Do It Yourself. Fallo da solo, e raddoppia il ritmo. O triplicalo. Insomma, accelera quel dannato ritmo e dacci dentro. E poi travestiti di commerciale, divertiti, esagera. Abbi la fede di perseverare, sii folle con criterio e giudizio.
Il Rock è pieno di icone: personaggi inquietanti o glorificati, profeti di emozioni. Poi, nello stesso albero genealogico, figura il cuginetto Punk Rock: spettinato, con un beffardo sorriso tirato, e un giubbetto di pelle, moltiplicato per quattro. E qualche occhiale da sole. Insomma, i Ramones avevano capito tutto, bastava prendere i giri di chitarra dei Beatles e velocizzare il tutto. Fatta la musica, segnata un’era.
E siccome i Bad Religion sono ancora uno degli ultimi pilastri dello stile musicale più personalizzabile del Rock, ecco che quest’anno sotto l’albero, assieme alla solita discreta percentuale di plastica e illusione, ci sono anche queste “Christmas Songs”: una raccolta al limite del formato EP di brani natalizi, di differenti tradizioni popolari, recenti, stagionate ed antiche, chiaramente rieditate in apposita chiave stilistica. E non manca, in pieno valore americano, un sano tocco di ironia. Che ci sta. Ma il dubbio è assillante: cosa spinge la band di Greg Graffin a una riproposizione del genere, dopo 35 anni di onorata carriera attraverso cui è entrata nel circolo dei pionieri? Un lavoro da esordienti, eseguito da professionisti. Speriamo che sia accaduto per la voglia di rimanere dei beati immaturi, e non per gli impulsi del marketing, scaricati sulle spalle di musicisti dalla storia importante, cha avrebbero ancor molto da dare e da insegnare.
Perchè una presentazione così satura di enfasi, per un disco dallo spessore quasi nullo? Semplice: per protesta. La protesta superficiale che ha snaturato i valori di un genere nobile, nella sua rudezza, e cioè quello degli anni ’70, i cui vapori sono stati annusati anche dai membri dei Bad Religion. A pieni polmoni. Ogni periodo musicale, d’altra parte, è specchio della propria epoca storica.
Felice Natale.