Duran Duran - All You Need Is Now Tour 2012
16/07/12 - Arena, Verona


Articolo a cura di Eleonora Muzzi

Vedere i Duran Duran dal vivo è uno spettacolo nello spettacolo. Dopo oltre trentanni di carriera i quattro inglesi oltre a sapere perfettamente come si calca un palco sanno come creare vari siparietti capaci di aizzare il pubblico anche più rilassato. Ma vedere un concerto dei Duran Duran nella splendida cornice dell'Arena di Verona è un'esperienza assolutamente irripetibile. Il teatro romano che da quasi duemila anni si erge fiero nel centro della città veneta e ospita una delle stagioni di opera lirica migliore del mondo crea un feeling aggiuntivo con la musica. Sarà la storia del teatro stesso, la meraviglia a pensare che si sta seduti all'interno di un luogo costruito a mano e senza uso di macchinari ma che ancora, nonostante tutto, resta in piedi e non da segni di cedimento, sarà l'acustica eccezionale, migliore di molte sale da concerto moderne, non si sa. Una cosa che sappiamo è che vale la pena fare quei 160 chilometri e spendere quei quattro o cinque euro in più per andare a questa data piuttosto che a quella di Rimini o di Lucca. A prescindere da come sarà il concerto, il fatto di essere lì già vale il prezzo del biglietto.


Giungiamo all'Arena poco prima delle 18, dopo un paio d'ore di viaggio in automobile. Non c'è molta gente, complice il fatto che molti posti sono prenotati con il numero specifico del sedile quindi non c'è nessuna fretta nell'arrivare per accaparrarsi il posto migliore. L'apertura dei cancelli gradinata non numerata, il punto più alto del teatro, scatta alle ore 19:15. E per mezzora buona pare quasi che ci sia veramente poca gente. Ma dopo qualche tempo è palese che l'organizzazione preferisca aprire i cancelli in maniera graduale, per evitare confusione. Già alle 20:30 l'Arena è piena. E manca un'ora all'inizio del concerto vero e proprio. Il set sul palco è già pronto. Ricorda molto quello del DVD appena uscito “A Diamond In The Mind” con qualche piccola modifica, soprattutto perchè lo stage è più ampio della norma, il che da la possibilità di creare spazi più grandi per interagire con il pubblico. Ci guardiamo un po' intorno, ora che l'Arena è bella piena, e con piacere possiamo riscontrare che oltre allo zoccolo duro di fan della prima ora la presenza di facce più giovani e addirittura di ragazzini sotto i quindici anni, per non parlare di bambini, è piuttosto nutrita, e tutti sono in trepidante attesa per l'inizio del concerto.


Alle 21:40 circa le luci si spengono e l'intro “Return To Now” esce dall'impianto. Migliaia di persone si alzano in piedi e iniziano a gridare non appena Roger Taylor, John Taylor, Dom Brown e Nick Rhodes salgono sul palco. Standing ovation per Simon Le Bon in bianco che sotto un unico riflettore canta “Before The Rain”, vera e propria opener del concerto. Si accelera su “Planet Earth”, reinserita in setlist dopo qualche data di assenza, e “A View To A Kill” dalla colonna sonora dell'omonimo film di James Bond. Tre brani sono più che abbastanza per capire che sul palco i musicanti sono più che in forma, pronti a travolgere il pubblico pagante con la loro musica in uno show talmente coinvolgente che trascende il fatto che i Nostri suonino musica “pop”. Di fatto il feeling che viene dal palco è più inerente ad un concerto rock e le versioni live di alcuni brani sono effettivamente in puro stile rock. Continua “All You Need Is Now”, dedicata ai fan di tutto il mondo e l'adrenalinica “Blame The Machine”, su cui fa il suo ingresso sullo stage la splendida vocalist “Anna Ross”, che accompagna la band già da qualche tempo. Le Bon scende poi nel pit riservato a chi ha acquistato i biglietti vip, raccoglie un ragazzo dalla piccola folla e gli fa cantare l'inizio di “The Reflex”. Il risultato non è dei migliori, ma l'emozione gioca brutti scherzi, e la lunga introduzione diventa un modo per coinvolgere il pubblico nel “na na nana” che risuona attorno a noi a volume altissimo. La Ross diventa protagonista su “Safe (In The Heat Of The Moment)”, nel ruolo che sull'album è di Ana Matronic dei Scissor Sisters, in duetto con Le Bon. Giunge il momento di rallentare un secondo con “Come Undone”. Le luci calano e il palco quasi si ferma e l'Arena prende un'altra forma, diventa teatro di uno spettacolo più sensuale in quello che sarà uno degli highlight della serata. Si accelera di nuovo con “Girl Panic!” e la new entry in setlist di “Mediterranea” dall'ultimo album e con il ritmo funk di “Notorious”. Siamo a metà del set con “White Lines”, cover di un brano hip hop trasformato in un pezzo rock in piena regola che costringe tutti a muoversi in un qualche modo. Ed è da qui che il concerto prende la piega più rock che si possa immaginare. Dopo un breve discorso per dedicare “Ordinary World” alle popolazioni terremotate dell'Emilia, cosa che fa guadagnare ai Duran Duran ben più di un applauso, l'intro battente di “Hungry Like The Wolf” e una versione più movimentata di “Reach Out (For The Sunrise)” riportano il ritmo ad eccellenti livelli che poi esplodono su “Wild Boys”, sicuramente brano che più si presta ad essere rimaneggiato in chiave rock. E a dire la verità, proprio sul medley tra “Wild Boys” e “Relax” dei Frankie Goes To Hollywood si ha quasi la sensazione di essere ad un concerto di heavy metal. Provare per credere. Tempo di una breve pausa e una luce blu pervade il palco. E sotto questa luce Nick Rhodes intona le note dell'intro di “Save A Prayer”. Il pubblico è veramente in delirio. Più che una canzone “Save A Prayer” è un simbolo, forse il brano più celebre dei Duran Duran, il più conosciuto e il più passato dalle radio di tutto il mondo. E questo loro lo sanno perfettamente e di fatto lasciano che una buona metà della canzone sia cantata solo dal pubblico. La sensazione di essere lì in mezzo è assolutamente elettrizzante, indescrivibile a parole. Manca poco alla fine e c'è tempo per altri due brani. Il primo è “Girls On Film”, tratto dal primo album omonimo, durante il quale Le Bon presenta la band, nonostante non ce ne sia molto bisogno, in maniera piuttosto irriverente, dimostrando di saper intrattenere anche in questo genere di circostanza “di rito”. Chiude, come sempre, “Rio”.


A mente fredda è difficile trovare un difetto a questo live. A partire dalla location per finire con la resa totale dei Duran Duran si rasenta la perfezione assoluta. Sarà l'esperienza, sarà il talento, non è dato sapere, ma se c'è qualcosa che i Duran Duran sanno fare è buona musica, sia su CD che sul fronte live. Benché vicini al traguardo dei cinquantanni non danno segno di cedimento e mettono su uno show studiato nei minimi dettagli ma che risulta sempre spontaneo e mai artefatto. In questo senso, Simon Le Bon dimostra di essere un mattatore eccezionale, pronto allo scherzo, pieno di energia e con doti vocali straordinarie. Nonostante il rischio di perdere la voce lo scorso anno è ritornato a calcare i palchi meglio di prima, con un'espressività della voce incredibile, capace di passare dalla melodia pura di “Save A Prayer” a quel tocco di urlo di “Wild Boys” senza battere ciglio. Roger Taylor, da non confondere con l'omonimo batterista dei Queen, si dimostra abilissimo dietro le pelli, capace di picchiare duro ma anche di dare un tocco più soft alle ritmiche, assieme a John Taylor che con le quattro corde infonde ulteriore profondità alla musica. Menzione d'onore a Nick Rhodes che, da solo, sostiene le intricate architetture create dai sintetizzatori senza l'uso di basi pre-registrate, ma programmando tutto sul momento. Presenza quasi muta, ma eccezionale e assolutamente indispensabile. I session member non sono da meno. A partire da Dom Brown, eclettico quanto dotato chitarrista londinese che da qualche anno ha preso il posto di Andy Taylor, ad Anna Ross e la sua potente voce soul per finire con Simon Willescroft a sassofono e percussioni, protagonista di brani come “Rio” e anche di una sorta di duello a colpi di bacchette con Taylor. Detto questo, possiamo affermare che la prima tappa italiana dei Duran Duran sia stata una serata pienamente riuscita quindi, che rimarrà nella memoria degli spettatori per molto tempo.




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