AC/DC
Power Up

2020, Sony Music
Hard Rock

Gli AC/DC appongono la firma sul 17esimo album della loro incredibile carriera e il risultato è, ancora una volta, elettrizzante.
Recensione di SpazioRock - Pubblicata in data: 10/11/20

Articolo a cura di Giovanni Ausoni e Cristina Cannata 

 

La morte di Malcolm Young nel 2017, la sordità di Brian Johnson (sostituito durante le ultime date del Rock Or Bust World Tour da Axl Rose), le vicissitudini legali del drummer Phil Rudd, il buen retiro del bassista Cliff Williams: una vera e propria highway to hell quella imboccata dagli AC/DC, una band che sembrava destinata, anche per un fato piuttosto crudele, alla definitiva deriva artistica. Forse chiunque avrebbe chiuso baracca e burattini prima che fosse davvero troppo tardi, ma non Angus Young, capace di convincere un gruppo ormai appagato della propria carriera e pronto ad appendere gli strumenti al chiodo, a rimettersi al lavoro e realizzare un nuovo disco in omaggio al compianto fratello. D'altronde stiamo parlando degli AC/DC: 17 album in studio pubblicati, oltre 200 milioni di copie vendute nel mondo. Gli AC/DC, la band di "Highway To Hell", di Bon Scott, di "Back In Black", per la RIAA il secondo album più venduto di sempre. Gli AC/DC, idoli della giovinezza e dei tempi maturi, della ribellione e della saggezza, dei primi approcci e degli ascolti consapevoli. Insomma, tutti sanno che gli idoli non muoiono.

 

Galvanizzati da un encomiabile desiderio di concludere al meglio una carriera straordinaria, gli Aussie, con alla chitarra ritmica Stevie Young, licenziano un "Power Up", che, pur non fregiandosi, ovviamente, di un songwriting innovativo, all'ascolto suona comunque invitante, vispo, spensierato e libero da zavorre di qualsivoglia natura. Le tracce, figlie di vecchie idee partorite al tempo di "Black Ice" (2008), si attestano su velocità medie e coinvolgenti, vivono di melodia e sanguigno rock'n'roll, trasudano blues rotondo e conciso, spiluccano (non poco) da "Back In Black" (1980). Poco da dire, "Power Up" racchiude, come ci si aspettava, lo spirito degli AC/DC.

 

acdcpromo2020Photo credits: John Cheuse

 

Due, in particolare, i brani da ricordare: da un lato il classico anthem da stadio "Shot In The Dark", dall'altro la vertiginosa e diabolica "Demon Fire", costruita sulle falsa riga di "Whole Lotta Rosie". Anche il resto, però, lascia delle ottime impressioni e, malgrado in effetti manchino i classici pezzi traino, di certo non ci si annoia di fronte a una scaletta che bandisce, in piena tradizione AC/DC, il verboso e l'arzigogolato. Dalle corali e accattivanti "Realize" e "Rejection" alla stradaiola "Through The Mists Of Time", dal timbro southern di "Kick You When You're Are Down" alle dodici battute di "Wild Reputation", sino alle dinamiche elaborate di "Code Red": questo quintetto di veterani desidera ancora il proprio spazio sotto i riflettori, e riesce a prenderselo. Persino la prova di Johnson, nonostante i problemi uditivi, risulta interessante e decisamente dignitosa, mentre Angus, eterno scolaretto ribelle, macina riff e assoli con l'entusiasmo di un uomo che imbraccia la sei corde dopo un lungo periodo di astinenza.

 

Arrivare al diciassettesimo album in studio non è un'impresa alla portata di tutti. E, infatti, non tutti sono gli AC/DC, una band che ha composto inni e fatto cantare le masse, che ha entusiasmato ed emozionato. Magari qualcuno obietterà, non a torto, che the song remains the same, eppure gli AC/DC, dall'alto della loro storia, procedono senza tentennamenti e per la strada conosciuta, confezionando un "Power Up" contagioso, divertente, energico. Se di epitaffio si tratta, onore alle armi.





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