Recensione a cura di Sergio Vinci
Grazie alla Lupus Lounge, il primo demo di questa formazione tedesca viene ristampato e giunge quindi a molti altri potenziali ascoltatori, che sicuramente gradiranno di poter far proprio un prodotto di indubbio valore, che andò esaurito sia nella sua prima versione, sia successivamente in quella autoprodotta in 500 copie limitate.
La maturità di questo disco, calcolando che si tratta della prima testimonianza in studio di questa band è piuttosto elevata, e le canzoni sono dei piccoli gioielli di pagan black metal furioso ed epico. Si inizia con una bella folata di gelo chiamata “Raune mit der Tiefe“, che segue una breve intro (“Der Fährtensucher”), e subito si capisce che siamo al cospetto di un gran lavoro, che strizza l’occhio a gente come primi Enslaved, Immortal, Isengard e Darkthrone, e in generale a tutta la scena norvegese dei primi anni Novanta. Questa infatti è la miscela che forgia il suono degli Helrunar in questa uscita, ma non per questo possiamo parlare di sound derivativo o stanco. Infatti la band quello che fa, lo fa in modo classico, prende il meglio da certi grandi nomi, ma lo valorizza con una professionalità e convinzione che è difficile trovare in band che stanno muovendo i primi passi nel mondo musicale. Come non sottolineare anche la splendida atmosfera e gli ottimi stacchi in mid-tempo che ammantano una canzone come “Ich bin die Leere”, o la malinconica furia di “Seelenwinter”, che presenta al suo interno grandissimi riff e una sezione ritmica che riesce a donare dinamicità, ma allo stesso tempo a sottolineare quei piccoli momenti di pausa che presagiscono le ennesime sfuriate di cui è colmo tutto questo album.
Continuare a citare altri episodi sarebbe inutile, data l’elevata caratura di ogni singolo episodio, ma mi preme ancora evidenziare la emotivamente straripante title-track, in grado di far venire la pelle d’oca grazie ad una combinazione quantomai riuscita di maestosità e riff tanto belli quanto taglienti.
Da menzionare anche la bella produzione che riesce a valorizzare tutti gli strumenti, discostandosi dai soliti canoni del black metal grazie ad una certa limpidezza e potenza.
Che dire, la Lupus Lunge riporta a galla un lavoro che sarebbe stato peccaminoso lasciare nel dimenticatoio e che si dimostra, nonostante la sua classicità, ancora attualissimo e decisamente valido. Assolutamente da riscoprire.