Buckcherry
Warpaint

2019, Century Media
Rock

Recensione di Salvatore Dragone - Pubblicata in data: 17/03/19

Sono passati esattamente vent'anni da quando i Buckcherry piombarono sulle scene con il loro straripante album di debutto che, grazie a pezzi come "Lit Up" e "Dead Again", riportava alla carica la Los Angeles degli eccessi, delle feste e del sesso.
 

La creatura di Josh Todd, oggi unico membro rimasto di quella formazione, torna adesso con "Warpaint", ottavo disco in una carriera turbolenta, segnata dalla difficile convivenza con i compagni di una vita (sopratutto con Keith Nelson, chitarrista e cofondatore della band) e dal sogno infranto del tatuatissimo cantante 49enne, "sedotto e abbandonato" da Slash nel momento di fare sul serio coi Velvet Revolver.

 

Rifatta squadra col produttore Mike Plotnikoff, già al lavoro sul disco della rinascita "15", i Buckcherry sono entrati nei West Valley Recording Studios per dare vita ad un album che rispecchiasse la loro identità e che allo stesso tempo risultasse fresco nel sound. Se questi erano gli obiettivi, allora il gruppo americano ci è andato davvero molto vicino. Due i casi più esplicativi: da una parte la bomba in chiusura "The Devil's In The Details", dall'altra l'inaspettato omaggio ai Nine Inch Nails con "Head Like A Hole", uno scherzo che si è trasformato involontariamente in uno dei punti di forza dell'album.

 

Queste canzoni in particolare riflettono l'intenzione voluta di dare al classico rock 'n' roll un tiro più moderno ed efficace, in certi momenti anche al limite con l'heavy. Stesso discorso che potrebbe applicarsi benissimo a "Right Now", pezzo dal sapore a metà tra i Motley Crue e i già citati Velvet Revolver, o alla semiballad "The Vacuum". Ovviamente il cambiamento di cui si parla non è così profondo, anzi c'è tanto degli esordi sia nella title track che in "Bent", il primo singolo a uscire fuori nelle radio. Ma la continuità col passato si riflette sopratutto nello spirito dell'album, e non poteva spiegarlo meglio a parole lo steso Todd: "Voglio entrare in contatto con le persone, ospitare la festa e dare loro una notte che non dimenticheranno mai". Ecco perché i suoi testi sono sempre senza limiti ne freni inibitori, l'unica regola è vivere a pieno il presente.

 

Trovano spazio anche le immancabili ballad, ma sia "Radio Song" che "The Hunger", seppur godibili, non riescono a far scattare la scintilla. Più interessante invece il punk rock di "No Regrets" dove vengono chiamati in causa i Social Distortion.

 

Non ci sono dubbi quindi nell'affermare che "Warpaint" sia la migliore risposta sul futuro dei Buckcherry, che a quanto pare avranno anche le stesse cose da dire, ma ci riescono sempre con gusto e personalità. E scusate se è poco.





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