Susanne Sundfør
The Silicone Veil

2012, Sonnett Records
Indie/Elettronica

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 24/04/13

Susanne Sundfør è la classica materia da esterofilia critica che ci porta a considerare, per l'ennesima volta, l'Italia come una sorta di terzo mondo musicale. Non solo perché le sedi nostrane di EMI non si sognano minimamente di portare questo delizioso fenomeno pop scoperto dai colleghi norvegesi (no, meglio i Bastille, vero?) sui nostri lidi, ma anche perché ci fa vedere come gli artisti maturano assai diversamente fuori dalla nostra Penisola, soprattutto quando sono messi di fronte ad un pubblico più ricettivo e stimolante del livello base del nostro. Classe 1986, partita con un folk pop acustico e zuccheroso (l'equivalente norvegese dell'italico "melodico sanremese straccia-mutande") nel doppio esordio "Susanne Sundfør" e la sua versione aggiornata e corretta "Take One", già con lo scorso "The Brothel" la nostra ha dimostrato una spiccata vena tormenta ed elettronica. Da noi anche una certa Elisa Toffoli ha fatto lo stesso, salvo che la Nostra a momenti oggi si scusa della parentesi (assai sfiziosa ed interessante) di "Asile's World", mentre Susanne, con "The Silicone Veil", porta a perfetto compimento la ricetta di sregolatezza e devastazione iniziata tre anni or sono.

Il passo avanti fatto registrare dal disco, difatti, risiede nella maggiore compattezza rispetto all'episodio precedente, una sorta di vellutata scorrevolezza acquisita anche grazie all'orchestra. Vero, c'è tantissima "roba" a circondare la musica della Sundfør, non ultimo uno sfizioso senso di tormentato dolore che - sebbene non abbiamo ancora capito se Susan ci è o ci fa, per cui tutto non suona esattamente autentico come nella PJ Harvey del passato o nella Soap&Skin del presente - se non altro ci porta ad affascinanti video dove non ci viene risparmiato nulla, dall'aborto sanguinolento all'estrema chirurgia plastica che ti porta, letteralmente, verso l'alienazione. A parte questo, quell'incredibile senso di volo libero che la voce della nostra riesce a scatenare, su arditissime ed irregolari tonalità, ed una musica perennemente in bilico, eppure sempre lucida nel far capire lo stato d'animo della cantautrice, sia che si tratti di una rassegnata minaccia (il capolavoro "White Foxes"), che di una implorante preghiera (la magistrale intensità della titletrack): tutto trova posto nel disco della Sundfør, anche un intermezzo sinfonico ("Meditations In An Emergency") che solo nella parte finale del disco riesce a trovare sfogo tra le tessiture elettroniche della Nostra. Trame ricamate con cura ed estro, con dei colori - è bene ribadirlo fermamente - che non richiamano affatto la madrina Björk, ma creano qualcosa di unico e fresco (e non è un caso che Susanne sia stata recentemente chiamata dagli M83 a prestare la voce nel main theme del film "Oblivion" con Tom Cruise).

Certo, come tutti i dischi di eterogeneo spessore, dipanare questo "The Silicone Veil" non è affatto semplice, anzi: facile che, soprattutto agli inizi, il senso di eccessivo straniamento possa avere la meglio su di voi. Ma non temete: complice il fascino della voce di Susanne ed il saggio dosaggio di autentiche perle (oltre ai due singoli, doveroso citare la rilettura norvegese ed estremamente uterina dell'eleganza dei nostrani Matia Bazar su "Rome") in scaletta, alla fine conserverete a lungo nel cuore la musica di un'artista che, se continua su queste coordinate, è sicuramente destinata a farsi ricordare nel tempo. 




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