Photo credits: Krzysztof Wiktor

Fine anno coi botti per gli amanti delle sonorità più oscure.

Behemoth – In Absentia Dei (Nuclear Blast)

Complice l’emergenza pandemica, gli album live sono quasi tutti diventati una registrazione asettica di un evento in streaming a beneficio del pubblico da casa orfano, per tanto tempo, di spettacoli da vivere esclusivamente on stage. Questa volta ci imbattiamo in un concerto dal vivo tenuto dai Behemoth durante il mese di settembre del 2020 all’interno della chiesa abbandonata di Pisarzowice, nella Polonia rurale: uno show straordinario, dall’impatto visivo e sonoro invidiabile, blasfemo e fiammeggiante – nel vero senso del termine -, con Nergal, carismatico come non mai, padrone assoluto della scena. Congelato su disco, “In Absentia Dei” espone in vetrina, oltre a una prestazione pressoché perfetta del combo, una scaletta davvero stuzzicante, che va a pescare nel passato black metal della band, intrecciando brani tratti dalla mitologica demo “From The Pagan Vastlands” (1994) e dall’esordio sulla lunga distanza “Sventevith (Storming Near The Baltic)” (1995) a quelli dell’album di transizione verso il death “Pandemonic Incantations” (1998). Questi pezzi, i vari classici e le canzoni più recenti vengono interpretati con una ferocia e una convinzione tali da far impallidire le versioni in studio, a testimonianza di quanto la grandezza reale di un gruppo si misuri proprio dalla capacità di incendiare il palco, a maggior ragione quando l’assenza di una platea in carne e ossa potrebbe arrecare danni. Formidabili, anche fuori dalla grazia dell’Onnipotente.

Tracce consigliate: “From The Pagan Vastlands”, “Blow Your Trumpets Gabriel”, “Ora Pro Nobis Lucifer”, “Slaves Shall Serve”, “Sculpting The Throne Ov Seth”

Coraxul – Vihavirsiä Aamunkoin (Purity Throug Fire)

Malgrado sui Coraxul scarseggino informazioni approfondite, sappiamo però che i musicisti coinvolti appartengono a formazioni attive nell’underground della Terra dei mille laghi, zona Tampere, quali Curse Upon A Prayer, Licht Des Urteils, Riivaus e Sacrificium Carmen. Il merito di averli scovati va alla label tedesca Purity Through Fire, che patrocina immediatamente il loro esordio a scatola chiusa, senza la consueta trafila di demo, split ed EP. Ed ecco che ci ritroviamo tra le mani “Vihavirsiä Aamunkoin”, un gioiellino di genuino black metal finlandese declinato sulla scia di Behexen, Horna e Sargeist, con testi in lingua madre serviti sul piatto da uno screaming affilatissimo, un rifferama glaciale e melodico, un ritmo perennemente in up-tempo e davvero pochi momenti per respirare. Album derivativo, ma impeccabile nel suo genere, impreziosito da una produzione ad hoc e satanico fino al midollo: gli allievi non superano certo i maestri, eppure ne conoscono così a fondo i segreti più reconditi da riuscire a costruirvi intorno un fertile culto compositivo. Che la Fiamma Oscura prosperi e troneggi ardente.

Tracce consgliate: “Kieltäkää Elämä”, “Luonnollisesti Saatana”, “Viimeiset Vainajaiset”

Funeral Mist – Deiform (Norma Evangelium Diaboli)

Dopo l’uscita del debutto “Salvation” (2003), i Funeral Mist si trasformarono in one man band, con Arioch sulla tolda di comando a guidare la propria creatura sui sentieri malvagi dell’orthodox black metal, benché le definizioni, al cospetto di entità di così grande qualità, non abbiano grande importanza. Un progetto personale dalla crescita progressiva e implacabile, accelerata soprattutto dalla condivisione, fisica e compositiva, con i Marduk, gruppo nel quale il singer e polistrumentista svedese milita dalla metà degli anni 2000 sotto lo pseudonimo di Mortuus, assurgendo a principale artefice del rilancio della storica band di Morgan Håkansson. Il nuovo “Deiform”, rilasciato, come lo scorso “Hekatomb” (2018), senza alcun preavviso né campagna promozionale, unisce la violenza nera più cruda ad atmosfere funebri e contemplative, canalizzando le numerose dissonanze attraverso una scrittura fluida e rotonda, caratteristica che distingue il solo project scandinavo da molti gruppi del roster della Norma Evangelium Diaboli. Il singer alterna sermoni frenetici e ringhi diabolici, tra intermezzi strumentali, campionamenti di possente carica spirituale e suggestioni ambient/rock, interrogandosi sulla natura del divino e dei suoi rapporti con l’esistenza mortale: un’esperienza olistica, dal primo all’ultimo brano.

Tracce consigliate: “Twilight Of The Flesh”, “Apokalyptikon”, “Deiform”

KroloK – Funeral Winds & Crimson Sky (Osmose Productions)

Chitarre di ghiaccio, batteria rudimentale, basso inesistente, più passione che tecnica: non, non ci troviamo negli anni ’90, né stiamo parlando dei primi Bathory, Darkthrone, Immortal e Mayhem, ma dei KroloK, band di Bratislava che in questa fine 2021 delizia gli amatori con un manufatto d’antan di chiara ispirazione scandinava. In “Funeral Winds & Crimson Sky”, successore del debutto autoprodotto “Flying Above Ancient Ruins” (2017), full-length a tema vampiresco, il trio indaga sugli orrori che potrebbero celarsi in prossimità delle rovine degli antichi castelli che punteggiano le pendici dei Piccoli Carpazi, dopo averle già scrutate a volo d’angelo nero nell’esordio. I sintetizzatori aggiungono un salutare tocco dungeon alla proposta, tanto che le sei tracce del lotto, pur rispettando i canoni della seconda ondata nordica, si velano di un clima crepuscolare e nebbioso, gravido di sorprese poco rassicuranti e colmo di un’aura di mistero tipica delle formazioni dell’Europa orientale. Certo, i fantasmi e i succubi evocati nel disco non si limitano soltanto a quelli che vagano intorno alle macerie dei vecchi manieri: anche Quorthon, Euronymous e Dead infestano il lotto, ombre di giganti sulle cui spalle gli slovacchi edificano il proprio stile, cercando, allo stesso tempo, di affrancarsi da presenze così potenti. Benchè la strada appaia ancora lunga, le premesse autorizzano a sperare in meglio.

Tracce consigliate: “Black Lore Of The Fens”, “Unveiled Subterranean Treasures”, “Funeral Winds & Crimson Sky”

Wombbath – Agma (Transcending Obscurity Records)

In uno degli episodi de “La Comédie Humaine”, il facoltoso profumiere César Birotteau, ignaro dei limiti di un’intelligenza da bancone di bottega, viene distrutto, dal punto di vista economico e morale, da un affare truffaldino. I Wombbath, nati inizialmente come The Shadows nel 1988, mutatisi in Seizure e dal 1990 in giro con il loro nome attuale, consapevoli di essere, nell’affollato panorama death metal svedese dell’epoca, una buona band, ma non al livello di alcuni eccezionali conterranei, decisero di coltivare le proprie caratteristiche migliori, ritagliandosi uno spazio più che decoroso. Evitando di ripetere gli errori del personaggio dipinto così mirabilmente da Honoré De Balzac, gli scandinavi, guidati dallo storico chitarrista Håkan Stuvemark, negli ultimi tempi sono stati piuttosto prodighi di solide release, recuperando, dal 2015 in poi, uno iato creativo di ben dodici anni. Ora tocca al nuovo “Agma” irrompere con forza sulle scene, sedici tracce per settantadue minuti di durata attraverso le quali il quintetto dà dimostrazione di un’intensità e una ricchezza del songwriting davvero ragguardevole, intervallando brani elaborati e dalle atmosfere serpeggianti a macigni di pura violenza psicotica. Voci pulite, violini, melodie orientaleggianti, fiotti heavy/thrash, colorano uno stile che profuma di Dismember ed Entombed sin dalle note d’abbrivio, mentre la produzione riveste il platter di un duvet caldo e avvolgente. Una conferma ad alti livelli.

Tracce consigliate: “The Law Of Everything”, “Inquisition Reborn”, “Breathe In Flames”, “Departure From The Light”

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