Uneven Structure (Uneven Structure)

Si inizia sempre dalla gavetta. E così i Twelve Foot Ninja, band alternative/djent con l'argento vivo addosso, hanno suonato negli stadi aprendo ai Disturbed, per poi ritrovarsi headliner nei club di tutta Europa.

Lusso che permette di avere, ora sì, gruppi spalla: nella data di Roma abbiamo incontrato i bravi e fortunati Uneven Structure, band francese, realtà del death/djent "vecchio stampo" (ok, fa un po' ridere) che sta spianandosi la strada per la fama mondiale.

 

Abbiamo incontrato il nuovo chitarrista -e non solo- Steeves Hostin, con i preziosi interventi del vocalist Matthieu Romarin.


Articolo a cura di Valerio Cesarini - Pubblicata in data: 17/05/17

 

Ciao Steeves, ciao Matthieu, è appena finito il soundcheck e siamo davvero contenti di poter parlare con voi e di potervi trovare qui con i Twelve Foot Ninja, per lo splendido percorso artistico che state improntando.

E' uscito da pochissimo il vostro ultimo disco "La Partition": quali sono gli aspetti che vorreste sottolineare di più?


Ciao SpazioRock!
Innanzitutto "La Partition" è un disco denso, a livello di atmosfere e arrangiamenti: ci sono molti suoni, un panorama grosso e molto ricco. Abbiamo studiato tutti i vari suoni e le varie layer che compongono questo nuovo lavoro, e devo dire che rispetto al nostro precedente lavoro ("Februus", 2011, ndr) questo disco è più centrato... e decisamente differente! Abbiamo maturato una evoluzione sia dal punto di vista musicale che tematico; con "La Partition", oltre ad un panorama sonoro ancora più saturo, abbiamo una storia. Ed è diventato importante enfatizzare la storia: il disco è un concept album, ogni brano ha il suo senso, ed in quanto tale è molto più improntato all'emozione che al puro riff.


C'è da ammettere che il cambio di direzione, l'evoluzione si nota. Ma un'evoluzione viene da radici solide: avete una carriera relativamente lunga, già iniziata nel 2008 con la pubblicazione dell'EP "8", composto da riff scartati dal full-length che uscirà qualche anno dopo; poi già un tour con i Tesseract, ed oggi eccovi qui. E quello che un po' stupisce è che siete una band di origini non anglofone, benchè cantiate in inglese: come avete fatto a farvi strada nel difficile panorama della musica metal mondiale, e cosa direste ad altre realtà non inglesi?

Fatica. La parola d'ordine è fatica. Quando le cose si fanno difficili, bisogna sforzarsi ed essere persistenti: se si resiste, qualcosa si riuscirà a far accadere. Per carità, poi non sempre è possibile; non sempre il prezzo da pagare è accettabile: bisogna anche essere realistici. Ma se c'è anche una sola scintilla, provateci! Per una band giovane cinque anni di attesa fra un disco e l'altro sono molti, ma noi lo abbiamo fatto prendendoci il rischio di un cambio di direzione, per poterci evolvere in ciò che ora sentiamo di rappresentare come band. E' difficile, a volte il pubblico potrebbe perdere fiducia, ma è ciò che dicevamo prima riguardo ad essere persistenti e speriamo che ci stia premiando. Per il resto, in realtà non siamo ancora arrivati da nessuna parte per cui ce n'è di strada da fare!


Come coniugate il fatto di produrre una musica che funzioni a livello internazionale e rimanere fedeli alle proprie radici?

Probabilmente funzioniamo proprio perchè rimaniamo fedeli alle nostre radici!

 


Parliamo del vostro stile: non sono un grande fan delle etichette, ma voi siete spesso stati definiti "djent". Eppure c'è molto di più nel vostro suono che chitarre basse, c'è atmosfera, e un certo gusto per il "wall of sound". Cos'è che cercate di veicolare col vostro stile?


Steeves: Io sono entrato nella band da un anno, ma conoscevo Igor (Omodei, primo chitarrista, ndr) da più di un decennio, e mi ha sempre mandato le demo e i brani degli Uneven Structure, ed io già ai tempi mi chiedevo: ma come fanno a scrivere una canzone in quel modo? Igor, e tutta la band – ora anch'io, riesce a scolpire un brano e ad arricchirlo con molti strati sonori, alternando atmosfere e molte parti di chitarra. Ecco da dove viene il wall of sound!


Matthieu: In generale abbiamo optato per uno stile del genere perchè, nonostante le chitarre e la voce molto heavy, permettono di veicolare emozione e fluidità.

 

A proposito di voce molto heavy: la produzione di "La Partition" ci ha stupiti, perchè, per essere un prodotto di metal moderno, è incredibilmente aggressivo, grezzo nel senso buono, multidimensionale e dal sapore quasi live. In particolare la voce è rispettata moltissimo, senza ovvie correzioni, processamenti inutili punch-in. E' una scelta consapevole?


Steeves: Certo, e viene dalla volontà di dare un carattere vero, vivo alla voce. Un po' come nel grunge, dev'essere un urlo che viene dal cuore. Le sessioni di registrazione sono state molto intense, ecco perchè il prodotto dà l'idea di live e passione; abbiamo limitato al massimo i processamenti in studio.

 

Matthieu: E' decisamente stata l'influenza del momento dirante le sessioni. Come già detto "La Partition" è molto più incentrato sull'emozione, ed è ciò che mi è venuto da cantare in studio. Quando qualcosa viene davvero dal cuore, il prodotto ha una sincerità e una qualità che non hanno pari!


Ascoltando la vostra musica è facile paragonarvi a nomi importanti del metal moderno, come i Meshuggah o i Karnivool. Ma con un sound complesso come il vostro, c'è certamente qualcosa in più: potete dirci le vostre influenze, magari le più inaspettate?

Steeves: Ultimamente di sicuro i 9 Inch Nails. E se vuoi qualcosa di inaspettato te lo dico: Tigran Hamasyan. Pianista jazz armeno (ride, ndr). Le sue composizioni sono intense, lo consigliamo caldamente a tutti! E poi, per le atmosfere dell'ultimo disco, sempre pescando nel panorama del metal moderno, un nome importante sono stati i Dillinger Escape Plan. Ma per quanto mi riguarda la mia influenza principale è Justin Bieber (ride). In realtà, IO sono il Justin Bieber del gruppo! Scherzi a parte, in verità non ascolto molto metal, anche se può sembrare difficile a credersi.


Steeves, non so se sei la persona più giusta o più sbagliata a cui porre la prossima domanda: nei 10 anni di vita degli Uneven Structure ci sono stati svariati cambi di formazione, e tu rappresenti uno degli ultimi, sostituendo il chitarrista Aurelièn Perreira. Cosa hanno portato ad una band così giovane, e sono essi stati parte della vostra evoluzione?

Steeves : Di sicuro! Come ti ho già detto conosco i ragazzi da sempre, per cui anche quando non ero nella band ero ben informato di ciò che accadeva. Ora che suoniamo sui palchi assieme da un anno posso dire che quello che i cambi di formazione possono aver portato è "sangue fresco", dunque nuova creatività, nuove prospettive. Specialmente i cambi dietro alla batteria: abbiamo un nuovo batterista (il fenomenale Arnaud Verrier, ndr), ha solo 22 anni...E' come un cucciolo (ridono) Nel senso buono! E' pieno di energia, di ambizione, dà freschezza al progresso del gruppo, ci spinge tutti a dare il massimo. E poi è anche lui un po' Justin Bieber...Ma mai come me.

 

Fra poche ore suonerete per il pubblico di Roma, e la vostra musica si compone di molti strati e di atmosfere molto piene. Come affrontate un live e come trasportate questo aspetto, anche alla luce del fatto che non avete un tastierista?

La nostra prima preoccupazione è di spingere il nostro liveset al massimo, dunque senza rinunciare a nulla a livello musicale ma cercando di dare un'atmosfera coinvolgente e sempre al limite. Purtroppo siamo in questo tour con solo due chitarristi, perchè Igor è infortunato, ma cerchiamo anche in due di riempire tutte le frequenze! Abbiamo poi delle sequenze per compensare la mancanza di un tastierista, e in futuro contiamo di includere una tastiera vera e dei cori.


Dunque è così che affrontate la mancanza di un tastierista in una musica piena d'atmosfera?

Steeves: Beh, io so suonare la tastiera – Sono Justin Bieber dopotutto. Stiamo provando ad integrare questo aspetto; come è successo per la produzione studio, quella live è in un momento di evoluzione. Proverò anche a fare io i cori! Anche quando non ero nella band e li andavo a vedere live, non vedevo un concerto ma uno spettacolo: con questo concept album stiamo spingendo molto su quell'aspetto, e le tastiere e i cori saranno il livello successivo.

 

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Avete qualche rituale segreto prima di un concerto?

Steeves: Beviamo! Scherzi a parte – non scrivere che siamo alcolizzati! - personalmente mi prendo del tempo per me, mi isolo da qualche parte per riscaldarmi e poi mi concentro con la mia musica nelle cuffie. E poi magari bevo due shot di Gin, specie fuori dalla Francia dove non si trova il pastis! In realtà ciò di cui abbiamo davvero bisogno è un momento di calma, niente rituali particolari

 

Matthieu: Non per scherzare, ma non beviamo praticamente mai se non prima di un concerto, perchè non è l'abitudine più salutare del mondo. Ma un bicchierino prima dello show – nel mio caso bourbon – oltre ad addolcire le corde vocali, dà quella spinta e quella rilassatezza che aiutano davvero a combattere la tensione.


Prima di salutarci ci dite com'è lavorare con band del calibro di Tesseract e ora i Twelve Foot Ninja?

E' bellissimo! Sono delle persone splendide. All'inizio c'era un po' di pressione ma devo dire che è andata via velocissimamente non appena abbiamo conosciuto i ragazzi. Non solo sono dei bravissimi musicisti, ma siamo totalmente a nostro agio con loro. E' un'esperienza assurda!

Ed è un'esperienza a cui vi lascio, ora che lo show si avvicina, con un'ultima domanda un po' particolare. Spesso si chiede alle band cosa succederà nel loro futuro, ma vista la vostra attitudine e i vostri risultati, mi viene da chiedere: come costruirete VOI il vostro futuro?

Beh sai, come noi stiamo aprendo per i Twelve Foot Ninja speriamo un giorno di diventare headliner. C'è una piccola band che vuole aprire per noi, non so se li conoscete, si chiamano Meshuggah...
Dai, seriamente, il nostro futuro lo stiamo costruendo proprio adesso. "La Partition" segna la nostra evoluzione e rappresenta la direzione che vogliamo intraprendere d'ora in avanti. Il nostro nuovo tour è il futuro! Diciamo che siamo decisamente immersi nella nostra personalissima avventura!




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