Benvenuto su SpazioRock, è un piacere scambiare due chiacchiere con te. Come stanno i Kensington? Al momento siete in tour e sta andando alla grande, mi sembra, ho visto che avete dovuto raddoppiare gli show di Amsterdam.
Sì, è fantastico. Abbiamo appena tenuto, proprio questa settimana, i concerti alla Ziggo Dome, siamo arrivati all'ultimo, quello di stasera è l'ultimo per quest'anno. Abbiamo già fissato quattro show per il prossimo anno, alcuni di questi sono già sold out. Sta davvero andando alla grande, siamo davvero felici.
"Control" è stato pubblicato circa due settimane fa, ed è il vostro quarto album in studio. Con "Rivals" avete senza dubbio conquistato i Paesi Bassi, e ora con "Control" state conquistando l'Europa. Come descriveresti il passaggio tra questi due dischi, questi due momenti?
Penso che con "Rivals" fossimo davvero focalizzati sul raggiungimento degli obiettivi che ci eravamo prefissati. Era un dichiarazione molto forte. Con "Control" abbiamo guardato più a noi stessi, alla nostra situazione attuale, non a quella che sarebbe stata nel giro di due anni. Si tratta di un disco più introspettivo, in qualche modo, è più personale e più intenso. Penso che sia proprio il disco che dovevamo fare in questo momento della nostra carriera, perchè non tutto quello che facciamo è improntato sul futuro, a volte bisogna anche prendersi del tempo per guardarsi intorno, vedere dove si è in quel preciso momento. Ed è proprio quello che abbiamo fatto con "Control". Volevamo fare questo disco e l'abbiamo fatto, abbiamo cercato di essere il più sinceri e aperti possibile.
Con "Rivals" avete avuto davvero un ottimo riscontro e un grande successo, avete anche vinto premi. Avete sentito pressione quando vi siete trovati a scrivere qualcosa che in qualche modo doveva essere meglio di "Rivals"?
Sì, certo, penso che con ogni disco si senta pressione, e ora con il successo che abbiamo avuto, penso che fosse più pesante, ma in un certo senso sappiamo gestire la pressione, ormai. La pressione più pesante è quella che mettiamo noi su noi stessi quando creiamo qualcosa che deve essere buono per noi, dobbiamo essere soddisfatti della musica. Come artista, penso che sia molto importante stare vicino a ciò che crei e prendere questa cosa come la condizione più importante dell'intero processo. Quindi sì, c'era molta pressione dall'esterno, ma quella che noi mettevamo su noi stessi era senza dubbio la più dura. Se non si è sufficientemente motivati, c'è qualcosa che non va. Bisogna essere motivati, avere ambizione.
Come dicevi prima, "Control" è un disco molto intimo, parla e suona come i sentimenti più profondi, soprattutto se pensiamo a brani come "Storm" o "Rely On" o la titletrack, ma avete scelto un titolo che è in contrasto con l'onda emotiva che è in realtà il disco. Perchè?
Penso che "Control" non sia basato sul mantenere il controllo, quanto più sul perdere il controllo. Con tutto quello che è successo di pazzesco nelle nostre vite negli ultimi due anni, a volte ci piace proprio avere il controllo di noi stessi, delle nostre relazioni personali. Il brano "Control" inizia con il verso "No control/how wonderful/how horrible". Ci siamo tenuti in bilico tra il mantenere il controllo e perderlo negli ultimi anni, è stata una cosa che ci ha colpiti molto e il brano ha molto senso per noi, così come intitolare in questo modo il disco, perchè è perfettamente adatto al momento che stavamo vivendo. Penso che anche guardando il mondo ci si possa rendere conto che siamo tutti nel vortice del mantenere e perdere il controllo. Tutti vogliono controllare le proprie vite, ma ad un certo punto ci si rende conto che nessuno la può governare davvero. Ha davvero un grande significato per noi questo disco, e "Control" non significa necessariamente che abbiamo il controllo di tutto, anzi il contrario. Siamo parte di qualcosa di molto più grande. Non è da intendere necessariamente in modo negativo, ma certe volte ci si sente sopraffatti. Anche a noi, durante i nostri concerti in questi giorni, per esempio, sembra di avere davvero il controllo di tutto, facciamo ciò che amiamo, facciamo sentire ciò che creiamo, è una cosa che ci fa stare davvero bene, a volte non puoi permetterti di perdere il controllo. Si tratta sempre dell'equilibrio tra questi due aspetti.
Non avevate paura di esporvi troppo mostrando alle persone questa parte così profonda di voi stessi?
Se avessimo avuto paura di questo, non l'avremmo mai fatto. Forse in passato eravamo più spaventati da queste cose, dall'essere così aperti e sicuri noi stessi. Ci vuole una certa sicurezza per farlo, penso che ora ne abbiamo tanta, soprattutto grazie ai nostri fan che ci hanno fatti sentire come se potessimo davvero fare qualunque cosa. Penso che fosse proprio il momento giusto di farlo, mettere molte più cose personali nei testi. Questa cosa dona alla musica un livello di introspezione diverso e profondo, penso che fosse necessario a questo punto mostrare qualcosa in più di noi stessi. Sembra un po' come nelle relazioni, ci sono persone che ci seguono da un po', e come due persone che stanno insieme, dopo 2 o 3 anni si sente se quella è la persona con cui vuoi passare il resto della tua vita. Siamo stati molto onesti in questo disco. Abbiamo detto "Ehi questi siamo noi, potrà piacervi o no, ma almeno siamo onesti con voi". Penso che molti, con questo disco, si renderanno conto se siamo una band che apprezzano e seguiranno o no. Dico solo che per adesso abbiamo ricevuto tonnellate di commenti positivi sul disco. Questo ci fa capire che abbiamo fatto la scelta giusta, è un'esperienza fantastica.
Per quanto riguarda il sound, invece, vi siete dedicati molto di più alla sperimentazione, questa volta, ottenendo nuovi suoni. Come ci siete arrivati? Come si è evoluto il processo creativo, questa volta?
Con questo disco, ogni cosa era una possibilità. Non abbiamo iniziato a scrivere dicendo "Ok, questa canzone deve avere questo tipo di chitarre" o cose del genere. Il processo di creazione era completamente aperto, lavorare con Michael come produttore è stato un modo meraviglioso di esplorare ed espandere la nostra creatività, portandoci anche a scelte non necessariamente logiche. "Regret" non ha chitarre, non avremmo mai fatto una cosa del genere anni fa. Noi siamo una band da chitarre, è inconcepibile fare una cosa del genere. Invece ora ragioniamo in funzione di quale sia la soluzione migliore per il brano, e quando non va, non va, cerchiamo di non forzare la cosa. Anche "Sorry" era stata scritta con la chitarra, ma suonava meglio fatta al piano. Non sono il miglior pianista del mondo, ma ho suonato e suonato finchè la canzone non fosse buona abbastanza da essere registrata. Penso che ci voglia anche la capacità di lasciare andare ciò che non va bene. A volte è stata una lotta interiore, è stato il disco più difficile da creare, ma ci ha portato su terreni inesplorati, sia dal punto di vista emotivo che dal punto di vista del sound. Sono molto contento di come siamo stati seguiti da Michael in questo processo. Fa solo bene avere nuove ispirazioni e stimoli per il sound e per se stessi.
Per tutti i dischi precedenti avete pensato a degli artwork geometrici, ma questa volta ci siete voi in copertina. Come mai questa scelta?
Consideriamo i primi tre dischi come una sorta di trilogia, penso che quei tre dischi ci abbiano portati ad un certo punto. Da questo punto in poi stiamo facendo qualcosa di nuovo, e "Control", per noi, è un nuovo passo nella nostra carriera. Volevamo rompere un po' con lo stile grafico e rendere anche la cover più personale, ma con un particolare, ovvero che i nostri volti sono sfumati. Volevamo innescare un sentimento di mistero per cui non vedi cosa sta davvero accadendo. Eravamo un po' agitati all'idea di essere sulla copertina, ma la bellezza delle foto ci ha convinti. La cosa più importante è che l'idea di mettere noi stessi sulla copertina si adattava perfettamente al disco. Siamo molto soddisfatti anche di questo.
Il vostro tour ora continuerà e suonerete ancora ai grandi festival estivi. Com'è stata la prima volta in cui siete stati catapultati su uno di questi palchi così grandi? Siete pronti a ripetere questa esperienza?
La prima volta eravamo davvero spaventati (ride NdR), ci siamo bevuti un paio di birre, abbiamo preso un bel respiro e siamo saliti. Ti ci devi abituare, adesso abbiamo un po' più di esperienza anche con questo. Tante volte la percepiamo come una corsa contro il tempo, del tipo, abbiamo un'ora o 45 minuti per fare quello che dobbiamo fare e convincere le persone che hai davanti. A volte è proprio una bella sfida, è davvero divertente però, perchè comunque unisci una sorta di vacanza al tuo lavoro, viaggiando nei posti più belli d'Europa. Ovviamente è tutto incentrato sui concerti, ma anche quello che ci sta intorno non è niente male. Ci sentiamo privilegiati e fortunati a fare ciò che facciamo e a poterlo chiamare lavoro.
Se dovessi dire ai tuoi fan di ascoltare una canzone di un artista qualunque, quale sarebbe?
Oh, wow. Penso che consiglierei "Grace" di Jeff Buckley, è una delle più grandi canzoni di sempre per quanto mi riguarda. Suona in modo divino, ha molta dinamica, è una canzone eterna.
Siamo alla fine della nostra intervista. Vorrei chiederti di lasciare un messaggio ai vostri fan italiani e ai lettori di SpazioRock.
Certo. Abbiamo registrato il disco in Italia, siamo stati benissimo. Abbiamo composto una parte in Toscana, vicino a San Gimignano, e abbiamo registrato tutto il disco a Roma, quindi, Italia, grazie per essere fantastica, ci hai dato la possibilità di registrare un disco fantastico. Speriamo di tornare presto da voi l'estate prossima e sarà sicuramente fantastico.