Le cose per gli Hate Eternal sembravano mettersi per il meglio dopo la pubblicazione di I, Monarch, datata ormai al mese di giugno di tre anni fa. Di lì a poco la portata straordinaria di quel disco avrebbe proiettato i nostri nei piani più alti del genere, prospettando un futuro della band a dir poco roseo, grazie a una formazione di primissimo livello, compatta e agguerrita come poche altre.
Non a caso ho scritto che le cose sembravano mettersi per il meglio, perché dopo I, Monarch, al buon Rutan è successo un po' di tutto: prima il fenomenale batterista Derek Roddy, successivamente il bassista Randy Piro, abbandonano la band, lasciandolo fermo al palo, e cosa ancor più triste, la morte del suo grande amico ed ex compagno Jared Anderson (a cui viene dedicato l'album), già allontanato anni prima dal gruppo per problemi di droga. Ormai solo e abbattuto, il nostro riesce comunque a rimboccarsi le maniche, assemblare una formazione giovane e preparata, e siglare un nuovo contratto con la Metal Blade, per dare alla luce questo Fury & Flames.
Un preambolo doveroso per capire il leggero passo indietro accusato dagli Hate Eternal, o meglio dall'unico compositore e leader Rutan, rispetto al capolavoro precedente. Ci troviamo di fronte a un disco degli Hate Eternal, e questo comunque dovrebbe bastare agli appassionati per immaginare i contenuti, ovvero velocità quasi costantemente ai massimi livelli, blast beat a pioggia, tappeti di doppia cassa, chitarre votate alla distruzione, growling cavernoso ecc... Ma perchè un passo indietro? È presto detto. A Fury & Flames manca qualcosa, manca quella magia che I, Monarch possedeva e che rendeva il disco longevo, sempre fresco da ascoltare, vario e dinamico, nonostante la tremenda violenza espressa.
Ora, a mesi dalla pubblicazione ufficiale, scemato l'entusiasmo iniziale, è doveroso dire che Rutan e compagni hanno messo in piedi un album che rischia di perdersi, di rimanere solamente aggrappato alla velocità mostruosa del drumming del giovane Jade Simonetto, alla brutalità specialità della casa, o alla prova (e al nome) del mitico Alex Webster al basso. Principale artefice di tutto questo è un songwriting che, nella seconda parte del platter, lascia un po' a desiderare, specialmente se paragonato al passato recente della band. Non si può dire che il buon Rutan non ce l'abbia messa tutta, perchè le linee di chitarra sono sempre ricercate e di grande qualità, con momenti di pura eccellenza (Hell Envenom, Bringer of Storms o Tombeau), e condite da assoli di ottima fattura (eccezionale quello in Para Bellum), in cui però tutto questo viene annegato in una remota piattezza di fondo che aleggia su una parte della tracklist. Se è vero che la musica di Rutan è sempre stata più concreta e diretta piuttosto che articolata, è vero anche che in Fury & Flames si rivedono un po' gli “spettri” di King of all Kings, specialmente per quanto riguarda la produzione, curata dallo stesso Rutan (ormai un esperto), inspiegabilmente poco precisa, a tratti confusionaria, che non rende minimamente le qualità dei musicisti in campo.
Non un brutto disco, sia chiaro, di pane per i denti dei deathsters più intransigenti ce n'è in abbondanza; rimane solamente un po' l'amaro in bocca nel vedere una band esprimersi sotto le proprie possibilità, ma dopo gli eventi citati a inizio recensione, credo che non potevamo chiedere di più.
Hate Eternal
Fury & Flames
2008, Metal Blade Records
Death Metal
01. Hell Envenom
02. Whom Gods May Destroy
03. Para Bellum
04. Bringer of Storms
05. The Funerary March
06. Thus Salvation
07. Proclamation of the Damned
08. Fury Within
09. Tombeau (Le Tombeau De La Fureur et Des Flames)
10. Coronach