L'album è caratterizzato da ritmi pacati ma incalzanti, una solida struttura sostenuta da linee di chitarra tanto essenziali quanto gradevoli e dalla voce ricca e melodica del vocalist Love Andersson, senza dimenticare quel tocco di elettronica portata appunto dalle influenze new wave che rende il disco speziato se così si può dire.
Benchè i Port Noir non offrano effettivamente nulla di nuovo che non sia già stato fatto negli ultimi quindici anni - a tratti somigliano ad una band assimilabile ai Lacuna Coil con voce solo maschile - c'è della sostanza in "Any Way The Wind Carries", soprattutto nella seconda parte introdotta da "Diamond", probabilmente il pezzo più ricco e articolato - nonchè veloce - dell'intero disco.
Se la prima metà è più "povera" non tanto di contenuti ma di piccoli accenti e guizzi che innalzino il materiale, la seconda parte del disco gronda particolari che lo rendono estremamente interessante anche se non eccezionale, sia per gli amanti delle sperimentazioni che per chi invece preferisce i singoli generi. In questo caso l'equilibrio è quasi perfetto, non è che il versante nu prenda il sopravvento sulla componente gothic o la new wave spicchi come il proverbiale elefante nella stanza a star lì a creare più caos che altro. I Port Noir hanno mescolato le componenti base della propria proposta musicale senza che nessuna di esse prendesse il sopravvento sull'altra, il che crea un piacevolissimo miscuglio in cui le influenze si sentono senza però essere eccessivamente evidenti.
Pur non avendo presentato un album perfetto, di fatto "Any Way The Wind Carries" non porta nulla di nuovo ma quel che propone è di buona qualità e piacevole da ascoltare anche più di una volta in fila, il mood si adatta sia a momenti più tranquilli che a situazioni più marcate dall'ansia o dal malumore, con la giusta dose di melancolia. Non eccelso, niente di incisivo, ma molto equilibrato. E se poi fuori è una giornata uggiosa, ancora meglio, la pioggia si sposa a meraviglia con questo album.