Black Star Riders
All Hell Breaks Loose

2013, Nuclear Blast
Hard Rock

Un disco atteso da anni da tutti i fan dei Thin Lizzy che non delude le aspettative
Recensione di Marco Ferrari - Pubblicata in data: 16/05/13

Le ragioni per cui il debut album dei Black Star Riders non possa essere considerato un semplice disco per una band formata da poco è noto ed evidente. Anzi, l’attesa per quello che è sia nella forma che nella sostanza il nuovo album dei Thin Lizzy non è stata priva di attenzioni e di speranze.
 
Per raccontare "All Hell Breaks Loose" bisogna però riportare indietro le lancette dell’orologio, ovvero a quel 1984 in cui la parabola ascendente dei Thin Lizzy iniziò a incontrare problemi che sono poi divenuti drammatici nel giorno di Natale del 1985 quando Phil Lynott fu trovato morto nella sua abitazione. Di fatto, la prematura scomparsa del carismatico leader della band irlandese ha posto la parola fine alla discografia di una delle band che hanno fatto la storia del rock, ma non per questo fermando il desiderio dei membri superstiti di tornare on stage e omaggiare il loro compagno di mille avventure. Si arriva così nel 1996, anno che vede la reuinion della band che inizia, tra un cambio di line up e l’altro, una serie di tour di successo. Evidentemente le esperienze maturate in tour hanno mosso qualcosa nella mente di Scott Gorham che ha sentito la necessità di tornare a fare musica, farla sul serio, con nuovi brani da proporre ai fan e una line up che è la diretta conseguenza dell’attuale formazione dei Thin Lizzy. Nascono così i Black Star Riders nei quali Gorham porta con se il fidato e talentuoso Ricky Warwick alla voce e Marco Mendoza al basso.
 
Ascoltando  All Hell Breaks Loose la prima cosa che sorprende è l’altissima qualità dei brani ed uno spostamento del sound verso un rock più di matrice Americana rispetto a quelle che potevano essere le naturali aspettative. Nulla di strano però, la vena creativa in fase di songwriting da parte di Ricky Warwick è evidente, ma fortunatamente anche molto ispirata. L’opener, nonché titletrack, è forse il manifesto di questo aspetto e si presenta come un brano accattivamente e maledettamente hard rock che, anche grazie a un suono moderno ed un ottimo ritornello, si fa apprezzare anche ai primissimi ascolti. Ovviamente non mancano i rimandi al passato glorioso con brani come il singolo “Bound For Glory” (che rimanda decisamente all’epoca di “The Boys Are Back in Town”) o la stupenda “Kingdom Of The Lost” con le sue sfumature folk marcatamente irlandesi. L’album scorre veloce nel lettore senza particolari cali e, anzi, raggiunge il suo apice proprio nel finale con “Blues Ain’t Bad” brano che esalta oltre misura le doti di vocalist di Ricky Warwick nonché il sangue profondamente rock che scorre nelle vene dei Black Star Riders. Quella che molti si aspettavano come una mera operazione nostalgia si dimostra in realtà un band di primissimo livello che ci regala un album ricco, pieno di piacevoli sfumature, che strizza l’occhio al passato, ma che si adatta ai tempi e ci regala un’ora di grande Rock… quello vero.




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