Tyr
Valkyrja

2013, Metal Blade Records
Viking

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 11/09/13

Settimo album per i faroesi Tyr, da oltre dieci anni una delle formazioni più apprezzate e seguite nell’infinito panorama viking/folk, band che nel corso della carriera ha mutato quasi radicalmente la propria pelle, attraversando anche un periodo meno convincente a metà discografia, ma in netta ripresa già col precedente “The Lay Of Thrym”.

Fatta la doverosa premessa che i tempi dei primi tre album sono ormai sepolti da tempo e che difficilmente potremo mai “perdonare” l’abbandono della via viking/prog di album memorabili come “How Far to Asgaard”, “Eric the Red” e “Ragnarok”, in favore di una scelta più “commercialmente” appetibile, una netta virata verso il power/heavy in salsa nordica, dichiarata urbi et orbi con il mediocre “By The Light Of The Northern Star” (e in parte con l’ancor più debole “Land”), dobbiamo dire che il nuovo arrivato “Valkyrja” prosegue la parabola ascendente dei nordici, presentandoci un album che si distacca poco dall’apprezzabile “The Lay Of Thrym”, mostrando la stessa sicurezza del songwriting e nel saper unire metallo e folklore nordico/faroese sempre in maniera impeccabile.

Musicalmente ci troviamo su cooordinate heavy, più di una volta lo spettro degli Iron Maiden si staglia all’orizzonte, ma il tocco che i Tyr inseriscono nella propria musica fa sì che il tutto giri nel migliore dei modi senza trovarci davanti a qualcosa di già sentito e stucchevole, seppur in strutture molto canoniche rispetto ai tempi d’oro (strofa-ritornello.strofa-ritornello-assolo ecc… praticamente per tutte le tracce). Dunque cosa segnalare di buono in “Valkyrja”? Beh i nostri sono sempre abilissimi alle prese coi propri strumenti, ottimo riffing, sempre filante e coinvolgente, bellissimi assoli, grande cura nel comparto vocale, la voce di Joensen sarebbe evocativa anche leggendo la lista della spesa a cui si aggiungono degli inserti coristici sempre precisi e mai ridondanti. Senza dimenticare poi la bellezza oggettiva dei brani, heavy a sufficienza per un sano headbanging e “viking” quanto basta per donare al full quella giusta carica epica che si confà a una band di tale predigree.

Un concept che narra la storia di un guerriero (in una imprecisata era vikinga) che abbandona la propria moglie per cercare le grazie delle valchirie sul campo di battaglia, le quali lo condurrebbero alla dea Freyja, la dea associata alla bellezza, all’amore e alla fertilità, in cui le donne hanno una certa importanza, come sottolineato dal bellissimo intervento di Liv Kristine nella struggente ballata “The Lay of Our Love”. Un ospite eccellente a cui dobbiamo aggiungere il brutalissimo George Kollias dei Nile alla batteria (in sostituzione del deficitario Kári Streymoy), il quale svolge il proprio compito con grande perizia e naturalezza. Un disco a cui non manca nulla praticamente, ottimi brani, ospiti di spessore, produzione adeguata, artwork curato, certo i Tyr dei capolavori non ci sono più, ma anche questa versione più “easy” ci piace moltissimo. Consigliato.



01. Blood of Heroes

02. Mare of My Night

03. Hell Hath No Fury

04. The Lay of Our Love

05. Nation

06. Another Fallen Brother

07. Grindavísan

08. Into the Sky

09. Fánar Burtur Brandaljóð

10. Lady of the Slain

11. Valkyrja

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