Surtur Rising Tour 2011 - Amon Amarth
09/11/11 - Estragon, Bologna


Articolo a cura di Eleonora Muzzi

Si ha bisogno di certezze nella vita. Piccole cose che, si sa, non cambieranno mai. Un metallaro medio potrà sempre dire che gli Amon Amarth non deludono. Mai. Di ritorno dopo pochi mesi dall'ultimo passaggio in Italia per ben due date, il quintetto svedese si ferma a Bologna, all'Estragon, per la seconda volta in due anni, assieme agli americani As I Lay Dying e ai greci SepticFlesh. Un bill che sfama più di una bocca, data la presenza di vari generi molto diversi tra loro ma allo stesso tempo molto apprezzabili da tutti i presenti in sala, che attira molti più avventori di quanti avessimo previsto. Di fatto, il locale è abbastanza stipato, complice anche la chiusura di una parte dello stesso causa lavori in corso, e il via vai di persone va avanti finché non comincia l'esibizione della band principale. Ma è bene partire dall'inizio.

 

A poco più di un quarto d'ora dall'apertura delle porte, si spengono le luci sul palco e parte la base di "The Vampire From Nazareth" e i SepticFlesh salgono sul palco uno alla volta, per poi iniziare il loro concerto, purtroppo molto ridotto dato il poco tempo a loro disposizione. Con una setlist che verte principalmente sugli ultimi due album, "Communion" e "The Great Mass", il quartetto greco, con l'aiuto di basi strumentali e orchestrali, intrattiene il pubblico finora sopraggiunto al meglio delle sue capacità. Purtroppo, dato il tipo di musica che compongono, la stessa proposta live suona differente e decisamente minata nel totale, in parte dovuta al fatto che l'acustica del luogo non è propriamente adatta all'uso di basi così complesse, ma anche per la fatica del cantante e bassista nel compiere entrambi i gesti contemporaneamente. Quando Spiros Antiniou smette di suonare per cantare, improvvisamente si ode un crollo del sound totale delle canzoni. Nonostante questo, la fanbase della band non si fa pregare e si fa sentire, sotto al palco ed acclama i propri beniamini a gran voce, invocando a gran voce il loro nome canzone dopo canzone. Nella mezzora a loro disposizione, i greci tirano fuori dal cilindro una buona esibizione live, nettamente superiore a quella cui avevamo assistito in passato, segno che i tre anni trascorsi hanno permesso alla band di migliorare notevolmente sul fronte del live. La loro musica però, così evocativa e decisamente complessa, alle volte risulta inadatta ad essere riproposta dal vivo, proprio perché troppo complessa per essere ripetuta anche solo in maniera vagamente simile alla resa da CD. Certo è che, pur non essendo la loro un'esibizione eccelsa, i SepticFlesh hanno incantato il loro pubblico e attratto chi invece era lì per altro motivo, molto probabilmente accaparrandosi qualche fan in più.

 

Non passa neanche mezzora e sul palco appaiono gli As I Lay Dying. La partenza è assolutamente da manuale. Le prime canzoni vengono eseguite dagli americani con una carica e un'energia incredibile, trascinando anche i meno avvezzi al genere in un vortice di suoni che costringe a muoversi. È sul palco, esattamente come sotto, l'attività è febbrile. Nessuno sta fermo un attimo, i vari membri della band abili a camminare percorrono chilometri, scambiandosi postazioni e incitando il pubblico a pochi metri da loro a muoversi. Diversi tentativi di creare un circle pit falliscono purtroppo, a causa della ristrettezza dello spazio, ma la band continua a chiedere. I cinque di San Diego non si risparmiano, questo è sicuro, ma la brillantezza assunta dalla loro esibizione all'inizio del loro slot temporale pian piano cala, si affaccia lo spettro della monotonia e lentamente anche il pubblico, dapprima assolutamente entusiasta della musica proposta davanti ad esso, si spegne fino a fermarsi quasi del tutto. In pochi rimangono ad esultare fino alla fine, gioendo del concerto. Non mancano certo momenti entusiasmanti anche nella seconda parte dell'esibizione, ma, dovendo giudicare la resa live degli As I Lay Dying solo ed esclusivamente da questa serata, l'impressione che ci siamo fatti non è esattamente delle più rosee. In ogni caso, dopo un'ora o poco meno di un po' di sano metalcore di ottima fattura, per quanto il concerto sia andata in calando a mano a mano che avanzava verso la fine, il pubblico è soddisfatto e durante il veloce cambio di palco si riversa verso il bancone del bar per rifocillarsi.

 

È quasi l'ora del main event. Chi ha avuto modo di assistere ad un concerto degli Amon Amarth sa che non si presentano con scenografie stratosferiche o prop che ingombrano il palco. Solo il backdrop che adorna la parete dietro il batterista e la loro presenza scenica. Per gli svedesi, è più che abbastanza. Anche in questo caso, la formula non cambia. Dietro la batteria troneggia la figura di Surtur pronto a scagliarsi contro i suoi nemici, e con questo solo elemento scenico, i Nostri salgono sul palco a passo di carica e travolgono il pubblico con il loro death metal potente ed epico. Johan Hegg, dall'alto della sua mole e dell'esperienza ormai più che decennale maturata sui palchi di mezzo mondo, incanta i fan con il suo growl ormai celeberrimo. La setlist è ben bilanciata benché per ovvie ragioni verga principalmente sugli estratti dall'ultima release "Surtur Rising" e copre la maggior parte della carriera della band svedese. Si parte con "War Of The Gods" (appunto dall'ultimo album), per poi vagare per la discografia del gruppo attraverso "Runes To My Memory", "The Pursuit Of Vikings", "For Victory Or Death", "Slaves Of Fear" "A Beast Am I" e "Death In Fire", per citarne alcune. Dagli esordi più violenti alle scampagnate in ambito più melodico degli ultimi due anni, gli Amon Amarth mantengono sempre alta la bandiera delle leggende norrene che continuano imperterriti a narrare nelle loro liriche, incantando i loro fan e acquistando proseliti ad ogni nuova uscita. È proprio con la loro esibizione che l'Estragon si riempe al punto che dal fondo, uno dei punti in cui si sente meglio, si fa fatica a vedere qualcosa del palco, a parte qualche testa e il batterista che vortica le proprie bacchette pestando le pelli del proprio strumento. Ben presto ci si rende conto che la band è in ottima forma, malgrado capiti che la voce di Hegg cali di intensità in due o tre momenti più che trascurabili. I grandi classici non mancano di impressionare e i pezzi più nuovi vengono acclamati allo stesso modo, con calore smisurato. Durante il breve momento di pausa che segnala l'inizio del bis, la folla grida e incita la band ad uscire nuovamente per almeno altri due pezzi, e i più accorti saranno sicuramente resi conto che mancano almeno due pezzi importanti dalla setlist. Di fatto, appena risaliti sul palco, si ode l'inizio di "Twilight Of The Thunder God" e nuovamente la folla si infiamma come se fosse stata gettata benzina su delle braci. Dopo la corsa assieme a Thor si rallenta e si saluta Heimdallr per l'ultimo brano della serata, "Guardians Of Asgard".

 

In tutto poco più di tre ore di metal estremo tirato, pesante, evocativo, epico. Una serata ben riuscita, passata in buona compagnia, con una birra in mano, buona musica nelle orecchie e l'auspicio di tornare presto a vedere band di questo calibro sul suolo italiano.




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