Avatar
Avatar

2010, Gain Records
Death Metal

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 28/02/10

Gli Avatar (nome scomodo in questo periodo, non c’è che dire…) vengono da Goteborg, non sono ancora molto famosi dalle nostre parti e ci provano adesso a sfondare grazie a questo loro omonimo album, il terzo della loro carriera.

Vi dico subito che il death metal di cui si fanno autori questi ragazzi è assolutamente contaminato dalla melodia, ma se credete di avere a che fare con cloni dei concittadini In Flames o Dark Tranquillity vi sbagliate di grosso, visto che l’unica canzone riconducibile per atmosfera alla band di Stanne & soci è la conclusiva “Lullaby (Death All Over)”. Tutto il resto, invece… beh, è parecchio difficile catalogarlo.

C’è certamente un’attitudine orrorifica puramente hard rock che li fa sembrare dei Lordi decisamente sporchi (“Reload” – perché lo screamo di Johannes Eckerström non lascia scampo lungo tutto l’arco del cd), delle divagazioni power metal con refrain di chitarra molto convincenti e melodici ritornelli (l’incipit di “Queen Of Blades”, “Shattered Wings”), travolgenti riffoni nu metal che ti esplodono in faccia (“Out Of Our Minds” – capolavoro per chi scrive) e, dulcis in fundo, addirittura delle aperture al folk (il particolare arpeggio di chitarra e l’incalzante sezione ritmica su “Deeper Down”).
Ne volete ancora? Allora eccovi una natura punk inattesa che nasce su “Roadkill” ed esplode letteralmente nell’hardcore sfrenato di “Pigfucker” (un titolo, un perché), piuttosto che l’inserto gustoso di archi in “Revolution Of Two”.

E come funziona questo quadro sonoro così variegato nel suo insieme? D’altronde, con lavori di questo tipo la classica ed annosa questione è proprio la distinzione tra un pastiche privo di logica e di continuità, piuttosto che l’originale sferzata dell’estrema duttilità.
Fa piacere scrivere che, per quanto riguarda gli Avatar, è proprio dell’opzione numero due che stiamo parlando: la band si dimostra sempre all’altezza delle sfumature attraversate lungo le varie tracce che compongono questo cd, disco che risulta sempre, in qualche modo, godibile e fresco.

Se si dovesse muovere un appunto a questo lavoro, l’unica cosa che mi viene in mente è che sono troppo pochi gli episodi che spiccano realmente sopra agli altri, ma quando la qualità compositiva si assesta su un livello costantemente medio-alto come in questo album… beh, si tratta di un difetto del tutto marginale. La voce estrema, sporca e sgraziata di Johannes, poi, è un po’ un’arma a doppio taglio: io la trovo funzionale al lavoro, ma molti potrebbero vederla troppo slegata dal contesto melodico di fondo.
 
Ritengo comunque “Avatar” un titolo molto compatto, che può sicuramente piacere a parecchie persone, soprattutto quelle amanti delle sonorità heavy metal a 360 gradi.
I puristi dell’estremo se ne tengano comunque alla larga, poiché mancano forse troppi elementi per poterlo definire un album propriamente death metal.



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