Tool
Lateralus

2001, Volcano
Prog Metal

Recensione di Marco Mazza - Pubblicata in data: 28/12/12

Ben cinque anni sono passati dalla loro precedente uscita, lo straordinario “Ænema”. Pur avendo pubblicato in precedenza sempre ottimi lavori, “Ænema” è per i Tool l’album del definitivo salto di qualità. Il lavoro che li fa uscire dall’ambiente post-grunge in cui sono nati e con cui danno inizio alla loro sperimentazione più sfrenata. E’ la nascita della nuova creatura musicale immaginata dalla geniale mente di Maynard James Keenan, una creatura che farà dei Tool uno dei gruppi più importanti ed influenti degli anni 2000. Eppure quello è solo un inizio; il loro capolavoro, i Tool, lo devono ancora realizzare. E questo risponde al nome di “Lateralus”, l’album della maturità completa, il manifesto del pensiero tooleriano.

Una colossale opera che vede la luce nel 2001, dopo una serie di problemi con le case discografiche. “Lateralus” è un viaggio nell’intricatissimo labirinto della mente umana, una ragionata, folle corsa nell’animo umano. Una seduta psicoanalitica nella quale i tredici brani di cui è composto scavano sempre più in profondità nell’inconscio, facendone emergere la sua essenza. Una vivisezione eseguita con una precisione chirurgica, ogni nota, ogni accostamento di brano al successivo, ogni più piccolo dettaglio è curato in maniera maniacale al fine di ispezionare l’uomo; le sue paure e le sue ansie, ma anche le sue enormi potenzialità. Un’opera che scuoterà i piloni portanti della coscienza, costringendo l’ascoltatore ad una traumatica autoesplorazione.
 
Con queste premesse “Lateralus”, si pone quasi come un’opera ascetica e spirituale, in cui è Keenan il profeta. Per quanto il frontman non sia una persona religiosa, o perlomeno non lo si dichiari apertamente, “Lateralus” è, nella musica e nei testi, densissimo di messaggi, spesso nascosti. In questo senso possiamo vedere anche il suo incentramento sulla matematica, un linguaggio che sarà l’asettico contenitore in cui poter riporre i messaggi, un contenitore con la forma assoluta dell’Universo, il tutto di cui l’uomo è parte. La matematica che permea l’album verte soprattutto sulla serie di Fibonacci e quanto da esso si ricava, la sua spirale e la sezione aurea. Forma e rapporto con cui tutto sembra in accordo nel nostro mondo, dalla foglia su di un ramo, alla disposizione delle infiorescenze in un girasole, alla perfezione dell’Uomo Vitruviano. I riferimenti ad essa nell’uscita sono moltissimi, talora più espliciti, come nel numero delle tracce (13 è l’ottavo numero della serie), altre volte più nascosti.

Stilisticamente “Lateralus” rappresenta il punto di arrivo della commistione tra progressive/art rock e metal all’ingresso nel nuovo millennio. Rispetto al suo predecessore appare meno aggressivo e istintivo, più ragionato; non vuole realizzare un’esplosione ma un taglio preciso e mirato. Lyrics spiazzanti, tempi lunghi e dispari assieme a ritmi ipnotici concorrono a creare un atmosfera generale di tensione e riflessione, tutti elementi che definiranno il suono tipico e immediatamente riconoscibile della band. "Lateralus” con la sua volontà di superare i confini musicali del tempo e il suo ‘distacco’ dal mondo materiale è, in questo senso, l’essenza più pura del rock progressivo. L’album va ascoltato nella sua interezza, ogni brano è propedeutico all’ascolto del successivo. La cosa è evidente anche nei due splendidi video realizzati, in cui più tracce sono accorpate assieme, a comporre indivisibili suite. “Mantra / Schism” e “Parabol / Parabola” sono i due filmati realizzati; come di consueto, la regia è del chitarrista Adam Jones, e sono il completamento ideale delle composizioni. Il  gruppo è composto da musicisti dalle doti davvero straordinarie, a partire dall’incredibile voce di Maynard James Keenan, capace di passare da un delicato sussurro al ruggito di un leone con una facilità imbarazzante, allo straordinario livello raggiunto dal percussionista Danny Carey, di diritto tra i migliori batteristi a livello mondiale, senza tralasciare il fondamentale apporto di altri due musicisti di assoluto livello, Adam Jones alla chitarra e Justin Chancellor al basso.
 
La prima traccia è “The Grudge”, che mostra subito lo straordinario livello raggiunto dal gruppo di californiano. E’ uno dei capitoli più scuri del disco. Parte a bassi regimi nei quali si inseriscono le nere parole di Keenan. E’ petrolio versato addosso, odio e rabbia sin dalla prima strofa. “The Grudge” è composta da un riff principale composto da solo due note condiviso dalla chitarra e dal basso, sul quale di innesta l’implacabile batteria. E’ un crescendo continuo di accelerazioni improvvise e rallentamenti perfettamente studiati con un intreccio sonoro perfetto. Il tutto avrà il suo apice nel finale, con il lancinante urlo da 30 secondi di Maynard e le straordinarie percussione del maestro Carey. “Eon Blue Apocalypse” è una traccia di intermezzo composta da mistici arpeggi di chitarra che preparano alla successiva “The Patient”. E’ un’attesa opprimente che fa dubitare sul senso delle azioni svolte: il caos interiore si acutizza. Nella prima parte troviamo atmosfere più rilassate rispetto all’opener con il basso ad essere in evidenza. Il cambio di ritmo avverrà con l’ingesso della chitarra di Adam Jones e ad una progressione sottolineata dalla doppia cassa di Carey. L’episodio successivo è la suite composta da “Mantra” e “Schism”. La prima, altra microtraccia di intermezzo, si presenta come una sorta di canto di balene (in realtà un suono emesso da uno dei gatti di Keenan rallentato enormemente), che porta di fronte alla seguente “Schism”. E’ l’episodio chiave dell’album, apice del pensiero tooleriano. E’ ora la difficoltà nella comunicazione ad essere esaminata, la traccia che distruggerà ogni nostra certezza ‘staccandoci’ (lo scisma) da ogni altro rapporto umano e terreno. La traccia, che presenta continui cambi di metrica, parte con un riff di basso che continuerà fino alla caduta nella trance catartica operata dala chitarra di Adam Jones. Compito della batteria di Carey occuparsi del brusco risveglio; agitazione nell’agitazione, in una fusione finale di tutti gli strumenti con la voce. Un’alternanza di parti più rabbiose ed altre più introspettive, un’armonia totale in una mistica bellezza. “Parabol”, ennesima traccia di stacco, appare come un cantico di monaci buddisti, segue “Parabola”. E’ il pezzo più spiccatamente metal dell’album e di ascolto più facile. Con “Parabola” i Tool analizzano il corpo umano, i suoi limiti, il suo potenziale. “Ticks & Leeches” è l'episodio più ‘rumoroso’, quasi una dimostrazione dello spaventoso livello tecnico raggiunto dai Tool, in particolare dalle percussioni di Danny Carey e dalla voce di Maynard, impegnato in urla cosi difficili da rendere “Ticks & Leeches” praticamente impossibile da realizzare in concerto. “Lateralus” è il pezzo in cui la serie di Fibonacci con cui è legato il disco emerge più chiaramente. Il numero delle sillabe dei suoi versi seguono i valori della successione, in un saliscendi continuo che porta dentro la sua vorticosa spirale. Spirale le cui linee sono tracciate da basso e chitarra. “Disposition” rallenta i ritmi, è il brano più breve, meno di 5 minuti, e procede con atmosfere orientaleggianti. “Reflection” continua sulla scia della precedente per buona parte del suo sviluppo, ma ha un’improvvisa accelerazione nella parte finale. “Triad” è una traccia strumentale in cui si sentono le influenze industrial del passato. La seguente “Faaip de Oiad” porta alla conclusione della seduta con un mare di distorsioni, attraverso le quali si ascolta una misteriosa telefonata fatta ad una radio nel 1997.
 
“Lateralus” è l’album della consacrazione dei Tool, lascerà una forte eredità sulla scena rock e metal alternativa. E’un capolavoro sotto ogni punto di vista: incanterà con la sua bellezza esoterica ed ipnotica, minerà la coscienze con le sue parole. Messaggi e significati che è impossibile raccogliere tutti. Sono state formulate persino teorie secondo cui il vero ordine di ascolto delle tracce sarebbe un altro, seguendo un andamento a spirale partendo dalla traccia centrale. La verità e che “Lateralus” è un lavoro infinitamente complesso, ad ogni ascolto si trova qualcosa di nuovo e in grado di stupire. E’ un’opera che, nella sua folle e misteriosa lucidità, ha la presunzione di porsi sopra l’uomo, perché questo è l’unico modo in cui è possibile osservarlo in modo oggettivo; staccandosi dalla sua realtà, trattandolo con i freddi numeri che governano le leggi della natura. Tutto per metterlo di fronte a quello che è. A lui trarne le conclusioni.



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