Articolo a cura di Matteo Alluzzi
Un disco di straordinaria freschezza, capace di rievocare suoni di decenni passati e di presentarli in un collage di estrema contemporaneità: questo è "Daddy's Home", il nuovo album in studio della vulcanica polistrumentista statunitense St. Vincent, all'anagrafe Annie Clark, che ne certifica, se ce ne fosse ancora bisogno, l'incredibile sensibilità musicale
Come spesso accade per l'artista, l'album viene approcciato in modo molto personale da St. Vincent, a partire dal titolo: "Daddy's Home" allude al reale ritorno a casa del padre, rimasto in galera per 10 anni a seguito di una truffa finanziaria, ma anche alla sua crescita personale avvenuta in questi anni lontana dalla sua figura paterna, durante i quali la Clark ha dovuto badare a se stessa. Oltre alle questioni strettamente familiari, St. Vincent affronta nei testi anche temi attuali come la visibilità delle donne nell'industria musicale o sulle difficoltà di vivere una vita dignitosa.
Il disco, prodotto insieme a Jack Antonoff, si apre con "Pay Your Way In Pain", singolo funk trainato da sintetizzatori elettrizzanti e condito dalla voce spavalda di Annie Clark. Lasciato alle spalle quello che è il pezzo più movimentato, l'album attenua i toni senza perdere in qualità, gettandosi in "Down And Out", un brano caratterizzato da leggeri richiami trip-hop, un ritornello etereo e dal primo incontro con il sitar suonato dalla stessa Clark, che spesso ritornerà nel corso dell'opera. A seguire, poi, la title track "Daddy's Home", "Live In The Dream", una ballad sognante dai richiami Floydiani, e "The Melting Of The Sun", canzone quasi cantautorale con un ritornello orecchiabile tenuto da ottimi cori.
A questo punto incontriamo il primo di tre interludi: "Humming", seguito da "The Laughing Man" e dalla trascinante "Down", in cui funk e sitar si incontrano con risultati piacevolmente sorprendenti. Dopo il secondo interludio l'album si avvia verso la conclusione con la dolce "Somebody Like Me", "My Baby Wants a Baby" e "At The Holiday Party", caratterizzate da una bellissima sezione di fiati, per chiudere il sipario con "Candy Darling", dedicata all'attrice transgender resa famosa da Andy Warhol, e con l'ultimo dei tre interludi.
Gli anni passano, la musica si trasforma e St. Vincent, forte di un talento straordinario e di una profonda conoscenza della materia, riesce sempre a stare al passo con i tempi senza risultare mai fuori posto. Tra sonorità settantiane e sperimentazioni, Annie Clark riesce a consegnarci un lavoro evocativo e raffinato, in cui ciò che più emerge è la capacità dell'artista di spaziare attraverso un panorama musicale di cui risulta sempre in assoluta padronanza.