ART X (Gabriele Bernasconi)
Uscita da poco più di una settimana, la rock opera "The Redemption Of Cain" è la chiave di volta intorno a cui abbiamo costruito, con l'aiuto di Gabriele Bernasconi, un'interessante e approfondita conversazione incentrata sul disco di debutto del suo nuovo progetto ART X. Dalle influenze in materia di Metal Opera a curiosità sulle collaborazioni con il cast, passando per considerazioni più personali e introspettive di Gabriele, queste le fondamenta di un percorso artistico che ha tutte le premesse per diventare, un giorno, cattedrale.
Articolo a cura di Costanza Colombo - Pubblicata in data: 05/11/16
Ciao Gabriele e bentornato su SpazioRock. Che effetto fa, stavolta, rispondere del proprio lavoro come compositore, e singolo individuo, piuttosto che come membro di una band?
 

Ciao Costanza, e ciao a tutti i lettori di SpazioRock! Beh, devo dire che l'emozione è decisamente diversa, molto più intensa. Innanzitutto perché qua la responsabilità è interamente mia, sia dei successi che degli insuccessi; in secondo luogo perché un progetto di questo genere solletica l'interesse di molte persone, anche solo per i nomi coinvolti, e questo aumenta ulteriormente l'attenzione che in questo momento mi viene rivolta. Avendo deciso personalmente praticamente tutto quello che riguarda questo progetto, dalla composizione della musica fino ai minimi dettagli del booklet, qualsiasi osservazione venga fatta mi tocca direttamente.

 

Quando presenti un album come parte di una band, ci sono altri pro e altri contro. Uno dei vantaggi di far parte di un gruppo, ad esempio, è che tutti i momenti negativi legati alla produzione e promozione dell'album vengono affrontati da tutti i componenti, e questo spesso è di immenso aiuto per valutare le cose a mente fredda. Uno degli svantaggi, però, è che spesso bisogna scendere a compromessi con scelte compositive, stilistiche o manageriali che non si condividono al cento per cento. Come unico compositore di quest'opera, di sicuro non ho dovuto accettare alcun compromesso, ma sono altrettanto cosciente che qualsiasi errore commesso sia mia unica responsabilità.

 

Sentirsi al centro assoluto dell'attenzione è una bella sensazione, mi provoca un brivido di sfida e anche molto orgoglio: sono ben cosciente delle scelte che ho fatto, sono convinto che questo album rappresenti bene ciò che voglio esprimere con la MIA musica, e sono pronto ad affrontare tutti i giudizi che verranno!

 

Vista la complessità del tuo ultimo progetto, entriamo subito nel merito del making of di "The Redemption Of Cain". Da quanto desideravi cimentarti in un'impresa del genere? Immagino che essendo un estimatore del lavoro di Avantasia e Ayreon tu potessi avere una simile intenzione già da tempo, o sbaglio?

 

Effettivamente è iniziato tutto parecchi anni fa, quando ho ascoltato a breve distanza l'uno dall'altro due album che mi hanno segnato: "The Metal Opera - Part I" di Avantasia e Into the Electric Castle di Ayreon. All'epoca ero ancora un grande ascoltatore di power metal tedesco (Helloween, Gamma Ray, Edguy, ecc.), ma stavo iniziando ad ampliare i miei gusti verso generi più complessi come il progressive metal e poi progressive rock, ed Ayreon è stata una vera e propria illuminazione. Componevo musica già da qualche anno, ma solo nel "normale" contesto di una band heavy metal; avevo qualche idea più "strana" che mi frullava nella testa, ma non sapevo bene come declinarla.

 

Questi due progetti di "metal opera" mi hanno fatto scoprire un nuovo mondo, dove le mie idee più sofisticate potevano finalmente trovare la loro collocazione. Ho sempre amato raccontare storie, e più volte mi sono trovato a vagare nella terra nebbiosa dove convivono musica, scrittura e poesia. Questo tipo di concept album, molto simile ad un musical per struttura, mi consente di sposare due mie grandi passioni: la musica e la narrazione.

 

Prima di arrivare alla stesura di "The Redemption of Cain" ho sperimentato parecchio, scartando molte idee immature. Creare un'opera di questo tipo non è un'impresa semplice a livello compositivo, perché non si tratta semplicemente di scrivere dieci canzoni; si tratta di creare un filo narrativo fatto di atmosfere, situazioni, personaggi, melodie ricorrenti... insomma, è un lavoro da seguire con grande attenzione, e da rifinire e limare finché non si ottiene esattamente ciò che si desidera.

 

Da dove si inizia a costruire una rock opera? Dalla scelta del concept o dal sondare il territorio in termini di collaboratori disponibili?

 

Nel mio caso sono partito dal concept, ma questo semplicemente perché, da buon newcomer come molti altri, non avevo ancora idea di chi sarei realmente riuscito a coinvolgere nel progetto. Ho quindi iniziato a scrivere una bozza della storia, a creare un elenco dei personaggi chiave, e allo stesso tempo a buttare giù le prime idee musicali per fissare un'atmosfera di riferimento. Ho scritto un paio di pagine che facessero da storyboard di riferimento, ho scelto gli eventi che avrebbero dovuto essere identificati da ciascuna canzone, e poi ho iniziato a lavorare seriamente ai testi e alla parte musicale.

 

Nel frattempo, scelti i personaggi, ho iniziato a stilare un elenco di cantanti che avrebbero potuto ricoprire i ruoli che avevo in mente, e insieme a Fulvio Trinca - il mio manager - abbiamo iniziato a sondare il terreno per capire quanti di questi saremmo realisticamente riusciti a coinvolgere. La scelta dei musicisti è stata più semplice: mentre componevo, avevo già un'idea piuttosto chiara di chi avrei desiderato come "band" per questo progetto, e devo dire che siamo riusciti a concretizzare esattamente la line-up che avevo in mente durante la composizione!

 

Proprio oggi stavo pensando ai lavori futuri: probabilmente, ora che ho un'idea più chiara di come si procede per realizzare un album di questo genere, sarebbe bello riuscire a "cucire" un ruolo addosso ad un cantante specifico scelto prima di comporre. Quindi non è detto che per altri album del progetto ART X non lavori anche in questo modo!

 

Hai dichiarato di esserti, in parte, ispirato all'opera teatrale "Caino, Un Mistero" di Lord Byron. Sia la vicenda del primogenito di Adamo che la ricerca dell'Eden perduto sono due tematiche decisamente classiche. Eppure, leggendo il tuo "copione", si intuisce che dietro le righe ci sia molto più di questo. Viene quindi da chiedere quanto la vicenda di Caino ti abbia offerto, in realtà, un pretesto per affrontare tematiche che ti stavano a cuore.

 

Direi che difficilmente avresti potuto centrare meglio la tua domanda! In fin dei conti, qualsiasi storia è sempre una metafora di qualcosa che si può vedere riflesso nel nostro quotidiano. Fin dall'alba dell'umanità, le "storie" intese nel loro senso più ampio sono sempre state un mezzo per far riflettere gli ascoltatori su qualcosa. Spesso usiamo la frase "la morale della favola", ma ci dimentichiamo che "la morale" è qualcosa che c'è in ogni storia.

 

La prima volta che ho realizzato questo concetto è stato mentre studiavo la Divina Commedia, alle scuole superiori. Mi sono reso conto di quanto tutto quello che Dante aveva scritto nel 1300 fosse terribilmente attuale, e ho iniziato a rileggere testi di filosofi sempre più antichi, per approdare ai classici della filosofia greca. Mi sono stupito di quanto la natura umana più profonda non sia realmente cambiata da allora: i problemi che l'uomo affronta sono sempre gli stessi. Il dubbio, la colpa, il senso della vita, la forza dell'amore, l'impermanenza di ogni cosa...

 

Ho preso spunto da una vicenda ben conosciuta in tutto il mondo occidentale, quella biblica di Caino e Abele, mettendo al centro dell'attenzione il personaggio che normalmente viene condannato senza pensarci due volte. L'opera di Lord Byron, di cui Caino è il protagonista, mi ha spinto a pensare a lui come ad una persona reale, e mi sono domandato "Cosa potrebbe realmente spingere qualcuno ad uccidere il proprio fratello?" Da qua ho esteso il mio pensiero su Caino fino a farlo diventare il simbolo dell'uomo che sbaglia, di chi commette l'errore peggiore che si possa commettere.

 

Abbiamo commesso tutti grandi errori nella vita: rovinando i rapporti con qualche familiare o caro amico, perdendo un amore sincero... questi errori spesso ci condizionano molto più profondamente di quanto pensiamo. Letteralmente diventiamo le cicatrici dei nostri errori, e spesso lo diventiamo così profondamente che la vita perde di senso, i colori spariscono, e ci lasciamo vivere senza più alcun entusiasmo. La vicenda che racconto è un viaggio di iniziazione interiore, in cui Caino scende fino ai più oscuri abissi della propria anima, incontra il demonio stesso, e infine riesce a ritrovare la propria redenzione attraverso l'amore, la sincerità, e soprattutto il perdono. Come ogni storia che si rispetti, come insegna Dante, prima di risalire bisogna scendere fino a toccare il fondo. Ma solo chi ha conosciuto l'oscurità potrà realmente apprezzare la luce!

 

Chi è stata la prima persona con cui ti sei confrontato, ovvero la prima a cui hai confessato i tuoi piani per gli ART X? Come ha reagito?

 

Ne ho parlato per primo con Fulvio Trinca, manager dei Clairvoyants e ora anche manager di ART X, che è tra l'altro colui che a suo tempo mi prestò "Into the Electric Castle" di Ayreon dicendomi "Ascoltalo, penso che questo ti potrebbe piacere!". Inizialmente ero piuttosto scettico nel riuscire realmente a portare a termine un progetto di questa portata, ma ho deciso di parlarne comunque con Fulvio per sapere cosa ne pensasse. Ci siamo trovati subito d'accordo nel cercare di produrre un album di questo tipo, e anzi abbiamo condiviso fin da subito un entusiasmo quasi infantile nell'elaborare insieme alcuni aspetti della storia, nel parlare dei cantanti più adatti ad uno specifico ruolo, nello scegliere la veste grafica del progetto...

 

Senza Fulvio, questo progetto oggi non esisterebbe. Così come io mi appassiono molto della parte compositiva e artistica dell'opera, d'altra parte sono una vera frana per tutto quello che riguarda l'organizzazione e la gestione più "manageriale" del progetto. E per un progetto di questo tipo, puoi immaginare che la parte organizzativa non sia trascurabile: occorre prendere accordi con tutti i partecipanti, decidere in maniera chiara modalità, scadenze, spostamenti, compensi... insomma, il contributo di Fulvio è stato inestimabile. Abbiamo anche avuto momenti di discussione, perché da newcomer di questo campo siamo andati incontro a rifiuti e ritardi non da poco, e questo ha smorzato a volte l'entusiasmo dell'uno o dell'altro; ma devo dire che, essendo amici da molti anni, siamo riusciti a superare ogni difficoltà e ora stiamo presentando quello che mi piace considerare come il "nostro" progetto!

 

Personalmente, ritengo che uno dei punti di forza del disco sia la caratterizzazione dei personaggi. Tutta farina del tuo sacco o i vari interpreti hanno in qualche modo contribuito? Lo chiedo perché quando si è di fronte a un lavoro del genere viene sempre da domandarsi chi faccia cosa! Penso ad esempio ad Amanda Sommerville, la quale non è certo nuova a questo tipo di circostanze..

 

Innanzitutto ti ringrazio per questa osservazione, con la quale mi trovi totalmente d'accordo. Quando si racconta una storia, la caratterizzazione dei personaggi è uno degli elementi chiave per rendere interessante la vicenda. Diciamo che si è trattato di un misto: io ho registrato delle linee vocali guida per tutti i ruoli, compresi quelli femminili, e avevo preparato una sintesi della storia e del personaggio che ho inviato a tutti i cantanti, e ciascuno ha poi interpretato il ruolo secondo il proprio sentire.

 

Probabilmente l'idea di interpretare un personaggio attira molto i cantanti, perché non si tratta solamente di eseguire un brano composto da altri, ma offre la possibilità di rendere l'esecuzione molto più personale, teatrale e intensa. Questo ha fatto sì che molti dei partecipanti dessero il meglio, fin oltre alle mie più rosee aspettative. Blaze Bayley è un Adamo drammatico, intenso e poderoso; Tim Aymar è inquietante e malefico nel ruolo di Lucifero. Parlando proprio di Amanda Sommerville, lei è stata forse la più professionale di tutti: mi ha inviato tre diverse registrazioni per ogni sezione di brano, interpretate in modo diverso, in modo che potessi scegliere quelle che preferivo a seconda del mood che volevo creare.

 

Con quanti dei membri del cast è stato possibile incontrarvi di persona?

 

Purtroppo non con molti. Al giorno d'oggi la tecnologia ci viene molto incontro, e le registrazioni possono avvenire a grande distanza sia spaziale che temporale, ed essere poi assemblate facilmente in fase di mixing. Ho lavorato a stretto contatto con Luca Princiotta, nel cui studio DynArt abbiamo registrato tutte le chitarre e le mie tracce vocali; ho incontrato di persona Giuseppe Orlando a Roma, dove abbiamo ascoltato le registrazioni di batteria e condiviso una cena luculliana a Frascati. Per quanto riguarda i cantanti, ho diretto personalmente in studio sia Lucia Emmanueli, con cui avevo già collaborato in altri progetti, sia Blaze Bayley. Ho lavorato a stretto contatto anche con Roberto Tiranti, che ho conosciuto di persona durante le registrazioni dei backing vocals per un musical qualche anno fa.

 

Con tutti gli altri c'è stato uno scambio principalmente di email, e a volte qualche telefonata. Dato il livello di professionalità che tutti hanno ovviamente dimostrato, non c'è stato alcun problema nelle registrazioni e nello scambio dei file audio. La collaborazione "remota" più stretta che ho avuto è stata con Oliver Palotai, che ha curato tutti gli arrangiamenti orchestrali: con lui abbiamo analizzato ciascun brano per capire che atmosfere creare, e c'è stato un assiduo scambio di bozze e rielaborazioni dei brani.

 

Ho poi avuto l'occasione di incontrare di persona sia Steve Di Giorgio che Oliver, in occasione di concerti rispettivamente di Testament e Kamelot, ma già a lavori conclusi. È stato comunque bello poter scambiare opinioni e amenità sul lavoro svolto, e devo dire che si sono rivelati tutti entusiasti di quanto realizzato.

 

Se non sbaglio non era la prima volta che ti ritrovi a dividere il microfono con Blaze Blayley. Perché non ci racconti come è andata stavolta?

 

L'amiciza con Blaze risale se non ricordo male al 2004, quando per la prima volta si è unito ai Clairvoyants per cantare alcuni classici dei Maiden sul palco. Da allora lo abbiamo ospitato numerose volte, e Luca Princiotta è anche stato membro ufficiale della sua band per alcuni anni. Blaze viene purtroppo ricordato ancora oggi come il cantante "sbagliato" degli Iron Maiden, ma chi ha avuto la fortuna di vederlo dal vivo sa che è una vera e propria bomba di energia e di pathos. L'ho voluto espressamente per il ruolo di Adamo, dato che volevo che interpretasse un padre drammatico, intenso e rabbioso.

 

Siamo riusciti ad organizzare le sue registrazioni presso lo studio AlphaOmega in provincia di Como, mentre lui era già in Italia per alcuni concerti, e ho dei ricordi bellissimi di quel pomeriggio. Sono rimasto in sala di incisione insieme a lui mentre cantava, leggendo insieme il testo e discutendo animatamente dell'interpretazione da dare a ciascuna frase. L'Adamo uscito da quella sessione ha superato ogni mia aspettativa, e ho già sentito numerosi commenti ammirati proprio riguardo all'interpretazione credibile e azzeccata di Blaze. È stata una di quelle esperienze da non dimenticare mai!

 

Essendo questo il tuo debutto da "burattinaio", c'è stato qualche aspetto della lavorazione che ti è risultato più difficile rispetto a quanto avevi preventivato?

 

Devo essere sincero: no! L'aiuto di Fulvio nell'organizzazione di tutto il lavoro è stato vitale, sia nella fase iniziale di contatto con tutti i partecipanti, sia specialmente nella fase conclusiva di pubblicazione e promozione dell'album. Io mi trovo molto a mio agio nella composizione, arrangiamento e lavorazione prettamente musicale e di produzione audio, e Fulvio si è sempre egregiamente occupato di tutto il resto. Questa divisone dei compiti ha funzionato molto bene, e se escludiamo dei considerevoli ritardi in alcune fasi del processo - inevitabili, se si pensa agli impegni di tutti i partecipanti - devo dire che si è svolto tutto in maniera fluida e naturale.

 

A partire dalla A di André Matos per arrivare alla Z di Zachary Stevens puoi vantarti di un cast strepitoso. Sei riuscito ad arruolare tutti coloro che erano nella tua lista ideale o c'è qualche assente illustre?

 

Devo ammettere che di assenti illustri ce ne sono, anche più di uno. Per il ruolo di Lucifero avevamo inizialmente tentato di arruolare Jon Oliva, poco dopo esserci assicurati la partecipazione di Zachary Stevens; da grande fan dei Savatage, poter ospitare entrambi su un mio album sarebbe stato letteralmente un sogno che si avvera! Purtroppo Jon ha detto di non essere interessato a questo progetto, ma non mi do per vinto: ritenterò di sicuro con qualche lavoro futuro!

 

Sempre per il ruolo di Lucifero, prima di pensare all'azzeccatissimo Tim Aymar, eravamo entrati in contatto con l'inquietante e versatile Warrell Dane dei compianti Nevermore. Anche con lui non siamo riusciti a concludere, ma anche in questo caso non abbandono le speranze: Warrell ha una voce troppo interessante perché io la lasci andare così facilmente.

 

L'ultima assenza di cui mi dispiaccio, stavolta dovuta a vincoli discografici e problemi di tempo, è quella di Alessandro Conti (Trick or Treat, Luca Turilli's Rhapsody). Con i Trick or Treat abbiamo condiviso moltissimi concerti e bellissime esperienze, e siamo cresciuti insieme da semplice cover band fino a compositori di musica originale con un certo seguito; inoltre ammiro moltissimo Alle come cantante, penso sia una delle più belle voci di metal melodico che abbiamo in Italia. Qui posso dirlo con certezza: sarà per la prossima!

 

Parlando di rock opera, quali sono, secondo te, i tre lavori più riusciti di sempre in questa categoria?

 

Ho già nominato "Into the Electric Castle" di Ayreon, ma dalla sua discografia sceglierei invece "The Human Equation". Non voglio anticipare la tua prossima domanda, quindi parlerò in seguito di questo album.

 

Un'altra rock opera che mi ha colpito molto è stata "Nostradamus" di Nikolo Kotzev, un lavoro in pieno stile rock popolato di voci che mi piacciono tantissimo, da Joe Lynn Turner a Glenn Hughes a Jorn Lande. Anche questo album rientra tra quelli che mi hanno stimolato a comporre "The Redemption of Cain": ricordo di averlo ascoltato per delle settimane intere, dall'inizio alla fine, da vero fanboy.

 

Ma l'opera rock che sta in cima al podio, indiscutibilmente parecchie spanne sopra ogni altra, è "Jesus Christ Superstar". So che si tratta di un musical e che magari non dovrei includerlo in questa piccola classifica, ma penso sia davvero una delle massime espressioni di quello che un'opera rock dovrebbe essere. Una storia avvincente e originale, dei protagonisti credibili e perfettamente caratterizzati a livello vocale e personale, delle musiche dinamiche e progressive al punto giusto, uno svolgimento attentamente pianificato, e uno stile graffiante e grezzo che comunica esattamente quello che io intendo per rock.

 

Hai dichiarato che "The Human Equation" di Ayreon è stato un fattore determinante per questa tua scelta artistica. Cosa rende così unico questo disco per te?

 

È uno di quegli album che ascolto sempre, da anni, senza che mai mi stanchi. Al primo ascolto, mi ha colpito per il perfetto connubio tra melodie orecchiabili, voci interessanti e varie, strutture complesse e progressive, sperimentazione sonora. Non avevo mai sentito tutti questi elementi così ben mischiati in un'unità sonora e compositiva così riuscita. Attirato da questo, mi sono immerso nella lettura dei testi, e la storia mi ha letteralmente catturato. Ogni personaggio ha la voce perfetta per il proprio ruolo, il testo è semplice e profondo allo stesso tempo, e la vicenda è narrata con un pathos che mi ha colpito nel profondo. Non mi vergogno di ammettere che, al primo ascolto seguendo tutta la storia sul booklet, la conclusione mi ha strappato una lacrima. Come ultima caratteristica, è un disco con il perfetto mix di complessità e semplicità: pur conoscendo i brani a memoria, lo riascolto sempre volentieri per godermi le atmosfere e i passaggi più complessi, rilassandomi nelle melodie familiari e stupendomi ogni volta di qualche piccolo dettaglio che non avevo notato in precedenza.

 

La più grande ispirazione che mi arriva da "The Human Equation", probabilmente riscontrabile direttamente in "The Redemption of Cain", è l'intimità della storia. Nell'album di Ayreon i personaggi interpretano delle emozioni, e anche nel mio lavoro non ci discostiamo molto da questo concetto: Lucifero è la tentazione, Adamo la rabbia e la delusione, Caino la ribellione e la libertà, Abele il perdono... penso che questo approccio conferisca grande forza ai personaggi, rendendo la storia più intima per qualunque ascoltatore, che trova un riscontro immediato con le proprie emozioni.

 

Per ultima ti pongo la domanda a cui tutti si aspettano una risposta: riuscirai a riunire gli ART X su di un palco?

 

Effettivamente è una domanda che ricevo spesso. Devo dire che sarà difficile nel breve temine: un solo album è un materiale troppo scarno per imbastire un intero concerto, e non si tratta neppure di un musical che possa essere riproposto così com'è in sede teatrale. Ovviamente organizzare un live di un progetto del genere è piuttosto impegnativo, perché bisogna far quadrare gli impegni di tutti i partecipanti, quindi penso che occorrerà attendere che ci sia più materiale pubblicato per poter pensare ad un palco. L'interesse che molti stanno dimostrando per questo aspetto è stimolante, e lo terrò di certo in considerazione per il futuro!

 

Per chiudere, ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato e ti invito a lasciare un messaggio ai nostri lettori, in particolare a tutti coloro che sei già riuscito a incuriosire riguardo alla tua nuova proposta musicale. Alla prossima!

 

Grazie mille a te e a tutti i lettori! "The Redemption of Cain" non è un lavoro di facile ascolto, è importante tenere a mente che si tratta di una storia: le canzoni non sono pensate per essere ascoltate in maniera isolata, ma fanno parte di un unico svolgimento. Per quanto l'argomento e molte delle atmosfere siano cupe, il messaggio finale è proprio quello della redenzione: impariamo a non tenerci stretto il peso dei nostri errori, e cerchiamo tutti di vivere più leggermente e serenamente!

 

Un grazie di cuore a tutti coloro che ascolteranno il mio lavoro, ogni critica è la benvenuta, e spero di riuscire ad emozionare qualcuno tanto quanto io stesso mi lascio emozionare dai grandi tesori della musica!




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