Jethro Tull (Ian Anderson)
Non basterebbe un'intera pagina di SpazioRock per raccontare con dovizia di particolari i contenuti (musicali e non) di "Homo Erraticus", l'album che segna il ritorno di Ian Anderson al progressive rock a meno di due anni da "Thick As A Brick 2". Spogliatosi definitivamente del blasonato fardello dei Jethro Tull, Ian Anderson ne inventa un'altra delle sue: a sessantasette anni rispolvera l'ex bambino prodigio Gerald Bostock, già protagonista del concept di "Thick As A Brick" per inventarsi un concept del tutto inedito, una curiosa revisitazione degli ultimi ottomila anni storia, col piglio di uno storico revisionista. L'incontro promozionale, avvenuto nella hall di un lussuoso hotel a due passi dalla Stazione Centrale di Milano, è stata l'occasione per confrontarsi su temi importanti e controversi, come avrete modo di leggere, ma soprattutto è stata l'occasione per incontrare uno dei nostri miti, una leggenda vivente, una personalità senza eguali, appellativi che non smettono mai di emozionarci, allo stesso modo in cui il cuore di fan non smette mai di battere.
Articolo a cura di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 14/04/14

Ciao Ian, come stai?

 

Molto bene, ti ringrazio per avermelo chiesto. Come posso aiutarti?

 

Abbiamo un nuovo disco di cui cui parlare… ma stavo giusto guardando il libro che hai con te, “Il rock progressivo italiano”.

 

Sì, me lo hanno appena dato.

 

Lo hai letto?

 

No, me lo hanno dato giusto due minuti fa...anzi, cinque minuti fa.

 

Cosa conosci del progressive rock italiano?

 

iananderson2014intervista_03Beh, in Inghilterra è un genere abbastanza popolare, e forse lo è anche negli States, ci sono un paio di bands davvero molto conosciute, la scena progressive rock italiana degli anni ’70 è stata la cosa più grande che l’Italia abbia mai realizzato al di fuori dei suoi confini in termini di popolarità, e a quanto pare ha funzionato! Molte bands hanno seguito quel filone, è stato un fenomeno piuttosto rilevante, se consideri che all’epoca c’erano più bands di prog rock in Italia che nel resto del mondo…non saprei…

 

Con “Homo Herraticus” hai deciso di tornare ancora al prog rock.

 

E’dal 1972-73  che siamo etichettati come progressive rock band. Tutto ebbe inizio con “Thick As A Brick”, quel disco nacque come parodia dei concept album prog rock allora tanto di moda ma ebbe un successo notevole; col disco successivo provammo a fare qualcosa di simile cercando di dare un taglio ancora più eccentrico ed estremo. Per registrare ci recammo in un castello nei pressi di Parigi ma fu un disastro, registrammo molte ore di musica ma dovemmo fare i conti con un suono orribile, gente che si ammalava, insomma non fu un bel periodo. Da lì tornammo in Inghilterra dove elaborai rapidamente un nuovo concept; “A Passion Play”  aveva un taglio più serioso che rispecchiava l’atmosfera all’interno della band. Lo scorso anno abbiamo rimasterizzato quel disco aggiungendo le “Chateau D’Isaster Tapes" registrate a Parigi, operazione all’epoca impossibile dato che il formato vinile non aveva spazio a sufficienza. Questo è in sintesi il prog rock dei Jethro Tull. “Thick As A Brick” e “A Passion Play” raggiunsero entrambi la vetta di Billboard, e ho dovuto aspettare il 1995 prima di pubblicare un altro concept album che avesse lo stesso successo, parlo del disco strumentale “Divinities”, per poi tornare a cose più concettuali con “Thick As A Brick 2” nel 2012. Registrare qualcosa di complesso del solito è una sfida che credo valga la pena affrontare. Dopo il secondo concept album in due anni, ne avrete un altro nel 2016, forse…

 

Questa è senz’altro una buona notizia!

 

Potrebbe esserlo, ma potrebbe essere anche un’istigazione al suicidio per qualcuno, per qualcun altro invece è come andare su Marte, chi può dirlo!

 

Quindi cos’è per te “Homo Erraticus”? Un disco di progressive rock?

 

Con un po’ di ironia ho parlato di prog rock, ma direi piuttosto prog folk metal, è un disco eclettico con un sacco di influenze, un disco rock con un po’ di musica acustica alla maniera dei due “Thick As A Brick”, ma concentrata in due trace piuttosto brevi. Fondamentalmente è un disco rock.

 

C’era qualcos’altro da aggiungere alla storia di “Thick As A Brick”? Qualcosa di non detto?

 

iananderson2014intervista_04No, questa non è la terza parte di una trilogia, è un disco a sé stante, che tratta argomenti storici di ottomila anni fa rapportati al mondo contemporaneo. E’ un’istantanea attraverso la storia, migliaia di anni di evoluzione con riferimenti ad oggi, perché è importante sapere da dove veniamo e dove stiamo andando. E’stato interessante tracciare questi parallelismi, “Homo Erraticus” è la storia della migrazioni, di popoli che si spostano non tanto in senso fisico quanto spirituale, e ha a che fare con l’avvento del Cristianesimo in Europa, le grandi rotte commerciali verso est dell’Età Vittoriana, l’Impero Britannico, insomma, è la storia degli spostamenti attorno al mondo, inclusi gli anni più recenti, successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Gli Inglesi e gli Americani hanno conquistato il mondo attraverso il cinema, i kolossal di Hollywood e la musica tradizionale, non tanto con gli eserciti quanto con la cultura popolare. “Homo Erraticus” è l’impatto dei popoli che migrano verso altri luoghi. E’ un concept universale, “Homo Erraticus”, l’uomo errante…

 

Il titolo sembra riferirsi a un uomo senza una direzione. E’ così che vedi la razza umana?

 

Agli albori l’uomo non pianificava alcunché nella sua vita, si limitava a seguire l’istinto. Tutto quello che desiderava era procurarsi il cibo e sfamarsi! In un certo senso è come di recente ha fatto quella casa di produzione americana che ha creato la serie “The Walking Dead” sul canale AMC; non avevano una strategia, si sono limitati dapprima a creare un episodio, si sono accorti che era piuttosto buono, ne hanno fatto il pilota della serie e da lì si sono trovati in 139 paesi del mondo… è stato un successo enorme ma non credo si possa dire che avessero un piano. Pensa un attimo al Presidente Kennedy (faccio un po' fatica a comprendere le sue associazioni di idee, ma Ian non si discute, ndr) quando parlò del primo uomo sulla luna, era una cosa enorme da affrontare e gli Americani lo capirono, anche se c’erano molti imprevisti lungo il percorso. E’stato il primo tentativo di fare una spedizione civile pacifica al posto di un atto di guerra. Io sono nato in quegli anni lì. Quella è la mia era.

 

L’album è stato prodotto da Steven Wilson?

 

No, il disco è stato mixato da Jakko Jakszyk, un amico Steven Wilson che ha già lavorato con Emerson Lake & Palmer per il remix di “Tarkus” e che adesso collabora con Robert Fripp e I King Crimson. Al momento è in tour con loro nelle vesti di chitarrista e cantante… Steve avrebbe dovuto mixare l’album ma sfortunatamente si è ammalato prima di Natale; è stato lui stesso a suggerirci Jakko, a metà gennaio gli ho spedito tutti i file e la settimana successive avevamo già il master mixato. A questo giro non abbiamo usato il formato 5.1 surround, e non è neppure della qualità di un CD che di solito è 16 bit, diciamo che è qualcosa di meglio. Nella versione DVD del disco puoi trovare sia la versione 5.1 surround, la 24 bit stereo e alcuni video fatti durante la realizzazione. Abbiamo registrato il disco nel mio studio di casa proprio come se fossimo on stage e ci siamo divertiti un sacco, abbiamo lavorato come un vero team arrangiando e componendo assieme in studio.

 

Tornando ai testi del disco, ho notato la presenza di ben tre livelli di narrazione nella storia: Ian Anderson, Gerald Bostock e l'archeologo. E' una cosa voluta?

 

iananderson2014intervista_02

All’inizio non c’era niente di pianificato. Il primo giorno non avevo niente in testa: nove del mattino, primo gennaio 2013. Primo giorno dell’anno, lì è iniziato tutto. La mia testa era completamente vuota, niente, nessuna idea. Verso l’ora di pranzo ho iniziato a esercitarmi col flauto e verso sera me ne sono uscito con questa melodia, “e adesso che ci faccio?” mi sono detto…”la chiamerò Doggerland…cos’è Doggerland? E’ la gente che migra in cerca di una vita migliore”. Mi sono proiettato un po’ più in là, quando gli uomini divenuti stanziali iniziarono a lavorare i metalli creando utensili piuttosto grezzi, da lì son passato agli strumenti per arare la terra e seminare, gli stessi strumenti che potevi usare per tagliare le cose potevano essere impiegati anche come armi. Mi sono spinto ancora oltre, riflettendo su quanto si sia evoluta la manifattura delle armi, la tecnologia nucleare per scopi bellici, Oppenheim e la bomba atomica, ho fatto una comparazione fra le origini e i sistemi più moderni (e stupidi) di armi di distruzione di massa. Tutto questo è diventato un pezzo molto breve intitolato “Heavy Metals”. Poi ho analizzato il succedersi delle popolazioni che hanno vissuto in Gran Bretagna, l’espansione dell’Impero Romano, i Sassoni, gli Scandinavi, i Vichinghi, tutte culture differenti, caratteri e lingue che si sono accumulate col passare dei secoli. Noi inglesi siamo un misto di tedeschi, francesi, popoli del Nord, persino mongoli…questi siamo noi, i Britannici, e veniamo tutti da qualche altro posto nel mondo. Per cui il tema di fondo è la migrazione. La gente oggi ha paura perché pensa che gli immigrati raggiungano i loro paesi per trarre vantaggio da ciò che hanno in termini di industria, commercio, lavoro, educazione, assistenza sanitaria e servizi sociali… l’immigrazione sarebbe senz’altro un fattore positivo, se non fosse che stiamo esaurendo ogni spazio e risorsa disponibile su questo pianeta, e non possiamo pretendere che da qui a vent’anni ci sia la stessa domanda in termini di spazio e risorse, mentre il riscaldamento globale continua a crescere, in molte parti del mondo la pressione demografica è insostenibile, sia in termini di cibo che di approvvigionamento idrico, per cui aspettati sempre più persone che verranno a bussare alla tua porta, magari da Roma o Napoli! Se avessimo un’altra Era Glaciale, potresti trovarti settanta milioni di inglesi a bussare alla tua porta. Vorresti settanta milioni di inglesi nel tuo paese? Non credo tu lo voglia. Migrazione e immigrazione sono due facce della stessa medaglia, prendi chi vive nel Sud del mondo o in Africa, con la popolazione che cresce a dismisura di giorno in giorno, che ne sarà di loro? Come ci regoleremo con questa domanda crescente? Tutto quello che dobbiamo fare è parlarne e iniziare a diventare un po’ più consapevoli, è giusto essere generosi verso chi necessita di aiuto e supporto, ma non possiamo continuare ad esserlo troppo a lungo. L’unica soluzione possibile a lungo termine è quella che sta avvenendo in Germania, che ha ridotto il tasso di fertilità delle donne dell’ 1,5%. E’ un passo naturale, educare le donne e far sì che abbiamo un ruolo paritario nella società, loro non vogliono più avere tanti bambini come un tempo, oggi preferiscono avere un lavoro, per cui la soluzione è educare le donne a un concetto di famiglia “ristretta”. Sfortunatamente in alcune parti del mondo, la cultura vigente preclude le pari opportunità e le donne sono relegate al ruolo di macchine per fare figli. Io voglio che la gente torni a pensare, a parlare e a condividere le proprie opinioni a riguardo perché i politici non vogliono farlo, non c’è nessuno oggi  che voglia parlare di popolazione e sviluppo sostenibile. Sto solo cercando di fare la mia parte nel rendere la gente un po’ più consapevole su questi temi, magari col sorriso in faccia, non con disappunto o rabbia, ma con spirito ottimistico. Prima che sia troppo tardi.

 

Ok Ian, ne farò tesoro.

 

Questo è il potere del prog rock! Ottomila anni di storia in cinquantadue minuti e mezzo, solo il prog rock può fare questo!




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