Tra le decine di band che si trovano attualmente on the road dopo due anni a riprogrammare tour e concerti, ci sono anche i God Is An Astronaut, che festeggiano i 20 anni di carriera, dopo la pubblicazione, avvenuta poco più di un anno fa, di “Ghost Tapes #10”. Nonostante la succosa data originaria, annunciata nel 2019, ha purtroppo perso dal tabellone una band di culto per il post-rock come i This Will Destroy You, il Circolo Magnolia di Segrate ha visto una buonissima partecipazione di pubblico, segno che il quartetto irlandese è sempre molto apprezzato dalle nostre parti.

Saltata sfortunatamente l’esibizione de I Giardini Di Mirò per motivi di salute, ad aprire la serata tocca ai Nothing. Il quartetto statunitense, di difficile omologazione musicale, sorprende per l’intensità e l’energia della propria esibizione, durante più di 45 minuti. Fautori di uno shoegaze particolarmente rumoroso e contaminato da elementi post-rock, i quattro incantano il pubblico meneghino con un set che vede il giusto equilibrio tra melodia e ruvidità, preparando alla perfezione il terreno per la portata principale della serata.

Il crepuscolo sta ormai lasciando spazio all’oscurità, mentre i God Is An Astronaut salgono sul palco e le note di “Adrift” riempiono l’aria. Rispetto all’ultima volta che abbiamo avuto il piacere di vederla in Italia, nella band è tornato lo storico tastierista e chitarrista Jamie Dean, dopo alcuni anni di pausa. Si può definire proprio lui il mattatore dello show, mentre i fratelli Kinsella preferiscono agitare le chiome davanti al volto e lasciar parlare i propri strumenti.

La prima sezione dello show è dedicata agli ultimi due album “Ghost Tapes #10” e “Epitaph”, da cui vengono suonati diversi estratti. “Spectres” alza il ritmo, le magnifiche “Seance Room” e “In Flux” colpiscono a fondo, così come “Mortal Coil”, prima della quale Dean dedica un pensiero alla vittime di suicidio e dipendenze. Ancora più che in studio, questi brani vengono proposti con un’intensità fuori dal comune ed assumono nuovo vigore in questa componente live. Ma dopo la parentesi iniziale dedicata gli ultimi lavori, la band inizia a snocciolare le maggiori “hit” di “All Is Violent, All Is Bright”, album che nel lontano 2005 li ha consacrati tra le maggiori realtà del post-rock mondiale. La title-track e “Suicide By Star” vengono accolte trionfalmente dal pubblico, così come la commovente “Forever Lost”, forse unico vero momento di pausa in tutta la serata.

Si viaggia verso gli esordi della carriera del quartetto con una fantastica versione di “From Dust To The Beyond”, prima di tornare al presente con i singoli l’oscura “Fade” e “Burial”, interrotta inizialmente per problemi tecnici alla chitarra di Torsten, ma ripresa alla perfezione dopo una breve jam session a base di Massive Attack tra i restanti componenti della band. Dopo una brevissima pausa – in cui la band non ha fatto neanche finta di scendere dal palco – l’encore viene affidato alle vecchie glorie “Route 666” e “Echoes”.

Ogni volta che si ha l’occasione di vederli rimane facile comprendere come i God Is An Astronaut possano essere apprezzati da un pubblico così eterogeneo, pur suonando musica interamente strumentale. I quattro esemplificano un perfetto approccio tra paesaggi onirici e bruschi risvegli e sul palco riesce ad amplificare queste sensazioni, anche grazie ad una scenografia di tutto rispetto. Attendiamo con ansia le ulteriori date italiane, che si svolgeranno durante queste serate.

Setlist

Adrift
Spectres
Seance Room
In Flux
Mortal Coil
All Is Violent, All Is Bright
Suicide by Star
Forever Lost
From Dust to the Beyond
Burial
Fade
Route 666
Echoes

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