Klogr
Till You Decay

2012, Valery Records
Alternative Metal

Recensione di Eleonora Muzzi - Pubblicata in data: 07/03/12

Gli Stati Uniti non sono mai stati così vicini all'Italia, musicalmente parlando. Tutto, a partire dall'estetica dell'artwork, alla musica, fa pensare che questi Klogr (pronunciato Kay-Log-Are) siano americani. E invece sono nostri compatrioti. Certo, è evidente che le loro mire artistiche tendano più verso l'internazionalizzazione della propria musica piuttosto che ad un pubblico ristretto (e non sempre in grado di apprezzare quello che ha sotto casa) come quello italiano. Il progetto, nato pochi anni fa, prende il nome dalla legge di Weber-Fechner, datata 1860, il primo tentativo di studi di psicofisica (ovvero il rapporto tra stimolo e sensazione) mai effettuato al mondo. La relazione finale fu appunto la formula matematica da cui prende il nome la band (il log sta per logaritmo). Con delle premesse del genere, verrebbe spontaneo pensare di avere a che fare con un album complesso e particolare, impressione confermata dall'ascolto.

Till You Decay” è un debut album decisamente forte e incisivo, una perla per gli amanti del metal alternativo. Riesce ad essere melodico e aggressivo allo stesso tempo, grazie soprattutto alla perizia vocale del cantante e chitarrista, nonché mente della band, Gabriele Rustichelli, soprannominato Rusty. Abbiamo per le mani un totale di undici tracce il cui contenuto è piuttosto variegato: si passa da un heavy metal condito con influenze più o meno -core, come l'opener “Live Dying”, brano d'apertura praticamente perfetto, poiché presenta quasi tutte le caratteristiche del full length impacchettate in poco più di quattro minuti, a pezzi più articolati e complessi a mano a mano che la tracklist scorre nello stereo, ad esempio la sesta traccia “Self Loathing”, costituita da cambi tra voce pulita e scream, assoli, parti più cadenzate in contrasto con sfuriate chitarristiche subito dopo. Brani di una certa complessità quindi, quasi al limite del progressive senza però essere così magniloquenti o barocchi. La musica dei Klogr va dritta al punto, senza “discorsi” infarciti di paroloni che, alla lunga, vengono a noia.

Chi ha familiarità con i Vanden Plas forse sa cosa intendiamo. Oltre ad una certa somiglianza tra le due voci, c'è un certo feeling che quasi collega le due band, nonostante l'impatto sonoro funga da linea di confine. Entrambe le band scrivono musica non sempre facile (l'alternative metal non sempre viene apprezzato, perché subito si va a fare il collegamento con il concetto di “-core”, cosa non sempre vera) ma riescono ad ottenere un risultato equilibrato e, soprattutto, immediato per chi ascolta. Impresa non da poco. Un altro punto di forza è appunto la varietà delle composizioni, non solo dell'aspetto musicale della produzione. Accanto a musiche articolate ma dirette abbiamo dei testi molto particolari e interessanti, che trattano di vari aspetti della vita quotidiana, di filosofia e sociologia, quasi stessimo leggendo uno studio universitario di cultura contemporanea.

Per chiudere, si può dire che questa giovane band italiana mette sul mercato internazionale un debut album valido e convincente. Brani come “Naked Mind” e “Bleeding” da soli potrebbero valere l'ascolto del CD, se poi aggiungiamo la coppia in chiusura costituita da “Silted Memories” e “Young Graves” il valore aumenta esponenzialmente.

Con un piede in patria e uno negli USA, i Klogr raggiungono l'obiettivo: se le premesse sono queste, la loro carriera parte già sotto i migliori auspici. L'aver voluto puntare su un sound così americaneggiante ha permesso loro di guadagnare molti punti in fatto di successo internazionale: sarebbe pertanto meglio che tenessero la valigia sempre pronta per partire, non si può prevedere il momento in cui il successo bussa alla porta di casa.





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