Mono
Hymn To The Immortal Wind

2010, Temporary Residence Limited
Post Rock

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 19/06/12

Ci sono dei momenti, nella vita di ognuno di noi, in cui realizziamo di aver perso qualcuno di caro: la morte di un amico, di un familiare, la perdita di un amore. Nello stato catatonico in cui riversiamo dopo che abbiamo smaltito lo shock di questa nuova mancanza, è come se vagassimo in una landa desolata, ciononostante ricca della vita delle nuove possibilità che ci si parano davanti. Il quartetto giapponese Mono, dopo 10 anni di attività ed al quinto inciso in studio, riesce perfettamente a musicare – in chiave completamente strumentale e post-rock – questo particolare stato di sospensione, questo passaggio attraverso campi devastanti da tempeste invernali cariche di disperazione, al contempo placidamente sereni allo sguardo. Sia chiaro: che i Mono siano da sempre portatori del lato più intimo ed espressionista del post rock è un fatto che esiste praticamente da “Walking Cloud And Deep Red Sky, Flag Fluttered And The Sun Shined” in avanti, ma ciò che rende questo “Hymn To The Immortal Wind” il loro attuale capolavoro è l’efficacia con cui la band riesce a tratteggiare le nostre emozioni più viscerali.

La chiave del successo è l’orchestra, in quanto è proprio questo elemento che, a sorpresa, tradisce le origini orientali della band, visto che le partiture del lato classico del disco sono un chiaro omaggio al Joe Hisaishi al lavoro per il Takeshi Kitano più disincantato e malinconico (ascoltate “Silent Flight, Sleeping Dawn”, oppure “Follow The Map”); nel mentre, il tutto viene contornato e “disturbato” dalla distorsione post di matrice tipicamente anglosassone che muove da sempre il lato rock dei Nostri. Il risultato è un inciso che riesce a condensare l’oriente e l’occidente, disperso tra atmosfere drammatiche (“Burial At Sea”), epiche (“The Battle Of Heaven”) e sorprendenti deflagrazioni che scuotono la conclusione dell’iniziale “Ashes In The Snow”, e che proprio per questo risulta accattivante ed interessante ad una grande varietà di orecchie.

Certo, si potrà obiettare che il disco non è nulla di originale, che quasi tutte le composizioni tendono verso quel crescendo roboante che è un prevedibile marchio del genere e che i Mono non amano stravolgere in modo particolare. E’ tutto vero, ma è altrettanto certo che la sensibilità con cui viene confezionata l’opera è cosa assai rara, e che solo questa caratteristica vale decisamente il prezzo del biglietto che ci consente di viaggiare sulle creste di questo vento immortale. Una brezza gentile che, senza preavviso, è in grado di divenire una tempesta in grado di smuovere e cambiare completamente la linea dell’orizzonte: perché proprio come i due movimenti speculari che costituiscono la lunga – eppure incredibilmente scorrevole – “Pure As Snow (Trails Of The Winter Storm)” insegnano, tutto è destinato a mutare, nulla è fisso ed immobile e, da questo paesaggio laconico e desolato, siamo sempre destinati ad uscire, in un modo o nell’altro, forti e diversi. Ciò che i Mono hanno fatto, nell’incidere questo disco, è semplicemente fornirci una direzione in musica ed un catalizzatore per poter lenire gli ultimi rimasugli di un dolore che ci trattiene verso un inverno solo all’apparenza infinito. Per questo, il debito di gratitudine di noi ascoltatori nei confronti della band è molto elevato.




01. Ashes In The Snow
02. Burial At Sea
03. Silent Flight, Sleeping Dawn
04. Pure As Snow (Trails Of The Winter Snow)
05. Follow The Map
06. The Battle Of Heaven
07. Everlasting Light

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