L'ultimo tassello del puzzle. L'atto conclusivo della trilogia che ha segnato la reunion di una band che ha scritto pagine consistenti della storia dell'hard rock melodico, "Tunguska", arriva nel segno di Frontiers a completamento di un percorso già parzialmente battuto da "Coup De Grace" e "Ghost Of Graceland". Un lavoro che attesta la maturità del nuovo corso intrapreso dai Treat ci porta a scoprire i misteri di una esplosione improvvisa (evento di Tunguska, appunto) che nel 1908 ha scosso la Siberia, ora attribuita alla collisione di un asteroide e annoverata come il più importante evento esplosivo naturale registrato nella storia.
Ora, con le dovute precauzioni sulla magnitudo, il collegamento con questa release ci appare piuttosto chiaro fin da subito. L'esplosività nel sound, che mantiene il taglio sorprendentemente moderno dettato dai due album precedenti, si abbina all'alone dark che avvolge i brani, risultando in una serie di pezzi dall'appeal immediato, ma allo stesso tempo dotati di una certa profondità, che li mantiene freschi anche in ascolti successivi. L'apertura di "Progenitors" mette immediatamente le cose in chiaro in questo senso, aprendo ad un atteggiamento decisamente orientato ai ritornelli e sostenuto dalla solidità delle chitarre di Anders Wikström, tra riff corposi e assoli classici ma sempre di effetto.
Ma è il corpo centrale del disco a lasciare decisamente a bocca aperta. A partire dalla bellezza del singolo "Rose Of Jericho" si susseguono, infatti, una sequenza di pezzi killer che consentono di mantenere alta l'attenzione. Il riff blueseggiante di "Hearthmath City", l'ottima interpretazione vocale di Robert Ernlund in "Creeps" e la parentesi più tradizionalmente melodic rock di "Man Overboard", nella quale spiccano tratti quasi cinematografici, ci vengono snocciolate davanti. In questo contesto trova anche spazio l'altro singolo, "Build The Love", che rappresenta sicuramente la nota più moderna in "Tunguska".
L'album in generale scivola via che è un piacere, magari arrivando giusto un filo lungo, anche a causa di qualche tratto che non convince a pieno ( soprattutto "Always Have, Always Will" e la lenta ballata di "Tomorrow Never Comes"), ma senza dubbio lascia più di un qualcosa. Che sia la folgorazione del primo ascolto o l'immersione successiva ad un livello più profondo, le sensazioni che accompagnano "Tunguska" sono assolutamente positive e pongono questo lavoro in combutta con l'acclamatissimo "Coup De Grace" per diventare il simbolo di una conferma che la reunion del 2006 ha decretato per i Treat.
Solo il tempo saprà dirci di più, intanto possiamo goderci quello che sicuramente è uno dei dischi dell'anno in ambito melodic e constatare la grandezza di chi sa mantenersi sul pezzo in modo dinamico e aperto dlla modernità.