Tyr
The Lay Of Thrym

2011, Napalm Records
Viking

Recensione di Davide Panzeri - Pubblicata in data: 06/07/11

The Lay Of Thrym” è il sesto studio album della band Faroese Týr, l’attuale gruppo più famoso delle isole ubicate in pieno Mare del Nord. Per i più distratti posso dire che i Týr hanno saputo ritagliarsi un loro importante spazio nell’ormai affollatissima scena folk/viking metal (ormai paragonabile solo al mercato del pesce per numero di bancarelle e macello medio che si crea quotidianamete), prediligendo lo sviluppo della loro musica tradizionale verso lidi prettamente più progressive anziché quelli più brutali e violenti di numerosi colleghi. Splendidi esempi sono le due gemme iniziali del combo vichingo: “How Far To Asgard” debut album della band datato 2002 e il successivo “Eric The Red” pubblicato solo un anno dopo. La particolarità della proposta musicale, unita alla sua più pura genuinità, ha attirato le attenzioni della Napalm Records che si è assunta l’onere e l’onore di curare le uscite della band dal 2006 in poi (e cioè dal terzo album). Col passare del tempo i nostri vichinghi hanno cominciato a rendersi conto però, che benchè le ottime recensioni e feedback ricevuti dai più disparati angoli della terra, i dati di vendita dei loro album non soddisfacevano i loro desideri. I Týr hanno quindi deciso, giustamente o meno, di virare verso un sound più diretto ed immediato, tralasciando ghirigori tecnici in favore dell’assoluta orecchiabilità dei brani con buona pace degli inossidabili fan della band.

Si giunge così al periodo attuale con “The Lay Of Thrym” dopo i semi fiaschi di "Land" e "By The Light Of The Northern Star"; le tematiche affrontate nel nuovo platter sono sempre evidentemente riferite alla mitologia norrena nella sua accezione più pura. Thrym infatti è il Re dei giganti di Jötunn che, per ottenere in sposa Freyja, ruba Mjöllnir (il martello) a Odino. Il piano di Thrym viene sventato da Heimdallr, da Loki e dalla brutale violenza di Thor che, vestito da sposa, ucciderà la sorella del ladro e tutti i parenti presenti al matrimonio combinato dal re in persona.

Per quanto riguarda l’aspetto musicale, le differenze sono rilevabili nelle sonorità più “easy” e meno ricercate rispetto ai predecessori (come precedentemente detto); “Flames Of the Free” e “Take Your Tyrant” strizzano l’occhiolino a melodie più ruffiane e catchy, lasciando al momento leggermente disorientato l’ascoltatore. “Evening Star” sorprende per quanto possa essere espressiva una “viking-ballad”, non vi sarà difficile immaginarvi sdraiati a sognare sulla soffice erba faroese sotto un cielo incredibilmente stellato e blu. “Hall Of Freedom” non fa altro che confermare quello detto finora  con un guizzo powereggiante a fare da collante. Un po’ di tecnica dei bei tempi andati si intravede in “Fields Of The Fallen” dove però continuano a dominare i motivetti facili e dannatamente irremovibili dalla testa. L’unico brano ad essersi salvato dalla sterzata stilistca è, a mio parere, “Konning Hans” dove per questa volta i biondi-criniti lasciano da parte l’immediatezza in favore di qualcosa leggermente più impegnata; i tratti si fanno scuri e pesanti e si contrappongono all’eterea felicità che permea l’album. “Ellindur Bóndi Á Jadri” e “Nine Worlds Of Lore” ci riconducono all’era attuale dei Tyr, ottimi mid-tempo sulla falsariga delle tracce iniziali del disco. La conclusiva title track dell’album è forse il brano più espressivo e più riuscito dell’intero lotto, tutte le caratteristiche dei Tyr sono evidenziate ed esplicitate in questa canzone (che a dirla tutta è un pochino powereggiante), intro d’atmosera, inizio epico e cavalcata furiosa che la fa da padrone  avvicendandosi  a un refrain questa volta non cantereccio quanto gli altri brani.

Le conclusioni risultano però difficili. Una parte di me, che definirei integralista, non accetta questo cambio musicale e “accusa” la band di essersi svenduta al vil denaro; l’altra parte che definirei quella ragionevole, è contenta dei risultati ottenuti e ottimamente appagata dall’ascolto del disco. Se dovessi valutare il disco senza fare confronti con il passato sarebbe un 8 o addirittura 9 pieno, se invece ne tenessi conto sarebbe un 6 o 6,5. Per non saper ne leggere ne scrivere, direi che una giusta media è d’obbligo. Personalmente, però, considero “The Lay Of Thrym” la miglior uscita del genere del 2011.




01.Flames of the Free
02.Shadow of the Swastika
03.Take Your Tyrant
04.Evening Star
05.Hall of Freedom
06.Fields of the Fallen
07.Konning Hans
08.Ellindur Bóndi á Jaðri
09.Nine Words of Lore
10.The Lay of Thrym

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