Peter Gabriel - Back To Front Tour
07/10/13 - Forum, Assago (MI)


Articolo a cura di Eleonora Muzzi
Ascoltare la musica di Peter Gabriel è un’esperienza unica, nella comodità della propria casa o sullo stereo della propria automobile. La quantità e qualità di emozioni che il musicista inglese può scatenare è talmente potente che ci si può ritrovare con la pelle d’oca a Ferragosto. Figuratevi in sede live quanto questo impatto emozionale possa essere amplificato. Dopo dieci anni, finalmente torna in Italia Peter Gabriel per il “Back To Front Tour”, il tour celebrativo del venticinquesimo anniversario dell’uscita di “So”, da molti ritenuto il suo album migliore. Così, in un piovoso pomeriggio autunnale partiamo da Bologna, facciamo sosta a Parma per caricare altri due avventurieri e dopo le peggio peripezie, tra cui un incidente in tangenziale che ci blocca per almeno trenta minuti, riusciamo ad arrivare al Mediolanum Forum giusto in tempo per parcheggiare, correre dentro e trovare il nostro posto a lato palco. Sono le nove spaccate quando, a luci ancora accese, Gabriel sale sul palco, da solo, con un foglio in mano, e si siede al pianoforte, da dove, in italiano un po’ macchinoso ma tutto sommato corretto spiega come si svolgerà la serata, che consisterà in tre parti, come un buon pasto: la prima, la sezione acustica come antipasto, la sezione elettrica, come piatto principale, e il dessert, ovvero l’esecuzione completa dell’album “So” come Gabriel lo voleva nel 1986, ovvero con “In Your Eyes” come nona canzone e non come quinta, traguardo ottenuto solo con la reissue del 2002 ed impossibile all'epoca, date le limitazioni del vinile.

Comincia così uno show di oltre due ore che possiamo tranquillamente definire perfetto: il lavoro dei tecnici del suono ha limato e perfezionato i livelli al punto che anche da un punto svantaggioso come il lato palco riusciamo a sentire tutto perfettamente, senza sbavature o strumenti lasciati in secondo piano. Dalla nostra posizione inoltre possiamo anche vedere il frenetico lavoro dei tecnici che manovrano le luci, unica componente della scenografia e altri piccoli dettagli, come tre persone appese di fronte a noi che manovrano le luci colorate a mano. Oltre ad una perfezione assoluta per quanto riguarda il suono ci troviamo di fronte alla line-up originaria del tour che occupò Gabriel per quasi due anni, ovvero Tony Levin al basso, David Rhodes alle chitarre, Manu Katchè alla batteria, David Sancious a tastiere, fisarmonica e seconda chitarra, Jennie Abhramson e Linnea Olsson come backing vocals. La perfezione raggiunta dall’ensemble è impressionante. Se non fosse che Gabriel durante “Secret World” inverte due versi del bridge di potrebbe pensare che stiano suonando in playback. Non c’è una sbavatura, una stonatura, niente di tutto ciò. Ad aggiungere valore c’è la totale mancanza di scenografia sul palco, tra l’altro di dimensioni piuttosto ridotte: è tutto a vista, cavi, fili, luci tutto quanto, l’unica cosa in costante mutamento sul palco sono le luci, comandate a mano dal personale (in costume) che ruota attorno al palco. Una versione aggiornata e ampliata dello stage che accompagnava i concerti del tour originario. Più che un tour tributo ad un album, il “Back To Front Tour” è un omaggio all’apice della carriera del musicista, non solo dell’album che segna questo momento così importante. Solo su “The Tower That Ate People”, alla fine del concerto, vediamo l’anello che sostiene le luci centrali del palco scendere e aprirsi in una vera torre di tessuto bianco che letteralmente inghiotte Gabriel, come da titolo della canzone.

Veniamo allo spettacolo: si è parlato di tre fasi: la prima, acustica, si tiene a luci accese, cosa che rende questi quattro brani tra cui  “Come Talk To Me” “Shock The Monkey” e “Family Snapshot” molto intimi, permettendo al pubblico di guardarsi in faccia e cantare tutti insieme. Segue la sezione denominata “Electric”, con alcune delle hit più famose come “Digging In The Dirt”, “No Self Control” e “Solsbury Hill”, uno dei numerosi momenti in cui Gabriel avrebbe potuto tranquillamente staccare la corrente dal palco e il Forum completamente pieno avrebbe potuto andare avanti da solo, improvvisando anche le parti strumentali, tanto le voci dal pubblico erano forti. Momento indimenticabile è stato “Secret World”, eseguita in maniera tale da sembrare uscita dal DVD live “Growing Up Live”, registrato proprio a Milano dieci anni fa. Da amante di quel DVD quale sono, mi ha stupito notare come il pubblico abbia reagito allo stesso modo, per la stessa canzone, ad un decennio di distanza. Era come se la traccia dell’audio del pubblico del DVD fosse stata impiantata nel Forum. Impressionante a dir poco.

Si arriva quindi al momento clou della serata, quando le note dell’intro al pianoforte di “Red Rain” riecheggiano nel palazzetto. E il pubblico esplode: fino ad allora era stato calmo e tutto sommato non troppo invasivo, ma con l’inizio di “So” cambia completamente faccia ed inizia a farsi sentire. Diventa difficile rimanere fermi e seduti perché la voglia di muoversi diventa tanta, soprattutto su pezzi come “Sledgehammer” e “Big Time”, mentre per “Don’t Give Up”, dove al posto di Kate Bush c’è Jennie Abhramson che la sostituisce in maniera più che egregia, e “Mercy Street” all’opposto, l’unica cosa da fare è stare fermi e guardare lo spettacolo di luci e coreografia e goderseli. Soprattutto su “Mercy Street”, quando Gabriel riprende la “coreografia” originale del tour di “So” e si stende a terra, e l’unico modo per vederlo è attraverso gli schermi a lato e dietro al palco. Splendida la resa di “We Do What We’re Told (Milgram’s 37)”, pezzo difficile da rendere in sede live data la sua natura quasi ambient ed estremamente sperimentale, eseguita quasi completamente con i sintetizzatori. Chiude la parte dedicata a “So” “In Your Eyes”, resa in maniera eccelsa con la Abhramson che sostituisce Youssou N’Dour nella parte finale. Una piccola pausa ed è il momento di “The Tower That Ate People”, già citata per essere l’unico brano in cui assistiamo ad un’interazione reale tra un oggetto di scena e Gabriel, brano estremamente sperimentale che rasenta l’heavy metal per la pesantezza dei suoni, soprattutto della chitarra e della batteria e “Biko”, brano storico che da oltre vent’anni chiude i concerti di Peter Gabriel, dedicata all’attivista sudafricano Steven Biko e più generalmente a tutte quelle persone che lottano per la fine della sofferenza del proprio popolo.

Due ore e mezza di concerto volate via in un attimo, senza un momento morto, senza una parola di troppo, tutto talmente perfetto da sembrare quasi finto. È impressionante vedere come l’esperienza porta sul serio a raggiungere un livello tale di bravura e preparazione che rende un musicista capace di ottenere un tale livello di perfezione in sede live con una tale semplicità e leggerezza, quando è noto come una minima distrazione possa portare ad un errore di proporzione macroscopica. Abbiamo invece momenti di pura genialità con Levin, Gabriel e Rhodes che “ballano” sul palco durante “Sledgehammer” o “Big Time”.  A mente fredda, dopo ormai due giorni passati a cercare le parole per descrivere cotanta poesia musicale, l’unica cosa che possiamo dire è che un concerto del genere può essere reso migliore solo in una maniera: che a Londra, il 21 Ottobre, quando saremo presenti alla O2 Arena per la prima delle tre date londinesi del Back To Front Tour, compaia Kate Bush a cantare “Don’t Give Up”. Non c’è altra maniera per prenderlo più perfetto di così. E non ce n’è neanche bisogno, sarebbe, come dicono gli anglofoni, un’overkill nei confronti dei fan.


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