Ace Frehley
Spaceman

2018, eOne/SPV Records
Hard Rock

L'Uomo dello Spazio continua a sfrecciare alto con la sua nona scintillante release
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 18/10/18

Ecco un paio di cosine che probabilmente, se state scorrendo queste note, già sapete su mr. Ace Frehley:
1) Certo: è chitarrista e cofondatore dei Kiss (accadde nel 1973), probabilmente la più grande glam rock act della storia; 2) ne è stato il membro più musicalmente competente, più misterioso, più fascinoso, dunque più fortunato con le donne, donde l'epiteto "ace"; 3) quando i Kiss erano così schifosamente famosi da permettersi di pubblicare contemporaneamente quattro album solisti intitolandoli coi loro nomi, il suo è l'unico che ascoltato oggi regga egregiamente l'urto dei decenni; insomma, 4) tra i Kiss il più fico è sempre stato lui: chiedete a Tom Morello (RATM) o, magari, ad Abbath degli Immortal e saranno concordi con noi sul giudizio.


Quello che forse ignorate è che: 1) in passato, Ace ha avuto seri problemi con l'alcol, ma oggi non più; anzi ha festeggiato a settembre i suoi primi 12 anni da sobrio; 2) per altro, dal 2002 non fa più parte dei Kiss e forse l'alcolismo avrà avuto un certo peso nella cosa, sicchè lo "spaceman" che si esibisce sul palco con loro oggi sembra, ma non è, Ace; 3) la prima volta che abbandonò i Kiss - tra il 1983 e il 1996 - mise su la migliore carriera solista tra quelle di ogni altro membro, attuale o precedente; 4) "Spaceman" è il suo nono album, il terzo negli ultimi quattro anni, e se non è migliore certo eguaglia "Anomaly" e "Space Invader", tutti lavori dignitosi e - almeno nelle intenzioni - vicini allo spirito, alla carica, all'ispirazione di "Ace Frehley" del 1978.

 

In "Spaceman" Ace suona tutte le chitarre, non affidandosi - come accadde in passato - a passerelle di ospiti illustri o a prezzolati virtuosi; non solo, ma anche quasi tutte le linee di basso sono sue; intorno a lui Anton Fig, Scot Coogan e Matt Starr, vecchi amici e collaboratori, si avvicendano alle pelli. Sembra lampante, anche dal titolo autocelebrativo e dalla linea narrativa biografica che sembra percorrere le tracce (per non parlare della cover...) , come mr. Frehley tenga molto a questo lavoro, quasi intendesse con esso offrire un provvisorio bilancio di carriera.


"Bronx Boy" ci racconta il suo passato in una streetgang di delinquenti irlandesi, prima del successo coi Kiss; "Pursuit of Rock and Roll" almanacca tutti i rocker con cui Ace ha debiti artistici, da Little Richard agli Stones, mentre "I Wanna Go Back" è l'unico brano non originale, cover di Eddie Money che - a giudizio di Space Ace - parla proprio di lui; c'è "Rockin' With The Boys" che richiama neppure troppo alla lontana le liriche di "Beth" dei Kiss. Ci sono, dicevamo sopra, solo due brani in cui Ace lascia il basso al vecchio sodale Gene Simmons, che ne è anche coautore: "Without You I'm Nothing" e "Your Wish Is My Command". Sua anche l'idea di intitolare così l'album, naturalmente inciso agli studi di Ace: il Rancho Santa Fe, in California. Segno, per altro, che i dissidi tra i vecchi amici e compagni di strada sono per appianarsi.


Non è il caso, che conosciate o non conosciate mr. Frehley, di pretendere da lui nulla più di quello che ha sempre fatto bene, ed è già molto se paragonato alla per lo più deludente scena attuale di gran rispolvero dell'hard rock classic; tolte poche meteore, tra cui gli ottimi Monster Truck, i tirannosauri del glam pare abbiano ben più di che incantare le platee.
È solo rock 'n' roll, bellezza. Ma quanto, quanto ci piace.





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