Symphony X, Pagan's Mind, DGM
07/10/11 - Live Club, Trezzo sull'Adda


Articolo a cura di Stefano Risso

Serata dall'alto tasso tecnico quella di venerdì 7 ottobre al Live Club di Trezzo. Assoli al fulmicotone, voci potenti e squillanti, partiture ricercate e tutta l'energia del prog metal, per un evento che metteva in mostra due compagini agguerritissime, a supporto di una delle band più stimate dell'intera scena, portando in dote uno dei top album di questo 2011.

 

Ma andiamo con ordine. Sospinti da una leggera brezza (per usare un eufemismo) che ha definitivamente spazzato via gli ultimi strascichi d'estate, un buon numero di sostenitori si assiepava davanti all'ingresso con abbondante anticipo sulla tabella di marcia. Un buon segno che si è confermato col trascorrere delle ore, arrivando a occupare il Live Club in maniera più che consona per un evento del genere, non un pienone assoluto, ma contando i tempi che corrono e la poca attenzione del pubblico “medio” italiano verso le band con nomi meno altisonanti delle solite tre/quattro cariatidi, grasso che cola. Grazie a tutto ciò i nostrani DGM, chiamati ad aprire la serata, hanno potuto contare su un supporto già bello carico e corposo, dimostrando pienamente di valere la buona attenzione dei presenti. Bastava rendersi conto del ricambio delle prime fila al termine dell'esibizione dei nostri e le tante magliette targate DGM in giro per la sala, per capire che i ragazzi non erano semplici comparse, ma importanti interpreti della serata. Promesse mantenute: la band gira alla grande, mostrando nella mezz'ora a disposizione il meglio del repertorio, interagendo bene con i presenti e comportandosi da musicisti di valore assoluto. Ottime infatti le rasoiate incrociate di  Simone Mularoni (chitarra) e di Emanuele Casali (tastiere), delle vere e proprie cascate di note, come convincente la prova al microfono Mark Basile e della sessione ritmica. Nessuna indecisione, grande ritmo, belle canzoni che acquistano ancora più potenza dal vivo, insomma, promossi alla grande.

Dopo il quarto d'ora accademico per le formalità del cambio strumentazioni, si presentano puntuali i norvegesi Pagan's Mind. Dall'approccio sostanzialmente più morbido dei DGM, i simpatici musicisti nordici non ci mettono molto a stabilire il giusto feeling col pubblico. Grande merito del frontman Nils K. Rue e dei corpulenti Steinar Krokmo (basso) e Ronny Tegner (tastiere): il primo, nonostante la frenesia delle dita sul suo basso a sei corde, dal volto ridanciano e sereno di chi si sta davvero divertendo a suonare dal vivo, il secondo, meno impegnato (e dai suoni non bilanciati), intento a sollevare a ritmo le tastiere e riempire, in tutti i sensi, il palco. La controparte più seria è affidata al bravo axeman Jorn Viggo Lofstad, l'elemento che più spicca del combo norvegese. Anche qui possiamo solo tessere lodi alla band. Al di là dei gusti personali, diciamo che il tutto sapeva di “già sentito”, i fan accorsi hanno gradito l'esibizione (anche qui trenta minuti scarsi), che ha avuto un picco durante il brano strumentale eseguito sul finire della performance, dove le componenti heavy/power si sono fatte da parte, per permettere ai musicisti di sfociare nel più puro prog metal, mostrando di essere dei gran “manici” (espressione non troppo tecnica, ma che rende l'idea), sapendo destreggiarsi in un brano strutturatissimo con una scioltezza invidiabile.

Inutile girarci intorno. Se fin qui la serata è stata molto piacevole, dal momento che i Symphony X salgono sul palco e attaccano gli strumenti, il concerto si trasforma in un trionfo. La sensazione di trovarsi davanti a musicisti di un altro livello (per almeno il 90% della scena rock/metal mondiale) si palesa con il micidiale attacco di “Iconoclast” la title-track dell'ultimo album degli americani (qui la recensione e l'intervista). Nonostante la chitarra di Romeo si perda inizialmente nell'insieme, salvo poi recuperare strada facendo, la compattezza, la potenza, l'affiatamento e la presenza scenica dei nostri è assoluta. In questo il frontman Russel Allen la fa da padrone, carismatico e coinvolgente, dall'ugola sempre pronta a graffiare senza perdere mai d'intensità, aggressivo ma all'occorrenza vellutato ed emozionante, una fedele copia di quello che si può ascoltare su disco, anzi, dai tratti ancor più enfatizzati. Come del resto la prova di Michael Romeo, persino più veloce del solito, la sua chitarra macina note e riff con una qualità tale da rimanere esterrefatti. Quasi una lezione per far capire la differenza che passa tra ottimi chitarristi e un guitar hero di prim'ordine... Basta guardarlo e ascoltarlo live e ci si rende conto della differenza. Ovvio, i protagonisti assoluti rimangono loro, per visibilità e mobilità sul palco, ma grande merito va tributato al resto della band: Jason Rullo non perde un colpo dietro le pelli, Mike LePond suona il suo basso con la naturalezza con cui di solito ci si ferma al bar per un caffè e il buon Michael Pinnella fa la sua parte alle tastiere, forse l'elemento che più ha sofferto del progressivo indurimento del sound dei Symphony X. In particolar modo a fronte di una scaletta che promuove quasi interamente il nuovo album: dopo l'opener arrivano infatti “The End of Innocence”, “Dehumanized”, “Bastards of the Machine”, “Electric Messiah” e la lunga ballata “When All Is Lost”, leggermente reinterpretata con un surplus di assoli di chitarra mozzafiato (uno dei picchi dell'esibizione). Con pochissime pause tra un pezzo e l'altro seguono poi “Children of a Faceless God”, “Heretic”, giungendo finalmente a qualcosa di più storico: “Inferno (Unleash the Fire)” da “The Odyssey”, e “Of Sins and Shadows” da “The Divine Wings of Tragedy”. Dopo un breve intermezzo, tocca a “Paradise Lost” chiudere la serata, da cui vengono estratte “Eve of Seduction”, “The Serpent's Kiss” e “Set the World on Fire (The Lie of Lies)” a chiudere la setlist.

Una prova superlativa ricambiata da un pubblico pacato ma incredibilmente caloroso, con i consueti ringraziamenti della band nei confronti del pubblico italiano (“i migliori di tutti”... ) e un bell'inchino finale. Una performance che ha offerto tutto quello che si può chiedere a una band, sostanza, esecuzioni impeccabili, partecipazione e qualche effetto speciale, come i movimenti della mano sinistra di Romeo sulla tastiera (di quelli che ogni maestro di chitarra proibisce ai propri allievi) o la trovata di Allen che copre il volto di Romeo con un asciugamano durante l'esecuzione di un assolo, portato a termine senza il minimo intoppo per altro. Ottimo concerto per una band che merita tutto il supporto possibile. Alla prossima!




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