The Stone Roses
The Stone Roses

1989, Silverstone
Pop Rock

Le forme e il sentimento degli anni 60 si uniscono al ritmo e alla forza della disco music. Ma non solo...
Recensione di Alberto Battaglia - Pubblicata in data: 20/05/12

Affascinanti, solari, brillanti, un po' nostalgici. Ma innegabilmente capiscuola. Parliamo degli Stone Roses, una band che ha segnato l'Inghilterra del pop per molti anni, dopo aver dato alle stampe, nell'89, il proprio folgorante debutto. Se qualcuno si mettesse a cercare le radici della rivalsa melodica della musica britannica dopo gli anni d'oro del punk e della new wave probabilmente dovrebbe cercare qui. Mentre nello stesso periodo i La's stavano operando una restaurazione sixties su tutta linea, le soluzioni degli Stone Roses sembravano prendere le mosse anche dalle sonorità ballabili provenienti dalla disco music. Da questo LP nasce di fatto il canone del "Madchester sound", uno stile che verrà seguito per tutti gli anni Novanta diventando il sinonimo più vicino a "brit pop".

Il nome The Stone Roses è notoriamente legato al colosso Oasis nella misura in cui sono considerati i loro principali ispiratori assieme ai Beatles. Ma ascoltando la loro oper qualcosa di fondamentale sembra separare le due band: è la maggiore raffinatezza dell'approccio agli strumenti, forse meno istintivo e muscolare, ma molto più dinamico, vario ed esperto. Infatti, se mettiamo da parte la qualità delle composizioni, è lo stupefacente motore ritmico a dare alla band qualcosa di veramente unico. Alla batteria Alan Wren è un giocoliere in grado di dare una personalità quasi vocale al suo strumento; non è assolutamente da meno anche Gary Mounfield al basso, vera colonna portante di gran parte del suono, agile su tutto il manico e dotato uno spiccato gusto melodico.

"The Stone Roses" è una sequela di colpi magistrali che si divide in molteplici umori, uniti sempre dal fascino per la melodia anni Sessanta. Le ascedenze ballabili sono consacrate sotto la bandiera di "She Bangs the Drums", che unisce il suo ritmo marcato al una fresca miscela di arpeggi e linee melodiche memorabili. Ma ancora più figlie del rave sono "Fools Gold", ipnotica e funkeggiante, o "Elephant Stone": tutti pezzi che ci ricordano quanto i Nostri siano pienamente consapevoli delle potenzialità della disco acida che cresceva all'epoca (intuizioni poi portate all'apice dai Primal Scream). Ma forse è quandogli Stone Roses si concedono alla psichedelia che gli esiti sono fra i più sublimi e trascendenti: è il caso dell' uno-due "Waterfall", "Don't Stop". Il primo è un brano costruito su un lisergico giro di basso ricorrente, il secondo è la versione malata della canzone precedente, riprodotta coi nastri al contrario, chitarre jammanti e con le voci che risuonano come udite in stato trance. La tensione che anima, poi, certi altri pezzi non può essere dimenticata: è il caso di "Made Of Stone", col suo ritornello accorato e amaro e suo il tiro magico e travolgente; ma è anche il caso di "This Is The One",  che mette in musica una sorta di estasi romantica attraverso un magnifico crescendo musicale che si eleva fra arpeggi, rullate e riverberi.

La forza di questo disco è difficilmente razionalizzabile. Limitarsi a dire che qui tornano le forme e il sentimento della musica melodica 60s unita al ritmo e alla forza della disco descriverebbe solo il lato concreto di questa musica. Ma azzardo a dire che la grandezza degli Stone Roses qui è soprattutto spirituale: questo album proietta l'ascoltatore indietro in un passato indefinibile e irreale, in sensazioni rarefatte dalla memoria. Ogni brano sembra cavalcare, così, un'ispirazione ineffabile, che anima ogni piccola nota che tocca.



01. I Wanna Be Adored
02. She Bangs The Drums
03. Waterfall
04. Don't Stop
05. Bye Bye Badman
06. Elizabeth My Dear
07. (Song for My) Sugar Spun Sister
08. Made Of Stone
09. Shoot You Down
10. This Is The One
11. I Am The Resurrection

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