Paramore - Tour 2013
10/09/13 - Estragon, Bologna


Articolo a cura di Francesco De Sandre

"It's just a spark but it's enough to keep me going
And when it's dark out and no one's oround, it keeps glowing"

 

C'è un momento in un concerto in cui, distolta l'attenzione dallo scenario, dalle luci, dal fumo e dall'emozione generica, tra artista e pubblico scatta qualcosa di mistico: che sia per mezzo di un brano speciale, di qualche frase pronunciata con sincero affetto o di una sorpresa effettistica da posterizzare nella memoria, se la scintilla viene innescata allora la missione di chi si esibisce sul palco è compiuta. È solo una scintilla, ma è abbastanza per andare avanti. Ed anche ieri sera è bastata per incendiare il piccolo palco dell'Estragon.

 

La parentesi delle polemiche però non è del tutto chiusa: durante l'ultimo concerto a Milano dello scorso Giugno, la band annunciò il ritorno in Italia per la seconda tranche del Tour 2013, designando Bologna - città già visitata in occasione delle passate edizioni degli I-Day Festivals - come meta sicura. Successivamente fu deciso che il concerto si sarebbe svolto al PalaDozza: in molti hanno pensato ad una bella occasione per godersi i Paramore al coperto, in un palazzetto che ha già ospitato nomi ben più altisonanti. Evidentemente coloro che hanno pensato questo non erano abbastanza, almeno per l'organizzazione, che monitorando i dati della prevendita decide all'ultimo di spostare l'evento all'Estragon, club valido ma dalla capienza assai ridotta, e dalla struttura non paragonabile a quella di un qualsiasi palazzetto. La decisione viene comunicata solo cinque giorni prima della fatidica serata, scatenando (specialmente in rete) le ire di molti giovanissimi e degli annessi genitori, in particolare di chi già pregustava un bel concerto vissuto in comodità dalle tribune. Evidentemente lo spostamento all'Estragon era inevitabile, vista la scarsa risposta del pubblico - dire che a Milano eravamo più del doppio che a Bologna sarebbe riduttivo - ma una comunicazione di cambio location più tempestiva sarebbe stata accolta con meno rabbia.

 

“Some of us have to grow up sometimes
And so, if I have to, I'm gonna leave you behind”

 

paramore_livereport_2013_02_01Detto questo, è stato troppo facile fare Sold Out all’Estragon, e per chi c’era l’esibizione è stata l’occasione per divertirsi in un concerto intimo, probabilmente una delle ultime vista la crescente popolarità internazionale del gruppo di Franklin, Tennessee. Alle 21 spaccate i Paramore salgono sullo stage, dietro i turnisti con batteria, chitarre e tastiere e davanti Jeremy, Taylor e Hayley. Troppo stretto il palco per trattenere  la grinta di questi ragazzacci carichi e sorridenti: Jeremy sembra un leone in gabbia e si limita a qualche saltello sulla sinistra, mentre Taylor si piazza sulla destra e da lì non si schioderà per tutta l’esibizione. Hayley sfoggia un nuovo look all black al limite tra il vintage e l’estivo, oltre al taglio di chioma più artistico che giovanile. Il concerto parte nell’entusiasmo generale, ma si sente che manca la spinta della grande folla, e da subito si capisce che la serata sarà una di quelle rare, confidenziali e anticonformiste. Per molti è il primo concerto, l’esperienza risulterà particolare e costruttiva.  

 

“So what are you gonna do
When the world dont orbit around you?
So what are you gonna do
When nobody wants to fool with you?”

 

Scaletta stravolta e rigirata rispetto alla data milanese, ma la sostanza non cambia: ampia precedenza viene data ai brani del nuovo disco self titled, a discapito di alcune  memorabili hit composte dai fratelli Farro. È questo il segnale che Hayley lancia: il distacco dai Farro è ormai punto fermo e di ripartenza, e nell’ora e mezza di concerto vengono proposte quasi tutte le tracce di “Paramore”, con l’aggiunta delle immancabili “Ignorance”, “The Only Exception”, “Brick By Boring Brick” e “Misery Business”, la vera hit che attraverso la radio ha aperto i cancelli del consenso italiano alla band americana. Frequenti sono gli avvicendamenti di strumentazioni per i due ragazzi ai fianchi di Hayley (la quale trova il tempo per esibirsi anche alla tastiera), che cambiano basso e chitarra ad ogni canzone. La scaletta è suddivisa in quattro parti, ognuna scandita dagli “Interlude” presenti nell’ultimo disco. È questa l’arma vincente che trasforma il concerto: nei momenti delicati in cui Taylor abbraccia l’ukulele e Hayley è libera di sprigionare la sua voce senza sottofondi elettronici, creando bolle di sentimento che aleggiano sulla folla silenziosa. Quando poi per l’ultima introduzione Jeremy sopraggiunge alla destra di Hayley, incorniciando così la rossa tra i due compagni, una cartolina di gioia e conforto è impressa negli occhi del pubblico. Oltre a queste istantanee di grande passione, non mancano i classici momenti di euforia, uno su tutti il collaudato numero di chiusura, quando Taylor si accuccia al centro del palco e Jeremy gli ruota sopra facendo perno sulla schiena, ognuno imbracciando i propri strumenti e chiudendo la parentesi circense con un bel cinque a tempo di musica.

 

paramore_livereport_2013_05

L’esibizione compatta e semplice ha riportato alla mente quanto bello e sincero possa essere un concerto di dimensioni ridotte. Non c’è più alcun dubbio invece sul valore artistico dei Paramore dopo il periodo incerto degli scorsi anni: Hayley ha trovato la formula giusta per dare una svolta alla propria vita, maturando musicalmente al punto di essere già diventata fonte di ispirazione per giovani musicisti, e ha trovato in Taylor e Jeremy due colonne amiche sulle quali ricostruire una carriera brillantemente avviata. Questa complicità, unita al calore dei fans, fa capire alla bella rossa che non sarà mai sola ad inseguire i propri sogni.

 

"Aint it fun?
Living in the real world
Aint it good?
Being all alone"  




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