The Beatles
Yellow Submarine

1969, Apple
Rock

Recensione di Costanza Colombo - Pubblicata in data: 08/06/17

«Paul: Do you ever get the feeling?
 John: Yeah.
 Paul: That things aren't as rosy as they appear to be under the surface?
»

[dal film "Yellow Submarine", 1968]

 

Corre il 1969 in quel di Pepperland, beato reame cartoonesco plasmato a immagine e somiglianza del lisergico fondale dell'immaginazione beatlesiana. Non vi è infatti altro angolo d'universo dove i 'cellophane flowers' possano lussureggiare tanto variopinti se non sotto quei 'marmalade skies' già acquerellati nell'episodio più acido di "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band". Basta una sbirciata alle grafiche create per il film "Yellow Submarine", di cui l'omonimo album è colonna sonora, per rendersi conto che scale cromatiche e forme sono state accostate con la medesima vivace follia con cui è stato confezionato il testo di "Lucy In The Sky With Diamonds".

 

Se la gialla prua del sottomarino più noto della galassia è approdata sulle sgargianti rive tratteggiate da Erich Segal e compagni, è per accorrere in soccorso della popolazione indigena, oppressa dai Blue Meanies (sgorbietti tanto bluastri quanto malvagi). I quattro salpati da Liverpool dedicheranno al progetto altrettanti inediti (leggi avanzi, ovvero tracce già registrate in precedenza). Tanto a sottolineare il marginale coinvolgimento nel film, i The Beatles preferiscono che le loro versioni animate vengano doppiate. Quella che invece apre il lato A del disco è proprio la voce di Ringo Starr, pastosa e tradizionalmente bonaria, a riproporre una "Yellow Submarine" ora titletrack ma già sesta traccia del precendente "Revolver" (1966).

 

Il secondo a sbarcare è George Harrison il quale approfitta del manifesto disinteresse nel progetto dei due soliti protagonisti per accaparrarsi quanto basta d'incisione per dar voce al suo crescente malcontento. Il messaggio, più o meno celato tra le righe ('It doesn't really matter what chords I play') viene affidato a "Only A Northern Song", uno degli "scarti" dell'eroica estate di Sgt. Pepper.

 

L'equipaggio torna in riga con il secondo inedito in scaletta: "All Together Now". Coeva della traccia precedente, ne è però lontana anni luce sia in termini di coralità che rinnovata allegria. Già canticchiata in India in omaggio al guru Maharishi Mahesh Yogi, altro non è che una leggera filastrocca senza particolari pretese che prepara il terreno a "Hey Bulldog" piacevole delirio cumulativo che, sebbene realizzi l'inedito più interessante del lotto, manco si avvicina alla cugina, non solo a livello zoologico, "I Am The Walrus". Per chi ancora non lo sapesse, il brano deve il suo nome, inizialmente "Hey Bullfrog" a Paul McCartney il quale, durante le registrazioni, si mise ad abbaiare con un'eleganza che soltanto un fuoriclasse come lui avrebbe potuto sfoggiare anche in tale frangente. Ultima "novità", prima della marcia trionfale dei fiati della già arcinota "All You Need Is Love", è l'adorabile "It's All Too Much" ancora di Harrison, stavolta però under the influence.

 

"Floating down the stream of time from life to life with me
Makes no difference where you are or where you'd like to be
(...)
Sail me on a silver sun, where I know that I'm free
Show me that I'm everywhere, and get me home for tea"

 

Consumata la dose di LSD, e anche l'ispirazione, ci pensa ancora una volta George Martin a metterci una pezza. La quasi interezza del lato B della release è infatti figlio dello storico produttore che trova il meritato spazio espressivo in sette tracce orchestrali ad hoc tra le quali si distingue la centrale "Sea Of Monsters" per il potere immaginifico dell'atmosfera cangiante, quasi riflettesse i bagliori delle squame-mosaico di gigantesche spire in agguato negli abissi nero pece. Si segnala il pizzico di western a 2:41 che non guasta. Sfuggiti alle mostruose grinfie e ristabilito il binomio peace & love nella ridente Pepperland, i nostri sfilano vittoriosi coi titoli di coda sulle note di "Yellow Submarine In Pepperland" ovvero l'inconfondibile tema reinterpretato in chiave classica.

 

Pubblicato a ruota del ben più sobrio e impegnato (in ogni senso del termine) "The Beatles", uscito nel novembre del 1968, "Yellow Submarine" è, in estrema sintesi, l'episodio meno riuscito della discografia dei liverpuldiani.


«It's a good sounding record that means nothing.»

[John Lennon su "Hey Bulldog", 1980]





Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool