While She Sleeps (Mat Welsh, Aaran McKenzie)
In occasione del loro tour europeo, i While She Sleeps sono tornati in Italia per due date, a supporto dell'album "You Are We". Abbiamo incontrato il bassista Aaran McKenzie e Mat Welsh, chitarrista, poco prima della loro esibizione al Traffic Club di Roma.
Articolo a cura di Simone Zangarelli - Pubblicata in data: 02/03/18
Si ringraziano Salvatore Dragone e Marilena Ferranti per la collaborazione
 
 
Ciao ragazzi, bentornati su SpazioRock.it, è un piacere avervi di nuovo con noi. Come state?
 
Aaron: Molto bene, grazie! 
 
Il vostro tour europeo è iniziato pochi giorni fa, come sta andando?

A: È pazzesco, è la prima volta che siamo headliner da quando siamo usciti. Stanno venendo sempre più persone ai nostri concerti, è davvero bello. Non vedo l'ora di vedere come sarà stasera.

Infatti state per fare due concerti in Italia, di cui uno proprio questa sera, e so che avete un'ottima fanbase nel nostro paese. Avete qualche aspettativa particolare per queste due serate?

A: Il nostro pubblico è sempre pazzesco. Dunque mi aspetto di calarmi a pieno nello show.
 
M: Sono abbastanza certo che si tratterà un tipico concerto italiano completamente folle (ride, ndr.).
 
Sono passati parecchi mesi da quando vi abbiamo intervistato, in occasione dell'uscita del vostro ultimo album, "You Are We". Come vi sentite ripensando a quel periodo e come sono cambiate le cose per voi da allora?
 
M: Per noi è stato un anno veramente fantastico da quando l'abbiamo pubblicato, per la reazione che ha suscitato e adesso noi che portiamo in giro queste canzoni. È stato travolgente vedere quanto il disco fosse arrivato lontano prima che noi arrivassimo a suonare in quei paesi, è come se tutto il mondo fosse connesso in qualche modo. È incredibile, penso che guardandoci indietro siamo davvero felici di questo capitolo nella storia della band, penso che sia una buona cosa.
 
A: Dimostra che credere in se stessi per rompere gli schemi alla lunga paga se sei disposto a farlo.

C'è una collaborazione molto speciale nel disco, parlo della canzone "Silence Speaks" con Oli Sykes dei Bring Me The Horizon. Vorreste raccontarci come è nata questa collaborazione?

M: Lui ha ascoltato e apprezzato qualche canzone del disco, siamo praticamente vicini di casa, poi avevamo già fatto un paio di concerti con loro e altrecose. A lui piacevano davvero i pezzi che stavamo facendo per il disco e tutto il resto, così ci disse che gli sarebbe piaciuto essere coinvolto nel progetto e abbiamo pensato a come realizzare questa collaborazione. Così mi è venuta l'idea: "Perché non duetti con Lawrence in questo pezzo?". È figo perché Sykes è un'ottima collaborazione per noi, inoltre è molto legata a da dove veniamo, è una cosa fra band di Sheffield.
 
A: Molte persone pensano ai Bring Me The Horizon come una grande band, e, sai, la gente potrebbe pensare che sia una collaborazione da sfruttare o da ostentare. Dal mio punto di vista è piuttosto una collaborazione basata sull'amicizia, anche se è comunque un bel progetto.
 
 
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E infatti lo è! In questi sei anni avete fatto molte cose, avete partecipato a festival come Wacken e Sonisphere e avete suonato a fianco di band come Asking Alexandria e molti altri. Come vi sentite ad aver raggiunto questi traguardi?

A: Ci sentiamo molto bene. Si tratta di ottenere successo poco a poco ed è solo quando torni a casa da un grande festival europeo che ti siedi e ti prendi del tempo per rifletterci. Non ci aspettavamo davvero di ottenere tutti questi grandi traguardi che abbiamo già raggiunto, ma continueremo a scalare la vetta.
 
M: Penso che quando ci sei dentro e sei sempre rivolto a ciò che verrà dopo, è difficile rendersene conto e dire "oh, siamo qui". Questa è tipo una lunga scia che continua da 12 anni, non è mai stato come lavorare un giorno ed è tutto perfetto, è più un impegno continuo.

È come costruire qualcosa passo dopo passo...

A: E a volte prendi il tempo per rifletterci e pensi "oh merda", pensando a quanto siamo stati privilegiati a suonare con gli Asking Alexandria (ride NdR)
 
Questa è una curiosità. Anche se ormai siete abituati a salire sul palco, avete qualche rito scaramantico o un portafortuna che portate con voi prima di andare in scena?

A: Non proprio. Molte band di solito si mettono in cerchio e ulrano "merda", noi non lo facciamo. Molte persone fanno riscaldamento, oppure pregano o fanno stretching. Non sono proprio dei riti, io di solito sorseggio un paio di birre per sciogliermi, ma sono sobrio quando salgo.
 
M: Io mi assicuro sempre che le scarpe siano strette abbastanza. Non andate sul palco con le scarpe con le scarpe troppo larghe, le scarpe devono calzare bene, come fossero calzini di gomma.

Ci sono anche artisti che salgono sul palco senza scarpe, per stare più comodi...

M: Io lo farei ma con i pedali sarebbe un problema.
 

Qual è la vostra canzone preferita da suonare dal vivo e perché?

A: La mia è "You Are We", perchè è all'inizio della scaletta e siamo molto energici. Penso che sia una canzone molto melodica e aggressiva allo stesso tempo, è per questo che è la title track dell'album, perché conserva un forte messaggio in sè.
 
M: La mia è, non so, forse "Four Walls", "Silence Speaks" oppure "Hurricane", una delle tre. Perché sono alla fine della scaletta e a quel punto diventa tutto caotico, mi scateno e sento come se le persone nella folla fossero diventati buoni amici per me, mi diverte.
 
A: Anche a me piacciono, ma un altro motivo per cui mi piace "You Are We" è che hai la prima interazione con la gente, è divertente vedere come la folla reagirà per il resto dello spettacolo
 
 
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Che consiglio vorreste dare alle giovani band che voglio suonare questo genere?
 
A: Siate coerenti, non mollate e non fatevi un piano di riserva, siate focalizzati sull'obiettivo. Se sarà destino si avvererà.
 
M: Siate fedeli a quello che davvero vi piace sul serio della musica. Uno degli errori che la gente fa oggi penso che sia essere attratti da qualcosa di popolare, se fai davvero il tipo di musica che vuoi fare e continui a farlo, non importa cosa va di moda, la gente riconoscerà l'autenticità artistica. Penso per esempio ai nostri fan, a loro piace quello che facciamo perché piace a noi e non cerchiamo di fare le cose perché sembrano fiche o vanno di moda. Quindi siate onesti con voi stessi e con la vostra creatività.
 
A: Inoltre non lasciatevi abbattere lungo il cammino, perché io penso che per arrivare dove siamo noi, per scrivere le canzoni che facciamo ora, ci sono voluti anni e anni di pratica. Ascoltando le canzoni che scrivevamo nel 2007, non suonano come le canzoni che scriviamo oggi. Non accadrà a prescindere, e non sarai bravo a prescindere. Noi siamo stati nei While She Sleeps per 12 anni, e siamo stati anni in altre band prima di questa, quindi ci vuole del tempo.
 
M: È importante che che tu faccia brutte canzoni, e che suoni dal vivo in brutti posti e che la gente ti veda là, perché poi sarai grato quando sarai in alto. Devi sperimentare prima il livello più basso nel tuo mestiere o in qualunque altro tu voglia intraprendere per sapere come sarà. Non demoralizzatevi se all'inizio i vostri spettacoli non sono un granché, prendete gli aspetti positivi e capite cosa potete fare per migliorare.

Volete lasciare un messaggio ai vostri fan e ai lettori di SpazioRock?

A: Se non avete comprato "You Are We", fatelo. Se lo avete scaricato illegalmente, scaricatelo legalmente, procuratevelo e dite ai vostri amici di farlo. La vostra missione, se state leggendo questo articolo, è di raccontare dei While She Sleeps a una persona che non li conosce.
 
M: E poi venite entrambi ai nostri concerti a fare un po' di casino! 




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