Recensione a cura di Matteo Ravasio
"Solitary Man” è il terzo degli American Recordings di Johnny Cash, e rappresenta uno dei punti più alti della carriera del cantautore americano. La forma di base dell'album non è nuova: Cash alterna cover di altri artisti ad alcune canzoni proprie. Come spesso accade poi, è proprio nell'interpretare i brani altrui che riesce a dare il meglio di sé.
Tra i brani più significativi del disco vi sono infatti certamente “Solitary Man”, cover di Neil Diamond splendidamente cantata, e per cui Cash ha vinto il Grammy Award per la migliore performance maschile di musica country. Altri momenti significativi corrispondono ad altre cover di brani già famosi o rigenerati dagli arrangiamenti perfetti di questo album e – ovviamente – dalla voce di Johnny Cash. La cover di “One” degli U2 è certamente una delle canzoni più celebre di questo album, forse quella che più di ogni altro lo rappresenta tra gli altri American Recordings. A parere di chi scrive, questo brano non è il migliore del disco, e Cash non riesce a sollevare la canzone da una certa piattezza nella dinamica. Credo sia difficile dire che la cover contenuta in “Solitary Man” sia migliore della versione originale presente in "Achtung Baby" (1991). Altra cosa invece è la cover di “The Mercy Seat”, una vera perla nascosta in questo disco. La canzone di Nick Cave viene dotata di una forza inaudita da un arrangiamento di grande impatto, che conferisce un senso di disperazione ed inesorabilità a questo brano che parla della pena di morte.
Alle cover sono alternati alcuni brani di Cash, per la verità le tracce meno interessanti dell'album, fatta forse eccezione per “I'm Leaving Now”, e “Field of Diamonds”, in cui June Carter si unisce al marito nel dare vita ad una canzone dolce e vagamente malinconica. Nell'album c'è infine spazio anche per un brano tradizionale, ovvero “Wayfaring Stranger”. Quando Cash deve interpretare il debole, l'oppresso, l'emarginato o il dannato, riesce sempre a dare il meglio di sé, e qui non fa eccezione. La canzone parla descrive il cammino di un uomo verso ciò che lo attende nell'altra vita, paragonandolo ad uno straniero, che è solo viandante in una terra che non gli appartiene. L'arrangiamento è ancora una volta sublime, e Cash è semplicemente perfetto.
"I'm just a poor wayfaring stranger
traveling through this world of woe
there's no sickness, toil nor danger
In that bright land to which I go"
Il disco rinnova l'impressione che il compianto Johnny Cash avrebbe potuto rendere famosa ed interessante qualsiasi canzone includendola in uno degli American Recordings. La sua abilità di interprete è fuori da ogni possibilità di discussione, e con la collaborazione di musicisti tanto validi (cui si aggiunge la produzione di Rubin), il risultato è assicurato. Questo disco certo non è una pietra miliare nella storia della musica, non è un segnavia per le generazioni future. Non contiene idee musicali sconvolgenti, né performance strumentali in grado di segnare un'epoca per virtuosismo o innovazione tecnica di qualche tipo. Eppure risulta incancellabile dalla nostra memoria dopo il primo ascolto, per via dell'indiscutibile qualità della musica che vi è contenuta.