Domine
Stormbringer Ruler

2001, Dragonheart/SPV
Power Metal

I Domine definiscono la propria personalità impugnando l'elsa della tradizione
Recensione di Marco Migliorelli - Pubblicata in data: 08/04/17

Gong! "The Legend of the Power Supreme". Come su una scacchiera, inizia un'altra partita. Col destino e col tempo. Due volti gemelli per una identità fatale, quella di Elric di Melniboné, l'eroe cupo generato dalla penna di Michael Moorcock: Domine! Suoi i tratti che in vent'anni e rotti la voce inconfondibile di Morby e le corde dei fratelli Paoli han scolpito in musica. Nel 2001 usciva "Stormbringer Ruler". L'album viene dopo il solido "Dragonlord" ma è "Champion Eternal", loro lavoro d'esordio, il porto dal quale prende congedo ogni possibile paragone. Già, perchè mentre gli anni '90 tramontavano, i cieli tinti dalle nostre letture giovanili, un'alba antica si tingeva degli arpeggi delle loro prime suite - "Chronicles of the Black Sword" e "The Champion Eternal" -, definendo una silente aspettativa e intagliando nel marmo un'interpretazione, un'immagine di Elric attorno alla quale ruoteranno tutta una serie di altri argomenti, sempre affini, prossimi, concettualmente ed emozionalmente al tema Moorcockiano principale.

 

"Stormbringer Ruler" ancora dopo 16 anni, attinge con vigore e fedeltà cavalleresca a questo paesaggio. "The Hurricane Master" apre d'impatto e carica frontalmente nel centro dell'ascolto. Non è un brano fatto per pensare: lo scopo è quello di abbrancare, letteralmente l'ascolto e scagliarlo nel mezzo di una tempesta emotiva. Subito concreti i suoni, cristallini ma corposi. Il drumming pesante reso alato dalle chitarre di Enrico Paoli. La linea dell'orizzonte tracciata dal basso di Riccardo mentre la voce di Morby, a Mach 3, sovrasta il fragore della carica:

 

"Now there's no tomorrow
Like a storm made of steel I strike
For I am the avenger, predator of lies
And I let the angry north wind rise"

 

Tuttavia caricare al centro è un azzardo se non si pensa anche alle ali; ed è con la melodia e l'arpeggio che i Domine lavorano sui fianchi dell'ascolto. Varietà nella compatezza. Sul piano musicale ma anche tematico. Non possiamo parlare di concept album nel caso dei lavori dei Domine; quella di Elric è una storia che si dipana per episodi lungo tutti i loro lavori (escluso il bellissimo "Ancient Spirit Rising", la cui cover, significativa, è un saluto nobile all'eroe di una carriera... ma non alla carriera stessa!); una traccia che tiene legata tutta la loro discografia, lasciando la libertà, interna a ogni album, di visitare altri mondi.

 

"True Leader of Men" è infatti un omaggio a "Dune", modellato fra la lettura di Herbert e la visione filmica, degna di un'epoca, firmata David Lynch. Con un epico "Long live the Freemen warriors!" inizia invece "The Ride of the Valkyries" a trattare il noto tema norreno (omaggio Wagneriano duro e puro compreso nel pacchetto), offrendo nell'insieme un brano molto più sfaccettato ed ispirato del precedente, merito sin dal principio di un attacco strofico annichilente e luminoso; apre la voce di Morby, vasta come il Mattino: "Oh Warfather on high, / I am calling you from the battlefield..." eccola la melodia che lavora sui fianchi e ammorbidisce i toni, senza perdere mordente e preparando il terreno a più familiari arpeggi. "The Bearer of the Black Sword" attacca con quel minareto di chitarra acustica e voce che nell'esordio del '97 aveva fatto le prime, indelebili fortune della formazione toscana.

 

Ogni album dei Domine segue una tattica precisa, la quale non si esaurisce, unicamente, nella carica potente di brani come "The Hurricane Master", qui o, per citarne di non dissimili ma ugualmente ispirati, "The Messenger" (dal loro ultimo lavoro, perduto nel remoto 2007). A brani come "For Evermore" (un omaggio agli amati Queen ed alla voce di Freddie Mercury) e "Dawn of a New Day", spetta quindi il compito di accerchiare e avviluppare al contempo. Termina infatti il fraseggio fra la chitarra di Paoli e le tastiere di Iacono: "The fall of the Spiral Tower". Scolora il sole del potere supremo, simboleggiato, come tradizione vuole, da una Torre invitta la cui sfida è l'altezza sul bordo della quale vacilla ogni anima. Una nota di pianoforte muta i toni del paesaggio e la voce di Morby, calda e profonda, spira dietro le quinte dello scenario eroico. Un cantore saggio? Un protagonista sconfitto? tutti e due. "For Evermore" è il canto del pensiero che filtra il maglio di ogni nostra azione. Come una spada, la voce di Morby passa da parte a parte; e mentre la chitarra indora il brano con sonorità regali, devotamente ispirate a Brian May, padre Tempo si riappropria della nostra attenzione e chiude in una nota di malinconia il brano. Il pianoforte apre e chiude un pezzo intenso, il volto fragile e schietto di chi fra heavy e power ha cercato, dai primi '80, una investitura della propria personalità, ottenendola.
Scacco matto.

 

Lasciando i campi di battaglia per più tenui cromatismi, diremo che anche "Stormbringer Ruler", è un album che si muove per gradazioni di colore (cover e booklet sono un buon suggerimento...), mai con salti vistosi e cambi spiazzanti. "Dawn of a New Day" segue un copione scritto con passione e dinamizza le note appena stinte del pianoforte in una lunga ballata. Per chi vive un destino tragico, come Elric, la dolcezza è una forma di catarsi del dolore, come se anche nello spezzarsi risiedesse un quid di stentorea, massiccia forza, e presenza. Un qualcosa che il drumming fedele di Bonini ribadisce con marziale solennità a metà brano. Anche in questo caso il testo della canzone è diretto, semplice, conciso, e spetta alla singolarità di chi ascolta, caricarlo di più sfaccettati significati.

 

I Domine sono e restano questo, anche a 10 anni esatti dalla loro ultima prova di studio: una formazione che ha puntato sulla personalità e la fermezza prima ancora che sull'innovazione e la contaminazione dei generi. Stormbringer Ruler è un coraggioso fratello minore dell'allora recente "Champion Eternal", più compatto e omogeneo, privo di veri cali e con alcuni brani ispirati quanto basta a far sì che la loro aura emotiva possa illuminare anche quei passaggi più spregiudicatamente devoti alla "manierismo" del genere brandito dalla band toscana.

 

Giudicarli come "il solito vecchio heavy-power" è un errore fatale, e non perchè questo non sia vero anzi, nell'affermazione di genere è proprio la chiave di accesso alla loro musica, secondo l'opinione di chi scrive: i Domine definiscono la propria personalità impugnando l'elsa della tradizione. Un credo che vive nella passione dei due affiatati fratelli Paoli tanto quanto nella preziosa, insostituibile e mai abbastanza apprezzata voce di Morby, la cui presenza è già di per se stessa, spesso, indice di qualità e trasporto di una canzone; (i Domine senza Morby sarebbero come i Blind Guardian senza Hansi Kürsch). Un credo per cui, nella tradizione musicale dell'epic metal, nella sua più alta accezione, fosse possibile trovare una propria ferma identità, dialogando apertamente e senza compromessi con essa, là dove necessario. Ecco cosa sono i Domine ancora oggi, un gruppo solido, roccioso, concreto, votato integralmente ad un corpus musicale e letterario tragicamente e luminosamente figlio dei propri tempi.

 

"In the dawn of a new day
I will meet you again
"

 

Ed è così che li riconosceremo.
Per la via.
Sempre.





1. The Legend of the Power Supreme
2. The Hurricane Master
3. Horn of Fate (The Chronicles of the Black Sword - The End of an Era Part 2)
4. The Ride of the Valkyries
5. True Leader of Men
6. The Bearer of the Black Sword (The Chronicles of the Black Sword - The End of an Era Part 1)
7. The Fall of the Spiral Tower
8. For Evermore (The Chronicles of the Black Sword - The End of an Era Part 3)
9. Dawn of a New Day - A Celtic Requiem (The Chronicles of the Black Sword - The End of an Era Part 4)

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