto delle nostre vite!
 
Uno degli elementi che mi ha colpito di più è l’influenza della funky music, che trovo piuttosto inusuale nel rock progressivo…

Adoro i generi funk e soul da sempre, li ascolto più dello stesso prog! La musica di Tower Of Power e Earth Wind & Fire gira con frequenza settimanale nel mio stereo. Ho sempre visto prog e funk come due mondi strettamente connessi, sono sorti nello stesso periodo ed entrambi hanno saputo sfruttare la tecnologia, penso ai synth ad esempio, artwork e scenografie erano di ispirazione fantasy ed entrambi potevano vantare fior di musicisti. Non sorprende che molti turnisti di Michael Jackson siano approdati al prog. 

Qual’è il significato dalla cover? La trovo meravigliosa.
  
Da sempre Ed (Unitsky, qui la sua fanpage) racconta storie attraverso le copertine dei Tangent. Spero vivamente che qualcuno (magari tu) possa dargli spazio, dato che non ha molte occasioni di parlare alla stampa. Adoro il suo stile e sebbene non abbiamo l’obbiettivo di legarci a un disegnatore, ci piacerebbe lavorare di nuovo con Ed.

Di recente hai detto che le prog bands americane si caratterizzano per un sound più vigoroso, diciamo più rock, rispetto a quelle del Vecchio Continente. Lo ritieni un punto debole per queste ultime?

Non sono sicuro che sia un punto debole, mi riferivo soprattutto a una differenza di stile. Gli Yes hanno fatto rock ad altissimi livelli, ma bands come Kansas e Styx hanno saputo andare oltre, è un gap che puoi sentire anche oggi mettendo a confronto ad esempio i Flower Kings e gli Spock’s Beard. Il prog americano ruota attorno all’idea di rock song, il cuore della canzone è rock, prog è soltanto il contorno. Nel progressive europeo è più difficile individuare il cuore della composizione. Prendi ad esempio gli Heliopolis (giovane e promettente band americana, ndr), vi sono grandi differenze rispetto a bands come Argos o The Watch.

C’è un motivo dietro a un turnover così alto nella line up?

Nessuna storia strana o bizzarra, molti dei musicisti coinvolti nel progetto hanno altre bands o attività da seguire. Tuttavia, non possiamo chiedere sempre in prestito i membri di altre bands, riuniamo le persone quando c’è la possibilità di farlo. Ci sono membri stabili adesso e il disco ospita ragazzi che hanno già suonato con noi un sacco di volte.

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Parlami meglio di “The Celluloid Road”, la vostra suite di 21 minuti presente sul disco. Un vero capolavoro.

Ti ringrazio intanto per la parola capolavoro. “The Celluloid Road” è il pezzo che suona maggiormente diverso dal resto del disco. L’album ha un inizio che è 100% progressive rock, forse quanto di più prog abbiamo mai fatto da un po’ di tempo a questa parte. Ma “The Celluloid Road” porta con sé molte influenze diverse. Ci siamo ispirati all’America, perché la canzone parla essenzialmente di questo. Non mi riferisco al prog americano, piuttosto a telefilm come “Kojak”, “Per le Strade di San Francisco” e “Ironside”. La canzone altro non è che un viaggio immaginario attraverso l’America e le tappe di questo viaggio sono quei film telefilm e trasmissioni TV che fanno parte della cultura popolare. Non ho avuto modo di esplorare a fondo l’America, ma sento di conoscerla perché vedo qualcosa di essa quasi ogni sera in TV. Posso immaginare posti come il deserto dell’Arizona, Chicago, Yellowstone, Las Vega e New York senza averli mai visitati. Canto l’America che vedo sul teleschermo e nel mi pongo la domanda "ci abbiamo azzeccato?", c'è molto humour nel testo... quante volte abbiamo visto il Golden Gate distrutto? Tante di quelle volte nei films…ed è qui che ci porta la canzone, dai Ganster Movies di Chicago e New York, passando per i Western, lungo le strade di Easy Rider e Thelma e Louise fino al deserto di “Breaking Bad” e San Francisco. E’ come una lunga cavalcata…

Il progressive sta vivendo una sorta di seconda giovinezza, a giudicare dall’attività di acts come Opeth, Steven Wilson, Neal Morse, Haken e tanti altri. Come vedi la scena odierna?

It’s Great!!! C’è tanta di quella buona musica da ascoltare e da scoprire, non capisco perchè ci sia ancora tanta gente che si lamenta. Me li vedo sedersi sul divano ad ascoltare “Foxtrot” per la milionesima volta senza preoccuparsi di scoprire se possa esserci qualcosa di valido là fuori…e infatti c’è. Solo perché non abbiamo le attenzione delle grandi etichette discografiche, non vuol dire che non ci sia roba buona in giro. Provassero almeno ad ascoltare!

Pensi che l'Information Technology sia servita da stimolo in tal senso?

Senza alcun dubbio. Noi stessi ci siamo conosciuti attraverso internet e molte persone hanno scoperto il progressive allo stesso modo. Internet può essere fonte di problemi per gli artisti, su questo non vi è alcun dubbio, ma non dobbiamo dimenticare quante opportunità ha fornito per sviluppare contatti. Non ci sarebbero stati i The Tangent senza internet.

Sempre a proposito di prog, conosci la scena italiana dei ’70? La consideri una fonte di ispirazione?

Ha ha, certo che la conosco! E non solo la PFM e il Banco! Ascolto regolarmente Museo Rosenbach, Latte e Miele, Arte e Mestieri, Nuova Idea, Campo di Marte, Metamorfosi, Balletto di Bronzo, Osanna, Acqua Fragile, De De Lind, Goblin e Area…in mezzo a questi nomi ci sono alcuni fra i miei artisti preferiti che hanno avuto un ruolo decisivo nella mia formazione musicale. Uno dei momenti più alti nella mia carriera è stato l’incontro con il cantante degli Acqua Fragile Bernardo Lanzetti; mi piacciono anche La Torre dell’Alchimista e The Watch quando suonano il loro materiale, è un peccato averli visti solo come cover band. Sono venuto in Italia quando avevo ancora quattordici anni (all’epoca ero già appassionato di prog!)e comprai “Per un Amico” e “Darwin” durante il mio soggiorno, cercai le versioni in italiano perché quelle in inglese non mi sono mai piaciute, e vidi persino i Blocco Mentale in un festival all’aperto a Roma! Possiedo ancora il disco che comprai quel giorno dalla loro bancarella.

Avete mai suonato in Italia? E’ nei piani futuri?

Sì, abbiamo tenuto un concerto al Thunder Road la sera in cui i Genesis suonarono a Roma…non fu una serata memorabile, mentre quando siamo tornati nel 2010 come headliner al Gong Festival a Parma ci siamo trovati benissimo, ci piacerebbe tornare da voi quanto prima. Grazie per l’intervista e buona fortuna a SpazioRock e a tutti i lettori!



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