Origin
Informis Infinitas Inhumanitas

2002, Relapse Records
Death Metal

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 29/03/09

Tre parole magiche: Relapse, brutal e America. Triade concettuale che dovrebbe suscitare in qualsiasi deathster che si rispetti smaniosa trepidazione, attendendo che un altro (l'ennesimo...) disco del nostro genere preferito attenti al nostro sistema nervoso. Questa volta tocca agli Origin, quintetto di Kansas, fare gli onori di casa con Informis Infinitas Inhumanitas, secondo album della band dopo il debutto, Origin (del 2000). E anche questa volta non rimaniamo delusi.

In un genere in cui suonare velocemente e annichilire l'ascoltatore non sempre dà dei risultati soddisfacenti, gli Origin dimostrano che con le doti e le capacità adeguate non c'è alcun freno all'estremizzazione. Informis Infinitas Inhumanitas si porta oltre il limite, segna un nuovo record nella corsa alla teorizzazione del chaos, nell'imbrigliare entro una precisione quasi matematica un sound intricatissimo e multiforme. Nessun sconvolgimento al tanto caro stile americano, ma un approccio personalissimo alla materia; chiunque sia avvezzo a queste sonorità non può non riconoscere un brano degli Origin in mezzo allo sterminato panorama brutal di oggi, non può non rimanere a bocca aperta di fronte a composizioni di così rara violenza e precisione, non può non stupirsi nel tentare invano di memorizzare velocemente gli innumerevoli passaggi che i nostri compiono per tutta la durata del disco. Sulla carta Informis Infinitas Inhumanitas dura meno di mezz'ora, ma vi assicuro che la percezione del tempo, durante l'ascolto, viene completamente sopraffatta dalle inesorabili, fittissime trame che i nostri riescono ad erigere, dandoci solo pochissimi secondi di pausa qua e là per poter renderci conto di quello che stiamo ascoltando.

Musicisti estremamente preparati, produzione esemplare, buonissime intuizioni non possono altro che dare gustosi frutti. Informis Infinitas Inhumanitas è uno di quei classici platter da buttare giù tutto d'un fiato, in cui andare ad analizzare i singoli brani sarebbe inutile. Meglio lasciarsi trasportare dall'incredibile dipanarsi di stop and go, ripartenze fulminee, riff poliedrici, triplici assalti vocali dal growl più cavernoso allo scream più corrosivo, e dal lavoro mostruoso di John J. Longstreth (ex Angelcorpse, Skinless e Exhumed) alla batteria, una vera a propria piovra umana incapace di seguire lo stesso pattern per più di cinque secondi di fila. Come rovescio della medaglia vi è una tendenza a rendere tutti brani un po' simili tra loro, o meglio, deficitarii di un mood particolare da renderli facilmente distinguibili l'un l'altro. Unica pecca che grava leggermente sul giudizio complessivo di un disco altrimenti ineccepibile. Ma chi riuscirà ad apprezzare questo album dovrebbe sapere che non c'è da preoccuparsi per "inezie" del genere, ben consapevole che gli Origin non si pongono di certo il problema di rendere appetibile la propria musica, avendo unico scopo quello di suonare il più brutalmente possibile e di spaccare il "sederino" a chiunque gli si ponga davanti.

Un gruppo in rapida ascesa, che sta guadagnando una certa fama nel panorama estremo - tant'è che il chitarrista Jeremy Turner ha sostituito temporaneamente il defezionario Jack Owen nei Cannibal Corpse - capace di saper migliorare ulteriormente e di spingersi oltre i limiti segnati con quest'album, attraverso il terzo lavoro in studio, Echoes Of Decimation (del 2005). Un disco che vuole essere ostico, maledettamente intransigente e micidiale, diretto ai cultori del genere. Per tutti gli altri è meglio che giriate al largo dagli Origin, non è musica che fa per voi.



01. Larvae Of The Lie

02. Inhuman

03. Awaken The Suffering

04. Perversion Of Hate

05. Portal

06. Meat For The Beast

07. Mental Torment

08. Insurrection

09. Implosion Of Eternity

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