Davvero tante le uscite interessanti in ambito estremo durante una coda d’aprile velenosa e infingarda: a voi una sintesi.

Bunker 66 – Beyond The Help Of Prayers (Dying Victims Productions)

I siciliani Bunker 66, nonostante bazzichino la scena metal tricolore ormai dal 2007, pubblicarono il proprio esordio sulla lunga distanza soltanto nel 2012 (“Infernö Interceptörs”); da lì, un paio di compilation e due buoni album (“Screaming Rock Believers” e “Chained Down In Dirt”) hanno arricchito il carnet del power trio nostrano, proiettandolo tra le realtà più interessanti del sottobosco nazionale. Adesso è la volta della quarta fatica in studio, “Beyond The Help Of Prayers”, mezzora e rotti di blackened thrash roccioso e arrogante, forgiato sulle coordinate care a Venom e primi Slayer, e provvisto di una produzione meno sfilacciata rispetto al passato. Il gruppo, pur correndo all’impazzata verso l’Inferno a forza di tremoli e tritoni solforosi, ci regala dei momenti cadenzati e delle escursioni attraverso territori di genere circostanti, così come l’abbaiare rauco di Damien Thorne si concede passaggi puliti non sempre, a dire il vero, di facile comprensione. Ma si sa, la cruda barbarie, in questi casi, sovrasta, e di molto, il contenuto: e dunque, che l’artiglieria pesante colpisca senza remore.

Tracce consigliate: “To The Gates Of Death – Lair Of The Profaner”, “The Blackest Of Omens”, “The Rite Of The Goat”

Fyrnask – VII – Kenoma (Ván Records)

È trascorso quasi un lustro da quando i Fyrnask, con “Fórn”, avvolsero gli ascoltatori in oscure spirali sonore farcite di dark ambient, drone e black metal. Con l’uscita di “VII – Kenoma”, la troupe attorno alla mente del fondatore Fyrnd offre di nuovo alla platea degli affezionati – e non – l’opportunità di evadere dall’esistenza terrena e tornare alle cupe volute di cui sopra. Il quarto album dei tedeschi si occupa del libro della sofferenza, il “Musibatname”, scritto dal poeta e mistico persiano Fariduddin Attar nel XIII secolo, testo nel quale viene discussa la contraddizione dell’idea di un Dio onnipotente e benevolo di fronte a un’esperienza umana colma di dolore e ingiustizie. I teutonici traducono lo spessore filosofico delle liriche in una serie di pezzi imprevedibili e diversificati, che indugiano più sul versante di un metallo nero tenebroso e raccapricciante invece di gingillarsi troppo con soluzioni atmosferiche. Tuttavia la riduzione di tali elementi non pregiudica l’efficacia drammaturgica di un lotto che fa della struttura a vortice il proprio punto di forza, con l’ombra di Misþyrming e Ultha a occhieggiare compiaciuti dalle retrovie. Spettrali.

Tracce consigliate: “Hraevathefr”, “Nidhamyrkr”, “Helreginn”

Nekromantheon – Visions Of Trismegistos (Indie Recordings)

Nel 2012 “Rise, Vulcan Spectre” ricevette lo Spellemanprise, l’equivalente norvegese del Grammy Award, catapultando improvvisamente fuori dalla nicchia underground i Nekromantheon, side project di Sindre Solem e Arild Myre Torp, spina dorsale dei deathster Obliteration. A distanza di quasi un decennio il duo di Kolbotn, in compagnia del batterista Christian Holm (Flight), riprende il timone della band, licenziando un “Visions Of Trismegistos” che, oltre a fregiarsi di una cover eccezionale, frutto del talento di Zbigniew Bielak, conserva inalterato il trademark blackened thrash del lontano predecessore. Un’opera abrasiva e isterica, che se da un lato sfoggia un DNA chiaramente ottantiano, con Kreator, Destruction e primi Sepultura principali padri ispiratori, dall’altro mostra un amore nero e viscerale per Deströyer 666 e Desaster; certo, non mancano le transizioni e gli stacchi eufonici, utili, però, soprattutto a conferire maggiore risalto alla ferocia misterica degli scandinavi. Nessuna sorpresa, s’intende, ma il disco, confezionato intelligentemente e con il coltello tra i denti, mostra un ardore e una spietatezza che travalica convenzioni e usura. Implacabili.

Tracce consigliate: “Faustian Rites”, “Neptune Descent”, “Zelot Reign”

Paysage D’Hiver – Geister (Kunsthall Produktionen)

“Geister”: tecnicamente, trattasi del secondo full length a firma Paysage D’Hiver, moniker dietro cui si nasconde l’unico membro Tobias Möckl, in arte Wintherr, chitarrista e ugola dei Darkspace sotto l’affine nom de plume di Wroth. In realtà, lo svizzero macina musica dal 1997: dieci demo, due raccolte, un LP, “Im Wald”, pubblicato nel gennaio del 2020, mastodontico nei suoi centoventi minuti di running time. Il mondo livido e nevoso costruito durante gli anni dall’artista rossocrociato trova un’ulteriore rappresentazione in questo attuale lavoro, capace, con pochi e incisivi riff circolari e i caratteristici svolazzi dark ambient, di trasportare i viandanti dell’udito all’interno di una bufera di angoscia invernale che cresce d’intensità man mano che si procede con le tracce. I brani possiedono una forma canzone più definita e tradizionale del solito, se vogliamo addirittura accessibile, priva sia di eccessive stratificazioni che di cerebrali dissonanze, lasciando la ribalta ritmica al corteo delle strane maschere del Tschäggättä, enigmatico e terrificante Carnevale celebrato nella valle di Lötschental. Fantasmi e desolazione, per un’avventura sonora da gelare il sangue.

Tracce consigliate: “Schattä”, “Undä”, “Schtampfä”, “Geischtr”

Spectral Lore – Ετερόφωτος (I, Vodhanger Records)

Dopo “Wanderers: Astrology Of The Nine”, lo splendido split del 2020 con i Mare Cognitum, gli Spectral Lore, solo project del greco Ayloss, rilasciano, ora, un “Ετερόφωτος” successore spirituale del penultimo long playing “Sentinel” (2012). Da sempre alla periferia del back metal, l’ellenico continua, con convinzione, ad abbracciarne l’estetica trascendentale e occulta, realizzando un opus astratto, ma profondamente personale; aspetti che si evincono, d’altronde, dall’artwork, riproduzione di un quadro di Alessandro Bianchi, “Genio Abissale”, e da un titolo che si riferisce all’importanza fondamentale dell’Altro, inteso in senso individuale e cosmico. Un platter insieme gelido ed emozionante, caotico e riflessivo, metafisico e sabbioso, che tra colori prog, incursioni ambient ed evocazioni atmospheric, non sembra molto distante dai lavori dei Midnight Odissey più recenti, sebbene la creatura dell’ateniese resti coi piedi compositivi abbastanza saldi nel solco scavato da Darkspace et similia. La luce filtra, comunque, per osmosi con Jacob Buczarski e per volontà soggettiva.

Tracce consigliate: “The Sorcerer Above The Clouds”, “Apocalypse”, “Terean”

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