Klogr
Keystone

2017, Zeta Factory / PHD
Metal

"Keystone", terza fatica dei Klogr, ha tanto da dire: un viaggio verso la vera comprensione di ciò che tiene insieme tutto l'equilibrio del mondo, la vera "chiave di volta".
Recensione di Marilena Ferranti - Pubblicata in data: 29/09/17

"Keystone" è il terzo lavoro dei Klogr in uscita il 6 ottobre per la band dell'italianissimo Gabriele Rustichelli, reduce da un tour impegnativo di supporto ai Prong, (celebre band californiana) e attualmente in tour coi The Rasmus.

 

 

"Sleeping Through The Seasons" viene introdotta da un delicatissimo carillon in maniera affascinante, e poi sfocia in un pezzo di grande impatto sonoro, rabbioso, per quanto non originalissimo. Se siete fan dei Limp Bizkit ritroverete molte atmofere familiari. Assolutamente degni di nota i momenti in cui la chitarra viene messa in primo piano.

 

 

"Prisoner Of Light" mette al centro la vocalità di Gabriele "Rusty" Rustichelli, con quella trama ruvida e cattiva che non manca di dare espressività ed intensità alle lyrics che sono molto interessanti per quanto il pezzo non faccia rizzare i peli sul braccio. Ed eccoci a "Technocracy", che decolla in verticale da subito come un come un aereo militare da una piattaforma: peccato per la scarsità di melodia in favore di una potenza di fuoco esagerata, "difetto" che si ripete in quasi tutte le tracks dell'album e fa in modo che le canzoni non rimangano in testa.

 

 

"The Echoes of Sin" ha un bellissimo groove, almeno nella parte iniziale, e un nonsochè di folk, forse il pezzo più interessante proprio per la riconoscibilità delle melodie e delle parti, e il bell'utilizzo delle dinamiche, cosa che negli altri brani viene penalizzato, forse per un eccesso di orpelli in fase di produzione?

 

 

"Pride Before The Fall" ha un notevole giro di basso ed ha un bellissimo spirito critico nelle lyrics ma il pezzo fa poca presa anche dopo il primo ascolto, eccezion fatta per il momento più "arioso" del brano, dopo il minuto 2:45, quando anche la voce sembra "ripulirsi" per far arrivare il messaggio del testo forte e chiaro.

 

 

"Something's In The Air" parte con messaggi registrati dai notiziari che denunciano il disastro ambientale del tempo in cui viviamo, tema molto caro alla band che sostiene da sempre l'organizzazione Sea Shepard. Pare che la band abbia usato un bravo bassista ma si sente raramente in tutti i pezzi tranne questo purtroppo.

 

 

"Drag You Back" ha un riff molto dritto e di nuovo si sentono echi di Linkin Park e Shinedown, mentre "Siren's Song" è il primo pezzo che cattura davvero la mia attenzione, forse perchè, di nuovo, la carenza di artificiosità e pomposità lascia godere l'ascoltatore di tutto ciò che contiene. Il mood più rilassato è un vero piacere a questo punto del disco.

 

 

"Silent Witness" e "Enigmatic Smile" hanno richiesto più di un ascolto e purtroppo senza alcun miglioramento sulle prime impressioni. Ciò che non convince in tutto l'album è la frettolosità con cui gli spunti davvero buoni sembrano essere stati semplicemente usati come perno per far girare il resto senza una vera e propria costruzione lenta e meticolosa di uno scheletro che preveda un intro, una strofa, un ritornello, uno special e così via. Insomma un disco del quale andrebbe rivista la successione delle tracks per dare più respiro e incuriosire l'ascoltatore, tolti molti inutili orpelli e lavorare sulla pronuncia inglese. Una menzione speciale per la produzione del signor David Bottrill - Stone Sour, Muse, Rush, Tool - e per i bellissimi messaggi di denuncia a favore del pianeta. 





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