Joe Bonamassa
Blues Of Desperation

2016, J&R Adventures
Blues Rock

"Blues Of Desperation", il dodicesimo album in studio per Bonamassa, è figlio della continua ricerca dell'eccellenza, della voglia di offrire ai fan lavori sempre diversi ed articolati.
Recensione di Sergio Mancuso - Pubblicata in data: 06/06/16

Il chitarrista e il suo produttore di fiducia Kevin Shirley si sono recati a Nashville e hanno prodotto l'album in soli cinque giorni. Sono bastati cinque giorni di maniacale attenzione al dettaglio per creare uno dei migliori lavori del talentuoso musicista statunitense. La prima cosa che si nota ascoltando l'album è un Joe sempre più a suo agio con le armonie vocali, frutto questo di un duro lavoro di miglioramento affrontato negli anni.

 


"Non puoi ritenerti un vero bluesman se non sai imitare l'andare del treno", si diceva una volta e così Bonamassa inserisce "This Train" come canzone d'apertura: un potente rock blues in cui entrambe le chitarre sono suonate da lui. Ad accompagnarle c'è il piano di Reese Wynans(ex Double Trouble, la band di Stevie Ray Vaughan) che detta un rimo indiavolato: il treno di Bonamassa fila veloce intenzionato a non fermarsi per nessun motivo! Non contento di questo sfolgorante inizio e volendo a tutti costi uscire dalla propria comfort-zone l'artista ha eretto, intorno alle solide fondamenta rock blues del suo sound, pareti con sonorità jazz, country, orchestrali e si è avvalso di molti esperimenti per rendere ogni canzone un prodotto unico ed inimitabile. La title track è di certo la canzone più sperimentale dell'intero album: possiede un riff di chitarra potente ed incisivo che si accorda alle sonorità languide di un sitar in sottofondo. "Mountain Climbing" - che ci riporta in mente sonorità zeppeliane- utilizza l'escamotage della doppia batteria per rendere il suono ancora più avvolgente, profondo e grintoso. Non potevano certo mancare canzoni rock blues come "Living Easy": un bel pezzo blues/jazz in cui il piano di Reese Wynans la fa da padrone insieme con la mai banale chitarra di Joe, "Drive" il cui suono è più intimo e malinconico o "You Left Me Nothing But The Bill And The Blues" che si presenta come un pezzo elegante nella propria ritmata classicità, Bonamassa doma splendidamente l'energia della propria chitarra per buona parte della canzone salvo poi scatenarne tutta la sua potenza verso la fine. Bisogna assolutamente citare, tra le perle rock blues, "Distant Lonesome Train" che si distingue per un solo strappalacrime e le influenze western già avvertite in Dust Bowl; se non ci fosse "No Good Place For Lonely" si meriterebbe il podio di canzone più struggente dell'album che invece va proprio a quest'ultima. "No Good Place For Lonely" ha un andamento shuffle che penetra fin nelle ossa e contribuisce, insieme all'arrangiamento orchestrale e a un grande assolo, a trasportare l'ascoltatore in un luogo deserto e duro: è probabilmente la canzone che meglio rispecchia lo stato d'animo espresso dal titolo dell'album ma, grazie allo splendido e accurato lavoro di produzione non si ha il tempo di lasciarsi scivolare nella malinconia perché subito si viene travolti dall'allegria acustica di "The Valley Runs Low". Non è un caso che il brano più scanzonato dell'intero album venga messo in coda alle due più struggenti e malinconiche.

 


"What I've Know For a Very Long Time", la canzone di chiusura, è un lento blues che ci riporta alle vere radici, alle fondamenta del sound marchiato Joe Bonamassa.
Per finire, "Blues Of Desperation" è un album - uno dei più riusciti della strepitosa carriera dell'artista - che non può mancare all'interno della collezione di ogni appassionato.





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