Slayer + Amon Amarth + The Shrine
12/07/16 - Postepay Rock in Roma, Roma


Articolo a cura di Salvatore Dragone
Il thrash metal degli Slayer infiamma il Rock in Roma festival per l'ultima delle tre date in Italia della band statunitense dopo quelle a Milano e Lignano Sabbiadoro. Sebbene le apparizioni per Tom Araya, Kerry King, Gary Holt e Paul Bostaph non siano di certo mancate da queste parti negli ultimi anni, il concerto all'Ippodromo delle Capannelle ha richiamato un bel numero di fan a dimostrazione del fatto che il loro nome sia ancora in auge tra i metalheads. Serata impreziosita anche dalla presenza dei guest The Shrine e soprattutto Amon Amarth, che possono vantare un buon seguito anche in Italia.

Proprio l'esibizione degli svedesi, dopo la buona prova degli Shrine, è sembrata essere la più convincente di tutte. A cominciare da un volume quasi illegale che ha messo a dura prova i timpani, l'impatto dei vichinghi è risultato subito vincente a livello sonoro, pressoché perfetto, ma ancor di più visivo, grazie ad una scenografia imponente dominata da due enormi teste di drago su cui spesso salivano i musicisti. Ed è così che, canzone dopo canzone, gli Amon Amarth fanno facilmente breccia anche tra chi non li conosceva già con il loro melodic death metal mettendoci dentro una buona dose di simpatia che non guasta come il siparietto della birra bevuta dal corno o le battute in italiano del cantante Johan Hegg.

Ma ad accendere gli animi di tutti sono ovviamente loro, gli Slayer. La band fa il suo ingresso trionfale sulle note di "Repentless", titletlack del disco nominato tra i migliori del 2015, facendo forza più sulla ferocia della propria musica che su un allestimento scenografico ridotto come sempre a pochi elementi. Un Gary Holt su di giri ruba spesso la scena ai suoi compagni dimenandosi come se uno spirito si fosse impossessato del suo corpo, dal canto loro il carisma di Araya e King fanno la loro parte nel tenere alto il livello dello show. Tanti i classici immancabili in scaletta pescati dai dischi seminali "South of heaven", "Reign in blood" e "Seasons in the abyss" che si alternano alle ultime canzoni "When the Stillness Comes" e "You Against You" trovando un bilanciamento tra passato e presente che non scontenti nessuno. Nonostante sia costretto dai noti problemi fisici a limitare i movimenti, Tom Araya rimane sempre una figura mistica anche solo quando è in piedi col suo basso. Di questa limitata mobilità ne guadagna nettamente la sua prova canora praticamente perfetta e la carica impressionante con cui urla la sua rabbia per tutta la durata del concerto ne è la prova. Non manca anche un tributo allo scomparso Jeff Hanneman nella conclusiva "Angel of death" quando un enorme drappo col suo nome viene esposto sul palco.
Gli Slayer si confermano ancora una volta maestri assoluti del loro genere ma forse per la prima volta si comincia a percepire qualche piccolo scricchiolio nella loro performance come inevitabile che sia per un tipo di musica che richiede uno sforzo fisico notevole senza poter contare sull'impeto giovanile. Ma sono dettagli, la macchina da guerra è ancora lontana dalla pensione.


SLAYER
Repentless
Postmortem
Hate Worldwide
Disciple
God Send Death
War Ensemble
When the Stillness Comes
You Against You
Mandatory Suicide
Fight Till Death
Dead Skin Mask
Seasons in the Abyss
South of Heaven
Raining Blood
Black Magic
Angel of Death

 

AMON AMARTH
The Pursuit of Vikings
As Loke Falls
First Kill
Cry of the Black Birds
Death in Fire
Deceiver of the Gods
Runes to My Memory
War of the Gods
Raise Your Horns
Guardians of Asgaard
Twilight of the Thunder God

 




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