La storica voce degli Ultravox Midge Ure celebrerà il 40° anniversario delle uscite di “Rage In Eden” e “Quartet” nel contesto del tour europeo “Voice & Visions” che farà tappa anche in Italia per due date, il 26 e 27 ottobre a Firenze e Milano rispettivamente. Per l’occasione abbiamo scambiato con lui quattro chiacchiere su cosa cosa consisterà questa serie di live show, scorrendo successivamente più volte nella timeline: dal suo contributo nell’organizzazione dell’incredibile “Live Aid ’85” al successo commerciale specialmente italiano di “Breathe”, oltre che i progetti musicali in caldo, non mancando di dare spunti di riflessione sul panorama musicale odierno.


Ciao Midge! Benvenuto su SpazioRock.it, la nostra webzine. È un piacere averti qui oggi. Innanzitutto come stai? Come vanno le cose ultimamente?

Ciao! Tutto alla grande, è semplicemente bello tornare di nuovo in tour!

Bene, iniziamo a parlare di ciò che ti sta tenendo impegnato in questi giorni: il mini tour che hai iniziato a settembre, chiamato “Voice & Visions”, e che attraverserà in tutta Europa. Come sta andando fino ad ora?

Sta andando bene. Il tour era in realtà programmato per due anni fa: nel 2019 c’è stato il “The 1980 Tour”, in cui ho suonato l’intero album “Vienna” degli Ultravox e sezioni del primo album dei Visage, e siccome è andato davvero bene l’idea era di far seguire questo tour; ovviamente è stato posticipato a causa del Covid, e poi è stato posticipato di nuovo. E’ stato un modo strano di iniziare un tour, già solo perché abbiamo finito per fare quattro date nel Regno Unito che avrebbero dovuto essere gli ultimi quattro giorni del tour, ma invece si sono rivelati i primi quattro giorni; quindi il resto degli spettacoli si svolgerà nel Regno Unito la prossima primavera. Mi sono ritrovato a buttarmi un po’ nel buio con tutti e due i piedi e a fare spettacoli, che però stanno funzionando. Se solo potessi convincere un po’ più di persone a venire! Tutto il settore dell’industria musicale ha difficoltà a convincere il pubblico a lasciare le loro case. Penso che ci sia ancora paura del Covid, è una delle ragioni.

“Voice & Visions” è un titolo piuttosto concettuale, una sinestesia tra la musica e le immagini che questa può evocare. Quale atmosfera vuoi trasmettere con queste serie di spettacoli dal vivo?

Il titolo “Voice & Visions” deriva dai due album degli Ultravox su cui si sta concentrando il tour, “Rage in Eden” e “Quartet”: “The Voice” è una traccia di uno degli album, e “Visions in Blue” è un’ altra dell’altro album. Quindi “Voice & Visions” sembra esprima bene l’idea: ci concentriamo sull’esecuzione di brani rock che non suonavo da quando sono usciti quegli album, oltre che brani dal suono ambient ed ipnotico come la titletrack “Rage in Eden”. Dobbiamo essere in grado di mettere assieme un po’ di tutto in 1 ora e 30/45 minuti di spettacolo, quindi il modo per farlo è usare non solo la musica ma anche l’illuminazione, che è importante per creare le varie atmosfere. Sai, la musica crea un’atmosfera, ma l’illuminazione la migliora, perciò lavoreremo molto su questo.

Come hai accennato poco fa, in questo tour celebri in particolare il 40° anniversario delle uscite di “Rage In Eden” e “Quartet”. Hai detto che quando questi due album sono stati pubblicati c’è stata un’esplosione di creatività che purtroppo è finita presto. Hai sentimenti contrastanti riguardo a tutto questo? Come ti senti a dare loro nuova vita nei live?

Penso che questo momento sia un periodo interessante, perché un’intera nuova generazione sta scoprendo la musica del passato attraverso giochi, televisione, film, colonne sonore – guarda cosa è successo di recente con Kate Bush. Voglio dire, è stato scoperto da una generazione che non ha mai saputo chi fosse Kate Bush. E queste cose accadono sempre. Ad esempio alcune mie tracce sono state utilizzate in alcuni giochi, il mio brano “Breathe” è stato usato come spot pubblicitario della Swatch, un’intera generazione ha trovato la mia musica attraverso questo genere di cose. Penso che stiamo ascoltando la musica in un modo molto diverso, ma quando torni indietro e ascolti qualcosa che potrebbe avere quarant’anni non suona così datato. La musica non è cambiata molto tecnicamente da allora – ovviamente la musica dance si è evoluta in R&B e tutto il resto, ad esempio – ma il modo in cui la musica viene registrata, la melodia, la struttura, i testi, non è cambiato molto. Quindi tornare indietro, approfondire quegli album e ricordarli è stata un’avventura per me. Una volta che realizzo un brano o un album, non lo ascolto, a meno che non venga suonato alla radio o in qualche club. Grazie a Spotify non ho nessuno dei miei dischi!

Collegandoci alla domanda precedente: cosa pensi del panorama musicale di oggi, soprattutto nel campo della musica elettronica? Pensi che ci sia spazio per i giovani musicisti per creare qualcosa di rivoluzionario come negli anni ’80? In che direzione pensi si stia andando?

Penso che ci sia sempre uno spazio per fare qualcosa di rivoluzionario, solo che diventa sempre più difficile. Ci sono solo 12 note, ma si possono creare tanti e diversi suoni a partire da quelle. Ora, le persone a cui non importa necessariamente del successo commerciale sono creative nelle loro stanze: se hai un laptop, puoi fare un album, registrare qualcosa, tutti ora ne hanno la possibilità. Il problema è che non tutto ciò che ne esce sia buono. Ma ogni tanto qualcuno farà qualcosa di radicale, e poi tutti gli altri lo seguiranno, è come un momento di ispirazione. Perciò credo che là fuori ci saranno cose radicali, ma si rivolgeranno al passato. Molti dei produttori dance e cose del genere che dicono di essere influenzati da Visage, Ultravox o Depeche Mode o altro, prendono i suoni, la strumentazione e poi creano qualcosa che è lontano da ciò che dicono essere la loro ispirazione, è nuovo, è diverso. Questo succede sempre. Penso che il problema sia, per ogni giovane musicista che cerca di farsi notare, il riuscire a guadagnarsi da vivere. Forse non puoi essere un musicista a tempo pieno ora, forse devi creare musica nella tua camera da letto e pubblicarla e sperare che succeda qualcosa, perché tutto è cambiato parecchio.

Ora parliamo un po’ del passato. Non posso non menzionare la tua presenza dietro l’organizzazione e sul palco con gli Ultravox per il Live Aid 1985, uno dei più grandi eventi di beneficenza il cui enorme impatto può essere visibile anche adesso, ad esempio nei Global Citizen Festivals. Sei molto attivo nel contesto sociale, quindi volevo chiederti: in che modo la musica può fare la sua parte nel trasformare i pensieri in azioni?

Penso che sia stato in qualche modo dimostrato che ciò accade. Band Aid e Live Aid all’epoca avevano dimostrato che può succedere. I musicisti si sono riuniti per fare il concerto per il 70° compleanno di Nelson Mandela, il che è stato un effetto diretto sul rilascio di Nelson Mandela, perché è la voce della gente. Una persona che grida sul pianeta può non essere ascoltata, ma una folla enorme di persone che gridano la stessa cosa sì. Bisogna ricordare che tutti i politici sono cresciuti conoscendo George Harrison e il concerto per il Bangladesh, Band Aid, Live Aid, “We Are The World”, tutte queste cose. Non possono ignorare la voce delle persone, perché quello che noi usiamo è un mezzo che loro non possono usare. Loro parlano e parlano, noi invece usiamo un mezzo che attraversa lingue, barriere, confini. Le persone capiscono la musica dalla sensazione che dà loro, non bisogna per forza capirne i testi. Penso che la musica abbia ancora una parte importante nella diffusione di un messaggio. Ora, quanto potente come a metà degli anni ’80 quando lo abbiamo fatto con Band Aid, non lo so, perché penso che i giovani conoscano una grande quantità di intrattenimento: hanno TikTok, computer, concerti al telefono; mentre negli anni ’80 avevamo la radio e la televisione, tutto qui. Quindi la musica era incredibilmente importante per noi e ciò metteva in contatto le persone; ora che si hanno gli strumenti per connettersi con chiunque nel mondo, la musica potrebbe non essere così importante per i giovani.

Cosa resta di “Breathe”, che ti ha reso popolare al grande pubblico? E cosa ne pensi del ruolo e degli effetti collaterali che la musica ha negli spot pubblicitari, vivendo in una società consumistica?

È divertente perché il brano “Breathe” non è mai stato scritto per essere parte di uno spot televisivo, esisteva già da due anni. L’ho pubblicato non per quello scopo ma perché ho pensato che fosse un brano musicale interessante. Tutto è iniziato in Italia, ovviamente: quando le persone hanno visto l’annuncio pubblicitario, hanno chiamato le stazioni radio per sapere di cosa si trattasse, e queste non lo sapevano. Però quando hanno guardato nelle librerie musicali hanno trovato un album che non hanno mai riprodotto. E’ un mezzo, dunque. Sai, far ascoltare la tua musica in televisione non è diverso dal farlo alla radio (tranne per il fatto che non puoi farla ascoltare per tutta la durata perché troppo lunga), è solo un mezzo come un altro. È una cosa molto diversa scrivere qualcosa di specifico per vendere un prodotto, è un’arte completamente diversa, e non credo di essere in grado di farlo. Ma l’idea che i prodotti commerciali utilizzino brani più o meno famosi per pubblicizzare quel prodotto, o film, o Netflix, o qualsiasi altra cosa per migliorare l’atmosfera sarà una buona cosa. È una vita che va al di là della vita del brano musicale stesso. E’ sempre più difficile far trasmettere la propria musica alla radio perché sempre meno giovani la ascoltano, a loro piace avere tutto on demand. Dunque, se succede, devi essere grato. L’industria dei giochi sta iniziando a usare musica e cose del genere. Negli anni ’80 ho fatto una cover di “The Man Who Sold The World” di David Bowie ed è stata usata in un gioco dieci anni fa, e un’intera generazione di persone mi ha scoperto attraverso questo gioco, attraverso un brano che ho fatto 40 anni fa. Posso pensare “Beh, la versione che ho fatto è piaciuta”, poi se vado al computer e digito “Chi è Midge Ure?” appare l’intera cronologia di cui uno è completamente all’oscuro. E’ una cosa buona sotto questo aspetto, ma sì, non è un genere di cose che vorresti fare per il resto della tua vita, avere canzoni in spot in cui si vendono pizze ad esempio (ride, NdR)

Stai lavorando a nuovi progetti musicali? Anche non legati propriamente alla musica

Sì, ho lavorato a un nuovo album… lavoro sempre a un nuovo album, perché quando hai il tuo studio scrivi e registri costantemente. Non ho fretta di finirlo, non credo che il mondo stia aspettando con ansia un mio nuovo album, quindi quando penso ci sia del materiale pronto pubblicherò qualcosa. Ma nel frattempo, durante il lockdown, mi sono sbizzarrito e ho scritto e registrato un intero album strumentale: è una musica molto cinematografica, fragile e inquietante, e probabilmente uscirà prima del prossimo album di canzoni. Ho sempre fatto musica strumentale, ho sempre inserito una traccia in un album, ma mai un intero lavoro. Ed è stato divertente per me (non per la maggior parte delle persone, forse), anche se dover trasmettere le emozioni solo attraverso la musica è una cosa difficile da fare.

Verrai nel nostro Paese con il tuo tour per due date, a Firenze e Milano, e non vediamo l’ora! Qual è il tuo rapporto personale con l’Italia?

Vengo in Italia dalla metà degli anni ’70, è un Paese che adoro. Mi è piaciuto particolarmente quando tutti erano innamorati di “Breathe”, è stato davvero inaspettato. Ho girato l’Italia con gli Ultravox e da solo e quant’altro nel corso degli anni, ma trovo molto difficile tornare tutte le volte che vorrei. Ci sono stato con la famiglia, in vacanza, ho viaggiato su e giù da Taranto alle Alpi e cose del genere, ho fatto molte cose “domestiche” lì. Ma è molto difficile cercare di convincere qualcuno a portarmi in tour, il che è strano soprattutto dopo il grande successo di “Breathe” più di 20 e più anni fa. Perciò sono davvero entusiasta di tornare e esibirmi in Italia perché adoro il posto. Le persone sono calorose, e ovviamente non puoi negare che il cibo sia semplicemente fantastico.

Stiamo giungendo alla fine dell’intervista. Vorresti lasciare un messaggio ai tuoi fan e ai nostri lettori?

Assolutamente! Come ho detto, ho un’affinità con l’Italia e con gli italiani, e ho ricordi fantastici dei tour con gli Ultravox e poche cose da solista. Sono davvero contento che il vostro Paese sia ora parte di questo tour europeo che sto facendo, perché posso portare lo spettacolo completo, le luci, una grande band, per esibirmi non solo con i due album su cui ci stiamo concentrando, ovvero “Rage In Eden” e “Quartet”, ma anche con alcune delle altre canzoni. Quindi sì, sarà divertente, sarà fantastico. Come dico sempre, ormai non devo andare in ogni luogo e rimuovere tutti i poster della Swatch che costantemente affiggono (ride, NdR)

Grazie mille per il tuo tempo Midge, e in bocca al lupo per i tuoi spettacoli e tutto il resto!

Grazie mille, lo stesso per te. Stammi bene. Ciao!

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