The Maine
Forever Halloween

2013, Rude Records
Rock

L'evoluzione perfetta!
Recensione di Eleonora Muzzi - Pubblicata in data: 04/06/13

I The Maine non sono esattamente una delle band più famose al mondo, men che meno in Italia, però dovrebbero. Non solo perchè nell'ambito del loro genere si sono sempre distinti per una qualità superiore a quella di molti fratellini ben più famosi, ma anche perchè l'evoluzione musicale compiuta nel corso degli anni li ha portati a sfornare il piccolo capolavoro che è “Forever Halloween”. Questo album è più di un nuovo disco, è un giro di boa strutturale e musicale, l'inizio di una nuova era per i The Maine, che abbandonano le vesti del punk rock adolescenziale dei primi dischi in maniera definitiva e indossano quelli del rock alternativo e indipendente, con un ritorno alle origini che farebbe impallidire ben più di un rocker di vecchia generazione.

“Forever Halloween” è, come il titolo fa intuire, un disco piuttosto cupo. Nulla di eccezionalmente oscuro o dark, niente new wave e cose del genere, però è un disco più maturo, che segue l'evoluzione già cominciata con “Pioneer” e la sua re-release “Pioneer And The Good Love”, portandola a termine. Si parlava di ritorno alle origini, sia perchè proprio dal punto di vista musicale i The Maine sono tornati ad un rock&roll più classico, con chitarre meno distorte (se non addirittura lasciate così come sono, nella maggior parte delle occasioni), più pianoforte e/o tastiere, melodie più articolate dei “soliti” anthem da concerto da cantare a squarciagola tutti insieme nella folla, ma soprattutto perchè, dal punto di vista della produzione, i cinque hanno abbandonato il digitale per tornare all'analogico, ai tempi in cui si suonava tutti insieme nello stesso momento, al nastro magnetico al posto dell'hard disk, in modo che l'album suonasse più autentico, più vero, più USA.

E ci sono riusciti. A partire da “Take What You Can Carry”, trascinante opener, fino alla struggente title-track che chiude il disco, “Forever Halloween” suona diverso, perchè nell'era del digitale ci siamo tutti più o meno abituati alla perfezione di ogni singolo aspetto degli album che ascoltiamo. Per lo meno quelli registrati in studio di un certo livello, anche se i metodi di registrazione casalinghi stanno raggiungendo livelli che hanno dell'incredibile. Ad ogni modo, i The Maine lasciano andare la perfezione del digitale per la corposità di un sound più “vero”, quasi tangibile, più vicino a quello che potrebbe essere un live registrato magari in un piccolo club. Nonostante questo, i suoni sono tutti cristallini e il missaggio li fa risaltare con accortezza. Uno degli esempi più meritevoli di questa operazione “back to the roots” è il singolo “Happy”, traccia divertente e scanzonata che nel suo essere brevissima (minutaggio inferiore ai tre minuti, quasi come i vecchi singoli che uscivano negli anni 60 e che dovevano stare sui 45 giri) esemplifica perfettamente “Forever Halloween” in un concentrato di musica difficile da descrivere a parole.

Per chiudere e non dilungarmi troppo in dettagli che guasterebbero la fruibilità del disco, possiamo dire i The Maine hanno compiuto un'evoluzione tutta loro, che li ha portati a salire nuovamente di un gradino rispetto ad altre band dello stesso genere con percorsi analoghi. Certo, non siamo di fronte ai nuovi Beatles, ma gli americani ci sanno fare, sia come songwriting che come esecuzione materiale delle loro canzoni. Riuscire a scrivere, preparare e registrare un album di questo genere in a malapena due anni dall'uscita del precedente non è da tutti.





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