Amplifier
Echo Street

2013, Kscope Music
Space Rock

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 11/03/13

A due anni dal grande e meritato successo di “The Octopus”, gli Amplifer ritornano sul mercato con un album foriero di novità. Una nuova label, o meglio una label, vista l’autoproduzione del lavoro precedente, la sempre attenta Kscope, ambiente naturale per la musica dei mancuniani, ma soprattutto un rinnovamento profondo a livello sonoro.

Come per tutti i seguiti di album (nel caso di “The Octopus”, un doppio album) dal grande successo di pubblico e critica, i compiti si fanno sempre un po’ più difficili. Sel Balamir e compagni prendono di petto la situazione e fanno la cosa migliore in casi del genere, si distanziano dallo schema compositivo del grande successo e tracciano una nuova rotta. Benchè sia infatti semplicistico parlare di schema per un album variegato e complesso come “The Octupus”, è innegabile che “Echo Street” sia il classico full che non ti aspetti, che già dalle prime note avverte delle novità in serbo agli ascoltatori e chiarisce subito che gli Amplifier non ammettono repliche.

Un suono sostanzialmente spoagliato di ogni ruvidezza, ogni angolo aguzzo del quartetto viene smussato e levigato a dovere, la componente prog rock viene praticamente abbandonata per gettarsi a capofitto in una forma canzone estremamente languida e dilatata, abbandonandosi a suggestioni space rock, aperture psichedeliche e raffinatezze di chiara ispirazione floydiana. Le canzoni si fanno lunghe, molto semplici nella struttura e in tutte le componenti che si alternano col passare dei minuti, andando ad abbracciare un ampio spettro sonoro che spazia tra il pop e l’indie, senza mai lasciare tracce nette nei frequenti sconfinamenti di stili. Protagonista è la voce del frontman Sel Balamir, elemento che funge da legante e princiale attrazione del disco, protagonista ma sempre ben supportata da una produzione esemplare in grado di dare uguale importanza anche al commento sonoro, persino nei più piccoli particolari.

La visione d’insieme di “Echo Street” è certamente quella di un album che non passa inosservato, composto da musicisti intelligentissimi e preparati, capaci di creare atmosfere bellissime con pochissimi accorgimenti, quasi fosse stato fatto un processo di sottrazione per arrivare sino al nucleo centrale di ogni brano (ascoltare l’eterea title-track e non emozionarsi, significherebbe avere una sensibilità musicale pari a zero). Insieme a tutto questo dobbiamo però sottolineare che gli Amplifier probabilmente si sono lasciati scappare la mano in più di una occasione, vedi ad esempio “Extra Vehicular” o “Paris In The Spring”, brani tutt’altro che disprezzabili ma la cui lunghezza non pare giustificata da una ricchezza proporzionale di contenuti. Il risultato quindi a lungo andare tende a smorzare la tensione piuttosto che rinvigorirla, penalizzando eccessivamente la valutazione complessiva senza mostrare colpe evidenti. È il rischio che si corre quando si percorrono vie così sfumate e lisergiche, facilissimo perdersi (nell’accezione positiva del termine), ma altrettanto facile non riuscire più  a chiudere le fila, a rifinire il discorso e concludere, magari con un elegante colpo d’ala, quello che si è ascoltato per lunghi minuti, in attesa di qualcosa che in “Echio Street” arriva, ma non con la convinzione che ci si aspetterebbe da una band di tale spessore.

Certo, il nostro è più un lavoro di critica che l'ascoltatore medio potrebbe anche bypassare, “Echo Street” è un bel disco, che sicuramente vi terrà occupati diverse ore e che probabilmente in futuro, come suggerito dallo stesso Sel Balamir in sede d'intervista, verrà compreso appieno e preso come album di riferimento della band. Sel ha credito a sufficienza per essere preso sul serio, quindi ascoltiamo “Echo Street” con un pizzico di rammarico (ci si attende sempre il capolavoro che possa superare il precedente), ma con grande fiducia e piacere, perchè se già ora riesce comunque ad appagare orecchie e spirito, seppur con le lacune segnalate sopra, non potrà che migliorare (speriamo) con ulteriori ascolti dedicati. Rimane il fatto di essere al cospetto di una band che stacca di gran lunga la stragrande maggioranza dei colleghi.



01. Matmos

02. The Wheel

03. Extra Vehicular

04. Where The River Goes

05. Paris In The Spring

06. Between Today & Yesterday

07. Echo Street

08. Mary Rose

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