I musicisti tedeschi hanno dato vita ad un album dalle forti tinte progressive, dalle atmosfere solenni e cupe, ammantando l'intero full-length di teatrale drammaticità. Questo aggettivo, "teatrale", non viene usato a caso: negli ultimi quattro anni, infatti, la band è stata coinvolta nelle produzioni di parecchi musical, tra cui il celeberrimo "Jesus Christ Superstar" (che senza dubbio ha fornito uno spunto per la creazione della storia di questo album). Ogni brano sembra rappresentare una tappa, una scena del viaggio immaginato dagli autori: all'ascoltatore sembrerà di potersi immaginare ogni singolo momento del lungo racconto, grazie ai suggestivi arrangiamenti (come nella meravigliosa "Quicksilver"), all'equilibrio ben studiato tra momenti di aggressività e attimi di pacatezza e solennità. Il tutto, narrato dalla voce morbida e carezzevole di Andy Kuntz, forse a tratti fin troppo morbida e priva della giusta aggressività nei momenti in cui servirebbero più grinta ed energia. Se la voce è decisamente azzeccata in brani come la dolce "Quicksilver" o la bonus track "Eleyson", potente ballata simile ad una preghiera religiosa, questa risulta un po' meno convincente in altri frangenti, per esempio in "Sound Of Blood". A parte questo difetto, che a dire il vero diventa piuttosto marcato dopo aver ascoltato il disco numerose volte, c'è da sottolineare la buona produzione, che ha saputo esaltare a dovere ogni singolo strumento e soprattutto la struttura delle canzoni. Sebbene gran parte di esse superi i cinque-sei minuti, non si avvertono pesantezza o noia dovute ad assoli eccessivi e virtuosismi; inoltre i cambi di tempo sono ragionati e non rendono l'album eccessivamente frammentato nel suo complesso. "The Seraphic Clockwork" scorre via veloce, senza troppa violenza nelle melodie e con una marcata influenza proveniente dal raffinato "The Black Halo" dei popolari Kamelot. Basta ascoltare la cadenzata "The Final Murder" o la meravigliosa "Holes In The Sky" per rendersi conto di come "The March Of Mephisto", uno dei migliori brani della formazione americana, abbia influenzato i Vanden Plas. Per fortuna, la qualità dei brani è pressoché la stessa e consiglio caldamente un ascolto approfondito della lunga suite "On My Way To Jerusalem", perché riassume in sé tutte le caratteristiche presenti nel disco.
I Vanden Plas mettono a segno un altro buon colpo e senz'altro si affermano come una delle realtà più valide nel panorama progressive, assieme agli Shadow Gallery, agli italiani Sinestesia ed a tante altre formazioni che in quest'ultimo biennio hanno sfornato lavori eccellenti... E ovviamente, come non nominare gli onnipresenti (ma sempre apprezzati) Dream Theater?