Don Airey
Keyed Up

2014, Mascot Records
Rock

Recensione di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 20/01/14

Sotto certi aspetti, la vita di un musicista non è diversa da quella di un lavoratore qualsiasi. Se per i comuni mortali con il weekend alle porte, sorge spontaneo il desiderio di staccare la spina, allo stesso modo per il musicista, nel momento in cui si spengono i riflettori e le tournèe giungono al termine, il disco solista rappresenta il più classico dei “ritorni a casa”. L’occasione per rifugiarsi con i vecchi amici, in quei luoghi che li hanno visti crescere e che sono stati decisivi per la crescita umana e professionale. Una tradizione cui persino il grandissimo Don Airey non può sottrarsi. Classe 1948, studente di musica sin da giovanissimo, Airey ha messo la firma sui alcune pietre miliari dell’hard rock targato 80s. Per elencare tutte le sue partecipazioni non basterebbe una pagina di Wikipedia ma nonostante questo, spinto forse dall’importanza crescente assunta nei Deep Purple (di cui il recente “Now What?!” costituisce una fedele rappresentazione), Airey decide di ripercorrere con “Keyed Up” i sentieri a lui più cari e lo fa con gli elementi che da sempre caratterizzano il suo stile, ossia la tecnica, l’eclettismo e un ampio background stilistico.

Keyed Up” è un excursus nel vissuto musicale di un musicista dal talento unico, spesso relegato dal grande pubblico al ruolo di seconda linea. Nel diario di Airey c’è traccia di tutte le sue vecchie passioni, la classica, il blues che rivive nella toccante “Clare D’Loon”, il consueto hard rock che prende la via di imprevedibili jam session (“Beat The Reatreat”). A queste si aggiungono brani interessanti come l’opener “3 In The Morning”, che non dispiacerebbe affatto agli Uriah Heep, oppure la bizzarra “Flight Of Inspiration”. La nuova versione di “Difficult To Cure”, la famosa rilettura della nona di Beethoven presente sull’omonimo disco dei Rainbow, giunge abbastanza inattesa ma non finisce di stupire ancora a distanza di trent’anni. Con i primi amori c’è spazio anche per i vecchi amici: “Mini Suite” e “Adagio” tramandano ai posteri la storica amicizia con Gary Moore e vedono il chitarrista irlandese nella sua ultima registrazione ufficiale. La prima traccia non è altro che una jam session ad uso e consumo dell’ascoltatore per via delle numerose citazioni (fra cui “Black Rose” dei Thin Lizzy); “Adagio” è invece la rilettura del celebre adagio in sol minore, noto anche come “Adagio di Albinoni”, una melodia utilizzata negli anni per le funzioni funebri di talune celebrità, e che sulle note della chitarra di Gary Moore assume un sapore del tutto particolare, per ovvi motivi.

Don Airey fa parte di quella generazione di musicisti, pochi ormai, capace di rendere interessante anche un disco concepito senza apparenti pretese; la naturalezza e la classe che contraddistinguono “Keyed Up” rendono superflua qualsiasi considerazione, se non quella di avere ancora una volta fra le mani l’espressione di un talento irripetibile.




01. 3 In The Morning

02. Beat The Retreat

03. Blue Rondo A La Turk

04. Solomon’s Song

05. Claire D’Loon

06. Flight Of Inspiration

07. Inside

08. The Godbox

09. Difficult To Cure 2013

10. Mini Suite

      a) Lament/Jig

      b) Restless Spirit

      c) What Went Wrong

11. Adagio

12. Grace

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