Jeff Buckley
Grace

1994, Columbia
Rock

Si tratta di uno di quei casi unici in cui l'umanità assume almeno un senso, oppure se ne sta in disparte ad ascoltare. Ad assumere.
Recensione di Francesco De Sandre - Pubblicata in data: 28/05/15

"My fading voice sings of love,
But she cries to the clicking of time".


C'è un momento in cui i colori girano e diventano luce. In cui ci si risveglia dal viaggio nella dimensione dell'insensibilità, da cui si esce più ricchi che mai. In cui il malvagio è compassionevole e il buono è malignamente attratto dalla devozione davanti a sé. C'è un momento confezionato dall'ignoto per alzare lo sguardo e volgerlo verso la voragine del cambiamento, poco prima quasi impercettibile.


Quel momento, con grazia, trapassa il cuore di Grace.


"Must I dream and always see your face?"


Una vita composta di attesa. Tante piccole attese susseguenti. Osservazione, identificazione, semplicità, la stessa che risiede in un sospiro, un'occhiata al pubblico dopo dieci minuti di buio ed arpeggi, un sorriso. Nel suonare Grunge con una Telecaster, nel nuotare in un fiume. Nello scrivere, nel raccontare, nello scrivere di aver raccontato e nel raccontare di aver scritto di aver raccontato. Nel prolungare nell'etere il lato sensuale della quotidianità che opprime. Nello scindere il reale dal sogno, nel fondere il Soul con la spiritualità della natura. Lasciando bruciare solo l'anima.


"Wait in the fire".


Senza sbaglio non c'è crescita, non c'è conoscenza. Non c'è addirittura speranza. Non c'è la voglia di cercare la verità, la soluzione.

 

La pace. L'amore. La vita. La felicità.


Un errore fu pensare che, nonostante l'educazione e la tenace crescita in ambiente sonoro svincolato e agilmente infiammabile, l'autore di tale opera ripercorresse fedelmente le orme del padre.


Il risultato di quell'errore è la franca e prorompente inimitabilità di una voce versatile, tagliente e fiabesca.


Un errore fu oltraggiare la purezza in persona alludendo alla sua fine come prodotto letale dell'alterazione della sostanza esterna.


Il risultato di quell'errore sorride in cielo nella costellazione della verità.


Un errore fu pretendere di dare un seguito all'impatto, all'arrendevole supremazia dell'attitudine del principio.


Il risultato di quell'errore è il mito che si fa largo tra le nuvole per far spazio alla luce della luna.


Un errore fu inserire una melanconica e alienante cover, seppur già consegnata alla storia su un piatto di devozione, seppur meravigliosa, in una compilation in vendita allegata ad un giornale musicale di scarsa validità artistica.


Il risultato di quell'errore è questo articolo.





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