High On Fire
Electric Messiah

2018, eOne
Stoner/Sludge

Recensione di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 16/10/18

Il ritorno improvviso e in grande stile degli Sleep sembrava aver saziato il pachidermico appetito di Matt Pike: evidentemente, però, l'enorme bolla psichedelica scaturita da "The Science" non è bastata allo scopo, accrescendo anzi il desiderio del chitarrista e cantante di Southfield di resuscitare il lato maggiormente ruvido della sua pennata. Con un titolo teso a omaggiare il padrino spirituale degli High On Fire, ovvero Lemmy Kilmister, "Electric Messiah" costituisce l'ottavo parto della band statunitense: alla pari dei lavori anteriori, il nuovo album del terzetto, prodotto ancora una volta da Kurt Ballou dei Converge, non lesina inabissamenti nel più abietto e avariato stoner/sludge oggigiorno in circolazione. Tuttavia, se la prima sezione del lotto si rivela brillante e dinamica, la seconda soffre di una certa monotonia dovuta soprattutto alle scarse e quasi inesistenti variazioni sul tema: gli sprazzi melodici accennati in "Luminiferous" (2015) vengono accantonati e mai come in questo caso la scelta conservativa, appare, forse, colpevolmente immotivata. Ciò non toglie che le arcane linee vocali del leader, modellate da litri di whiskey di pessima qualità, e liriche ai confini dell'umana comprensione logica, conferiscano al lavoro la necessaria e seducente patina alcolico-criptica.
 
Il disco parte con la ritmica indiavolata à la Motörhead di "Spewn Of The Earth": forsennato e impetuoso, il brano si rivela una vera e propria cannonata di fango che, malgrado si avvicini (e non poco) alle raffiche lascive di "Devilution", risulta oltremodo efficace nella capacità di inzaccherare qualsiasi superficie calpestabile. La doppietta sumerica "Steps Of The Ziggurat/House Of Enlil", intanto, gongola perversa tra l'ipnotico e il marziale, creando un ponte tematico con la teologia alternativa di "De Vermiis Mysteriis" (2012): mentre due fratelli lottano per il potere sotto gli occhi di Iside, il plettro affoga nelle corde brulicanti di rettiliani, l'insieme assume un aspetto vischioso, gocciolano liquami nauseabondi, eppure una serie di inserti atmosferici dona al pezzo un incedere processionale degno di mesopotamiche farneticazioni cultuali. 

E laddove la title track richiama filologicamente il grezzo rock'n'roll dell'opener, le allucinazioni tribali di "Sanctioned Annihilation" e il cocktail di dissonanze in "God Of The Godless" sguazzano in un canonico heavy doom sabbathiano come cefali affamati in un mare di petrolio. Brutali, ma chiassose, "Pallid Mask" e "The Witch And The Christ" rappresentano invece i punti deboli del platter: tocca alla gelatina thrasheggiante di "Freebooter" e al southern adiposo e onirico di "Drowning Dog" riaccendere parzialmente l'interruttore. 

"Electric Messiah" dunque non smentisce nulla del credo secolare degli High On Fire: pretendere dai nostri, dopo vent'anni di attività, grosse modifiche significherebbe snaturare un marchio divenuto fortemente iconico e riconoscibile dal primo riff. Del resto suonare inumati sotto quintali di terra umida ingolosirebbe chiunque.




01. Spewn From The Earth
02. Steps Of The Ziggurat/House Of Enlil
03. Electric Messiah
04. Sanctioned Annihilation
05. The Pallid Mask
06. God Of The Godless
07. Freebooter
08. The Witch And The Christ
09. Drowning Dog

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