Non esistono molte band in grado fregiarsi di una discografia di buon livello, senza particolari crolli o passi falsi; è però altrettanto pacifico che gli Helrunar, nonostante abilità tecniche sopra la media, risultino ancora a secco di un vero e proprio masterpiece. L'ultimo lavoro in studio, "Niederkunfft" (2015), sembrava rappresentare un punto di svolta e un nuovo inizio nel processo creativo del duo tedesco, attraverso l'abbandono della componente pagan (invero sempre abbastanza tiepida e limitatat agli esordi) e una fusione più convinta di black metal e doom sulla scia dei primi Bethlehem.
In "Vanitas Vanitatum", titolo che cita un'ode del poeta secentesco Andreas Griphyus ispirata al famoso verso dell'"Ecclesiaste", Alsvartr e Skald Draugir decidono però di cambiare relativamente registro e mescolano le atmosfere gelide e old school di "Sól" (2011) a elementi che esulano dallo standard della nera fiamma, con l'obiettivo di snellire un sound sì colto e affascinante, ma non di rado di faticosa assimilazione. Le liriche affrontano il tema della vanità, ne indagano le cause psicologiche e sociali, mostrano come la rovina, il degradamento fisico, la morte rendano futile qualsiasi pretesa d'egotismo: la Bibbia, l'"Odissea", il "Simplicius Simplicissimus" ed eventi storici reali impreziosiscono la raffinata ossatura testuale del lotto.
Musicalmente il disco scava negli angoli bui della scena scandinava degli anni '90, attizzando le antenne della nostalgia: nondimeno, se nel mezzo di sezioni dark ambient e cupi monologhi spuntano echi di Burzum, Gorgoroth e Mayhem, il platter si rifiuta di adattarsi a una comoda categorizzazione. Certo, accordi aperti, tremolo e ritmi mid-tempo costituiscono una triade da onorare e la coppia non lesina i doverosi omaggi alla tradizione; tuttavia il medieval folk della title track, l'assolo heavy in "Da Brachen Aus Böse Blattern, Am Menschen Und Am Vieh", i riff hard rock di "In Eis Und Nacht", le chitarre acustiche e mediterranee di una "Blutmond" altrove segnata da un recitativo in clean davvero disturbante, conducono il full length ai confini dell'extreme metal. E mentre scendiamo da "Saturnus" per approdare nella terra dei "Lotophagoi", lo stile oscuro e macabro di "Nachzehrer" ghermisce le nostre sinapsi: finalmente la definizione di gotico trova la sua reale applicazione. Tra brandelli di carne disfatta e impulsi necrofili, il vampiro portatore della peste non smette di aggirarsi, in incognito, nel XXI secolo.
Il capolavoro tanto agognato dagli Helrunar resta un miraggio, eppure "Vanitas Vanitatum", assistito da una produzione al solito eccellente, ha il merito di costruire un paesaggio dai colori cupi e minacciosi: un crudo quadro vittoriano dipinto in Renania non può non annegare nel sangue della superbia.