Malevolent Creation
The 13th Beast

2019, Century Media Records
Brutal Death Metal

Dopo la morte di Bret Hoffman, tornano i Malevolent Creation con una formazione nuova ed uno stile che convince solo in parte
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 21/01/19

Se si cerca nel mare magno del brutal death metal un nome di riferimento, un punto di partenza o nucleo generativo del genere non ci si può prima o poi non imbattere nei furiosi Malevolent Creation. Formatasi nel 1987 nello stato di New York, l'act ha contribuito - insieme a Cannibal CorpseImmolationSuffocationMorbid Angel tra gli altri - al definirsi di uno stile che, germinato sull'onda sotterranea di fanzine clandestine, musicassette oggi venerate come reliquie e copertine b/n fotocopiate, era destinato a marchiare vigorosamente le sorti del genere metal, con album seminali come "The Ten Commandaments" (1992) o "Retribution"(1993). Nella loro carriera, moltissimi sono stati gli avvicendamenti nella line-up (sono più di venti gli ex-membri, tra bassisti, chitarristi e batteristi! Senza contare i numerosi featuring e i live member); eppure, nonostante questo plotone di musicisti susseguitisi nel tempo, la band ha saputo mantenere negli anni, se non un'assoluta identità, una convincente continuità di stile, prolungatasi sino al penultimo lavoro "Dead Man Path" (2015). Purtroppo, il tour dell'anno successivo viene interrotto per l'aggravarsi della malattia dello storico chitarrista/cantante Bret Hoffman; poco dopo, il bassista Jason Blachowicz lascia la band, ch da lì a breve si scioglie. Nel 2017, per volontà del chitarrista Phil Fasciana, se ne annuncia il ritorno con una formazione completamente nuova. Il 7 luglio del 2018, Bret muore.

 

Questo il doloroso terreno su cui è cresciuto il nuovo "The 13th Beast", che vede a fianco di Fasciana, l'unico membro superstite della formazione originale, P.M.Cancilla alla batteria, Josh Gibbs al basso e Lee Wollenschlaeger (ex- Throne Of Nails, Imperial Empire) alla ritmica e alla voce. L'album esibisce, come il precedente, l'artwork di German Latorres ed è stato prodotto e mixato da Dan Swanö. Nonostante le buone premesse e pur tenendo nel debito conto le traversie anche emotive occorse alla band in fase d'incisione (Bret stava morendo proprio mentre l'album veniva ultimato...), "The 13th Beast" si presenta sin dal primo ascolto come un'opera fortemente interlocutoria, di grande irruenza e ferocia, anzi ben più irruenta e feroce della precedente, ma di una ferocia non ben calibrata e direzionata, che mena colpi prevedibili e procede nell' assoluta orizzontalità dell'assalto fonico, senza far mai sprofondare l'ascoltatore, né innalzandolo; anche se gli arrangiamenti corrono a briglia sciolta, si avverte una rigidità plumbea poco coinvolgente.

 

I brani scorrono, anzi precipitano, ma non catturano mai davvero quella parte misteriosa e selvaggia di cui il miglior brutal death sa insignorirsi dentro di noi; non c'entra la competenza né l'esperienza, indiscutibili, di tutti i musicisti. Qualcosa non ha funzionato, la magia è venuta meno, quella magia che rende una band diversa da qualunque altra, indipendemente dal genere, dal genio, dai soldi, dai palchi. Certo, il confronto tra le ricche dinamiche dello stile growl di Bret Hoffman e il monolitismo gutturale di Wollenschlaeger gioca a netto sfavore di quest'ultimo. Ascoltiamo l'opener "End The Torture", o la successiva "Mandatory Butchery", o anche la pur piacevole "Decimated", primo singolo dell'album, e non troviamo il sapiente dosaggio di assalti e ripiegamenti, trincee ed affondi e, detto in breve, la varietà di registri che aveva caratterizzato con alti e bassi la proposta dei Malevolent Creation sino ad oggi: sono brani solidi e, per carità, ferocissimi ma indistinguibili da quelli di mille altre band dello stesso genere, inoltre funestati da una concezione del genere brutal già superata dagli stessi Malevolent Creation all'epoca dell'ottimo "Doomsday X" (2007) e che oggi, con la concorrenza di band più giovani ed agguerrite (Aborted, Cryptopsy in testa), rischiano davvero di passare inosservati. Spezziamo una lancia a favore dei testi, efficaci se pur non originali nei contenuti; ma, da soli, questi non bastano a redimere musica che spesso affonda in stilemi triti e nella monotonia di un songwriting senza guizzi.

 

Ci troviamo perciò nella spiacevole posizione di dover parzialmente biasimare un lavoro che, nelle intenzioni di Fasciana, voleva essere contemporaneamente l'estremo saluto a Bret e il trampolino di lancio di una nuova epoca dell'act, ma che riesce nei suoi obiettivi solo in parte.





01. End Of Torture
02. Mandatory Butchery
03. Agony For The Chosen
04. Canvas Of Flesh
05. Born Of Pain
06. The Beast Awakened
07. Decimated
08. Bleed Us Free
09. Knife At Hand
10. Trapped Inside
11. Release The Soul

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